Matteo ha un problema: il suo “amico” americano ce l’ha con quello di Riyad
“Io prendo l’im p e gn o : pronto a discutere con tutti i giornalisti in conferenza stampa dei miei incarichi istituzionali, delle mie idee sull’arabia Saudita, del futuro della pace di Abramo, del Medio Oriente, ma lo facciamo la settimana dopo la crisi di governo”. La crisi e passata, il governo Draghi è stato formato. Ed è trascorso quasi un mese dal 29 gennaio scorso quando Matteo Renzi dava la sua parola: di lì a poco avrebbe spiegato tutto sulle conferenze in Arabia Saudita finite al centro delle polemiche. Quegli incontri durante i quali l’ex premier, davanti al principe Mohammed bin Salman, definiva l’arabia come terra del nuovo Rinascimento.
ORA IL SILENZIO
di Renzi sui suoi rapporti con MBS come tutti chiamano il 35enne e potentissimo principe regnante, potrebbe diventare insostenibile. Già quando Renzi a fine gennaio è volato a Riyad per parlare del meraviglioso mercato del lavoro saudita disponeva di molti elementi che gli avrebbero dovuto consigliare di tacere. Renzi sapeva che quel principe al quale lui sorrideva sul palco era stato tirato in ballo in un rapporto degli esperti dell’onu, guidati da Agnes Callamard. Dopo sei mesi di investigazione e dopo avere avuto accesso alle registrazioni realizzate dalla Polizia turca, l’inviata speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extra-giudiziarie aveva bollato il delitto di Jamal Khashoggi come “u n’esecuzione deliberata e premeditata”. Il giornalista dissidente fu ucciso il 2 ottobre del 2018 nell’ambasciata di Riyad a Istanbul. Secondo Callamard, “non ci sono conclusioni sui colpevoli” ma “prove credibili, che richiedono ulteriori indagini, sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario”.
Non era una sentenza certo. Però bastava come invito alla prudenza. Invece Matteo Renzi ha accettato l’invito a far parte come membro del Board di un istituto del Regime Saudita, il FII, e ha accettato di essere retribuito 80 mila dollari all’anno per il suo impegno. Il Future Investment Iniziative organizza la cosiddetta Davos nel deserto, l’evento che si tiene a Riyad dal 2018 e al quale partecipano imprenditori, pensatori ed ex politici per parlare del futuro.
RENZI
è andato a parlare sul palco con Mbs all’edizione del gennaio 2021 anche se già nel novembre del 2018, il Washin
gton Post, giornale con il quale collaborava Jamal Khashoggi, aveva pubblicato un articolo sul rapporto della Cia relativo all’omicidio. All’epoca Donald Trump aveva definito ‘prematur e’ le conclusioni che tiravano in ballo anche MBS . Ora però, secondo la piattaforma di news americana Axios, ci sarebbe una novità: il presidente Joe Biden – che Renzi ha sempre definito suo amico personale – si accinge a comunicare direttamente al padre di Mohamed Bin Salman, quel che sta scritto sul figlio nel rapporto. Per Axios il rapporto “dovrebbe coinvolgere uno dei figli del monarca”. Si tratterebbe di “un documento non classificato prodotto dall’ufficio del direttore dell’intelligence nazionale”. Dovrebbe essere rilasciato oggi e dovrebbe sostenere che “il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman sia stato coinvolto nell’omicidio e nello smembramento di Khashoggi presso il consolato saudita a Istanbul nel 2018”. Se Axios non sbaglia, la scelta di Renzi di restare nel board di FII Institute risulterebbe ancora più imbarazzante. Il FII Institute, secondo il suo presidente Richard Attias, è una fondazione saudita creata all ’ inizio del 2020 per decreto del re dell’arabia Saudita, Salman bin Abd al-aziz Al Saud. Renzi nell’intervento registrato a Riyad disse a Mohamed Bin Salman: “Non sono solo l’ex primo ministro, sono anche l’ex sindaco di Firenze, la città del rinascimento”. Quei ruoli passati e quello attuale di senatore e leader di Italia Viva impongono di dare qualche risposta.
FII INSTITUTE VIENE PAGATO 80MILA DOLLARI ALL’ANNO