Recovery ai soliti: Cottarelli, Giavazzi e Mattarella junior
Riordino dei ministeri Dopo il braccio di ferro, le deleghe di peso restano al Mise. All’ex Vodafone solo il coordinamento
■l’economista della Bocconi porta a Palazzo Chigi i consigli liberisti. La squadra che controlla il piano europeo sarà composta dall’élite più tradizionale. Il Mef smonta il piano Renzi
Banda larga e 5G I dossier sulla rete (cari anche a B.) al ministro leghista
È un assaggio della difficile convivenza tra tecnici e politici nel governo Draghi. E, per ora, il decreto di riordino dei ministeri segna un pareggio. Il ministero della Transizione ecologica presieduto da Roberto Cingolani si prende il grosso della politica energetica oggi in mano al dicastero dello Sviluppo (guidato dal leghista Giancarlo Giorgetti). Quest’ultimo, però, conserva le deleghe strategiche sulle Telecomunicazioni, che comprendono anche il piano banda larga e lo sviluppo del 5G (la tecnologia di rete di nuova generazione che solletica gli appetiti di Stati e grandi imprese). Quelle, per intenderci, che fino all’ultimo ha provato a ottenere Vittorio Colao al nuovo ministero della Transizione digitale, la seconda struttura (insieme a quella di Cingolani) che dovrebbe avere voce in capitolo sul grosso dei fondi del Recovery Plan( almeno il 20% è riservato al digitale, il 37% alla riconversione ecologica).
L’ex manager Vodafone puntava a incassare tutte le deleghe di peso, dopo apposita ricognizione. Stando alle bozze circolate, invece, si dovrà per così dire, accontentare di un ruolo di coordinamento delle strategie digitali. Il decreto infatti istituisce a Palazzo Chigi il Comitato interministeriale per la transizione digitale (Citd) dove “saranno assunte le decisioni strategiche necessarie a garantire la coerente e puntuale declinazione della strategia nazionale per la transizione digita le”. Lo presiederà Mario Draghi, o Colao in sua vece, e sarà composto dai ministeri della Pa (Brunetta), Transizione ecologica (Cingolani), Tesoro (Franco), Sviluppo (Giorgetti) e Salute (Speranza).
Il ministero di Colao, invece, avrà l’incarico di “indirizzare, coordinare e verificare l’azione del governo nelle materie dell’ innovazione tecnologica, dell’attuazione dell’agenda digitale italiana ed europea, della strategia italiana per la banda ultra larga, della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese, nonché della transizione digitale del Paese”. Come si intuisce, in sostanza l’ex Vodafone conserva le deleghe del predecessore Paola Pisano e continuerà a presiedere l’apposito comitato per l’attuazione del banda larga (Cobul). Collegialmente, con gli altri dicasteri nel comitato, deciderà le linee guida strategiche, da cui passeranno i piani di sviluppo e i grandi dossier come la società unica della rete fibra. Ma non avrà un potere di firma, non avendo peraltro il suo ministero un potere di spesa (volgarmente detto “portafoglio”). Insomma, se le bozze saranno confermate, senza l’accordo degli altri colleghi di governo, il lavoro del super manager chiamato da Draghi sarà assai complicato (anche dalla poca esperienza nella macchina amministrativa che potrebbe richiedergli qualche tempo di assestamento).
Ilmise di Giorgetti dovrebbe così conservare le deleghe strategiche sulle Tlc, assai care al centrodestra (segnatamente a Silvio Berlusconi, impegnato nella guerra della sua Mediaset a Vivendi), anche se potrebbero finire alla viceministra 5 Stelle Alessandra Todde, insieme alla banda larga e al 5G, tema su cui Colao vorrà avere voce in capitolo. Parte del Piano che porta il suo nome riguarda infatti la rete di nuova generazione, che il nostro vorrebbe realizzare più velocemente ri
muovendo gli ostacoli normativi, quelli posti dagli Enti locali e alzando i limiti alle emissioni elettromagnetiche (linea sulla quale, per la verità, concorda quasi tutta la maggioranza). Colao, poi, dovrà garantire anche gli americani, che vogliono epurare il futuro 5G dalla presenza cinese.
Chi ottiene molto è invece il ministero della Transizione ecologica, che eredita il cuore della politica energetica del Mise (due direzioni generali, centinaia di dipendenti e fondi miliardari). Cingolani presiederà l’apposito Comitato interministeriale che dovrà stendere entro tre mesi il “Piano per la transizione ecologica” per delineare le strategie dei prossimi anni su mobilità sostenibile, dissesto idrogeologico, infrastrutture idriche, qualità dell’aria ed economia circolare. Il Mite dovrà anche indicare quali dei sussidi dannosi per l’ambiente (Sad) andranno tagliati. Insomma, indicazioni un po’ più precise di quelle riservate al comitato di Colao.