Il Fatto Quotidiano

IL RINNOVO DI CDA DEI DUE GRUPPI

- » Carlo Di Foggia

OGGI il cda di Tim indicherà i 10 nomi da presentare in vista del rinnovo del proprio board. Cdp, che ha il 9,8%, non presenterà una propria lista alternativ­a ma, per fare cosa gradita a Vivendi, darà l’ok per far entrare il presidente di Cdp, Giovanni Gorno Tempini, che quasi certamente incasserà la riconferma ai vertici della Cassa. Ad aprile scade il mandato anche dell’ad Fabrizio Palermo, nominato nel 2018 in quota 5Stelle. Tra i papabili sostituti c’è Dario Scannapiec­o, oggi alla Bei e già candidato tre anni fa

In attesa del, come si suol dire ora, “cambio di passo” del governo Draghi, le grandi operazioni di sistema, da Autostrade alla cosiddetta “rete unica”, proseguono col pilota automatico: un mix di offerte, lettere, penultimat­um, due dil i gen c e , eccetera in cui sono certe solo le ricche consulenze a uno stuolo di legali ed ex amministra­tori pubblici. Le operazioni riguardano la Cassa depositi e prestiti, che ieri ha tenuto un importante cda (che proseguirà anche oggi).

Il dossier più rilevante è Autostrade per l’italia. Il cda, salvo sorprese, darà l’ok a formalizza­re un’offerta “vincolante” per rilevare l’88% di Aspi oggi in mano ad Atlantia, la holding controllat­a per il 30% dai Benetton, che la valuterà nel cda previsto per venerdì. A luglio 2020 il governo Conte ha imposto ad Atlantia di cedere Aspi alla Cassa e a investitor­i a lei graditi per chiudere la ferita aperta dal disastro del Morandi. Dopo offerte a vuoto (tre) e rinvii (cinque) oggi Cdp – insieme al fondo Blackstone e agli australian­i di Macquarie ( che hanno assoldato l’ex presidente della Cdp, Claudio Costamagna) – valuta Autostrade intorno ai 9 miliardi.

IL PREZZO, in buona sostanza, ingloba anche i rischi legali del Morandi e verrebbe pagato in due tempi (il 75% subito, il resto in tre anni). Aspi finirebbe in mano a una società controllat­a da Cdp al 51%. Va ricordato che Atlantia valuta a bilancio la controllat­a circa sei miliardi, e questo significa che l’offerta garantisce alla holding una discreta plusvalenz­a (il titolo ieri ha chiuso a +4%). Il gruppo, però, ha già rifiutato un’offerta (non vincolante) alle stesse cifre. Al netto dei Benetton, il grosso degli azionisti è infatti composto dai fondi esteri, che vogliono molti più soldi. Il più agguerrito è il britannico Tci, secondo azionista col 10%: ieri ha ribadito che l’88% di Aspi vale 11-12 miliardi, più o meno la valutazion­e pre-morandi.

Non è però l’unico ostacolo. L’altro rimane il via libera al nuovo Piano economico finanziari­o (Pef), che stabilisce tariffe, manutenzio­ni e investimen­ti nel prossimo quinquenni­o. Quello proposto da Aspi e approvato dai ministeri dei Trasporti e del Tesoro è stato stroncato dall’authority dei Trasporti (Art) perché troppo generoso col privato, al punto che contiene la previsione di poter garantire 21 miliardi di dividendi fino a fine concession­e, più di quanto assicurato finora ad Atlantia, grazie a un aumento automatico dei pedaggi dell ’1,75% all’anno (secondo l’art dovrebbe essere dello 0,87%). Ballano miliardi. Il parere non è vincolante e i ministeri lo hanno di fatto aggirato limando l’aumento a 1,67%. Spetterà al Cipe (Comitato interminis­teriale per la programmaz­ione economica) di Palazzo Chigi decidere se va bene così. Poi servirà il via libera della Corte dei conti. Finora, però, il testo non è stato trasmesso: formalment­e perché è vincolato all’accordo con Cdp, ma serpeggia il timore che qualcuno possa rifiutarsi di disattende­re il parere dell’art che prefigura la spremitura degli automobili­sti al casello.

Al cda della Cassa depositi, l’ad Fabrizio Palermo ha portato anche il dossier della società unica della fibra (Accessco), che dovrebbe nascere dalla fusione tra la rete Tim e quella di Open Fiber (50% di Cdp e 50% Enel). La Cassa non eserciterà la prelazione sul 50% che il colosso elettrico vuole cedere al solitomacq­uarie. L’ad Francesco Starace ha in mano un’offerta sproposita­ta degli australian­i da 2,6 miliardi. Cdp tratterà solo con Enel l’acquisto del 10% per avere la maggioranz­a. Problema: ai prezzi (virtuali) di Macquarie – che in questo caso, in un tripudio di conflitti d’in

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