Il Fatto Quotidiano

Dopo il Mes, i Servizi: Renzi ammaina un’altra bandierina anti-conte

Autocastra­zione Dall’ilva alla prescrizio­ne e adesso gli 007, Italia Viva cambia ancora: delega al premier e tutti muti sui pieni poteri

- » Lorenzo Giarelli

Mancavano giusto i Servizi segreti. Dopo il Mes, la prescrizio­ne, l’i lva e i vaccini, Matteo Renzi e i suoi – insieme al resto della maggioranz­a – si preparano ad ammainare un’altra delle bandiere con cui per un mese avevano riempito giornali e tv nel tentativo – poi riuscito – di far cadere il governo Conte.

Proprio all’ex premier era stato imputato di voler rincorrere “i pieni poteri”, di non “rispettare le regole democratic­he”, e tutto perché aveva intenzione di tenere per sé la delega all’in t e ll i

ge n c e. Un orientamen­to condiviso adesso da Mario Draghi, che pare intenziona­to a occuparsi in prima persona degli 007, senza che nessuno della sua maggioranz­a alzi un dito per chiedere spiegazion­i.

Magari alla fine non se ne farà nulla e Draghi cambierà idea all’ultimo minuto, ma le diverse anticipazi­oni uscite sui giornali sarebbero dovute bastare per stanare eventuali pa s da ra n delle deleghe, come era stato a dicembre con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Oggi invece non c’è traccia delle accuse di un tempo. E pensare che il 17 gennaio, sulla questione dei servizi, Renzi era netto: “Penso che si debbano rispettare le tradizioni democratic­he. È l’ennesimo segno di un modello democratic­o che viene messo in discussion­e”. Qualche giorno prima, il leader di Iv si era lamentato della deriva autoritari­a dell’ex premier: “I pieni poteri non vanno dati a nessuno, nemmeno a Conte. Per questo ho chiesto spiegazion­i sulla gestione dei servizi segreti”.

Parole a cui facevano sponda diversi esponenti del Pd, tra cui il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: “Quello dei Servizi è uno dei temi su cui anche noi abbiamo stimolato una riflession­e. È una questione che va posta: è chiaro che è in capo al presidente del Consiglio, ma diverse volte è stata delegata ad altri”. Per non dire di Pier Ferdinando Casini, che definiva “incomprens­ibile” la scelta di Conte, figlia di “un accaniment­o” che “non dovrebbe esistere”.

Fiumi di parole che ora fanno posto a un ossequioso silenzio, proprio come già successo su alcuni dei temi per i quali – a suo dire – Renzi aveva aperto la crisi. Primo su tutti, quel fantomatic­o Mes che per mesi era stato descritto come “indispensa­bile” e per il quale era persino nato un intergrupp­o parlamenta­re a cui avevano aderito più di 100 tra deputati e senatori. Tutto finito in soffitta per ammissione degli stessi renziani e dei forzisti, che qualche giorno fa hanno chiarito come il tema “non sia più all’ord ine del giorno” e come “non si debba creare problemi al governo Draghi”.

UN CAMBIO DI ROTTA

niente male, che fa il paio con quanto successo sulla giustizia. Quasi tutti i partiti di maggioranz­a, ad esclusione dei 5 Stelle, avevano presentato emendament­i per eliminare il congelamen­to della prescrizio­ne voluto dall’ex Guardasigi­lli Alfonso Bonafede, di cui Renzi aveva chiesto la testa. Al momento, però, il governo ha rinviato tutto a data da destinarsi: troppo divisivo il tema della giustizia per incartarsi al primo mese di esecutivo. Nel frattempo, la legge Bonafede rimane in vigore.

Che dire poi del commissari­o Domenico Arcuri, a cui Renzi e compagni hanno imputato i presunti disastri di una campagna vaccinale che invece, non più tardi di due settimane fa, è stata elogiata dalla presidente della Commission­e europea Ursula von der Leyen. Arcuri è ancora al suo posto e nel frattempo ha visto pure il nuovo governo confermare l’i mpia nto del precedente esecutivo sulla questione Ilva. Il commissari­o all’emergenza Covid guida infatti anche Invitalia, l’agenzia pubblica che si farà carico di entrare nel capitale dell’acciaieria con pesanti investimen­ti statali, in modo da risolvere un contenzios­o con Arcelor Mittal che dura da anni. Questa strategia, portata avanti dal Conte-2, è stata benedetta tre giorni fa dal nuovo titolare del Mise, il leghista Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato i sindacati auspicando che “Inv i t al i a prosegua nel percorso dell’accordo”. Con tanti saluti, anche in questo caso, a Italia Viva e alle sue rumorose proteste anti-conte.

Caso Sull’intelligen­ce l’accusa nei confronti dell’avvocato fu di non rispettare le “tradizioni democratic­he”

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