NOI, DONNE CHE ODIANO GLI UOMINI
“In tante proviamo rabbia”
Il titolo lascia poco spazio a interpretazioni. “Odio gli uomini”, scrive Pauline Harmange, 26 anni, femminista e volontaria in un’associazione antiviolenza. Le reazioni hanno superato le aspettative. Doveva essere un saggio rivolto a un circuito limitato: 450 copie in tutto, quelle previste dal piccolo editore cooperativo che glielo aveva commissionato a inizio 2020. Poi ad agosto, poco prima dell’uscita, è successo che un funzionario del ministero francese “per l’uguaglianza tra uomo e donna” ha scritto una mail all’editore per provare a bloccarne la pubblicazione (“Ancora mi chiedo come abbia fatto a sapere del libro”, dice Harmange). La notizia è uscita sui media e Odio gli uomini è diventato il libro di cui parlavano tutti. Decine di migliaia di copie vendute, richieste di traduzione in 17 lingue (Harmange si è poi affidata alla corazzata editoriale di Seuil). Oggi arriva anche in Italia con Garzanti.
Perché odia gli uomini?
Perché penso che sia importante dire che gli uomini formano un gruppo sociale, certo non omogeneo, in cui la stragrande maggioranza approfitta di una posizione sociale dominante. Alcuni sono violenti, tanti semplicemente se ne lavano le mani e si profittano della condizione anche senza volerlo. Anche quelli più “normali”.
Quando si è accorta di odiare gli uomini?
In tanti mi chiedono di un momento preciso, un’esperienza scatenante. Ma non c’è: il mio pensiero è costruito su basi teoriche più che empiriche.
Gli “uomini” di cui parla, però, sono solo una precisa categoria di uomo...
Sono consapevole che ci siano diversi modi di vivere la mascolinità e che, per dire, il modo di farlo degli uomini omosessuali o neri non è lo stesso degli etero. Io ho scelto di parlare di quella categoria di uomini “privilegiati”, ovvero i bianchi eterosessuali, perché non conosco abbastanza bene le esperienze degli altri.
Per molti la categoria di cui lei parla è in via d’estinzione. Gli uomini non sono “cambiati”?
Gli uomini amano dirlo, ma io non ho ancora visto prove concrete. Passiamo un sacco di tempo a rassicurare uomini che vogliono sentirsi dire che “loro” sono diversi. Ma la verità è che tutti condividono più o meno gli stessi difetti. Non vedo una volontà di cambiare le fondamenta della società in cui viviamo. Non basta aver letto il libro e dire “ho capito”.
Sgomberiamo il campo dallo stereotipo “lesbo-femminista”: lei è sposata e vive in coppia con un uomo...
Ho incontrato una persona che crede nel rispetto reciproco. È capitato che fosse un uomo, ma è un difetto su cui sta lavorando.
Il suo libro è stato un caso editoriale. Le sembra che sia stato capito, oltre che comprato?
Quando l’ho scritto credevo di rivolgermi a 500 persone al massimo. Oggi in molti rimangono sorpresi quando lo leggono perché non trovano quello che si aspettavano a partire dalla polemica. Non volevo scrivere un pamphlet, e non penso di aver scritto qualcosa di particolarmente polemico...
Come lo definirebbe, allora?
Volevo scrivere un saggio personale sul ruolo degli uomini nella vita politica e nella vita privata. Non volevo tirare una bomba contro la società in generale. Per questo sono sorpresa dalle reazioni al mio libro.
Tra le cose che voleva fare c’era, però, l’aiuto concreto alle donne…
Questo libro è per le donne. Trovo carino che interessi anche gli uomini, ma non era il mio obiettivo. Per me era importante che le donne, leggendolo, riconoscessero le situazioni che vivono. Credo che siamo in molte a provare frustrazione e rabbia contro il maschile in generale.
Che effetti ha avuto finora?
Molte lettrici mi hanno detto che sono riuscita a dare un nome a cose che per loro erano difficili da elaborare. Ho ricevuto anche messaggi positivi da parte di qualche uomo. E poi tantissimi attacchi... Sempre da parte di uomini. Ogni volta che il libro esce in un nuovo Paese si scatena un’ondata di insulti in una nuova lingua. Si tratta sempre di reazioni molto epidermiche, non si parla mai di contenuti. Mi accusano di essere una “femmi-nazista”, di incitare alla “guerra tra i sessi”. Non ho ricevuto una sola critica costruttiva da parte di un uomo. Solo minacce di morte, di stupro o insulti al mio fisico. Trovo sia indicativo.
Scriverà ancora, dopo questa esperienza?
Sto cercando di finire un romanzo che avevo iniziato prima di Odio gli uomini. È sulla difficoltà di essere donna prescindendo dallo sguardo di un uomo. E sto scrivendo un saggio sull’aborto.
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Una “bomba” oltre le intenzioni
Mi accusano di “femmi-nazismo”, ma il libro non è così polemico come scrivono: ho un marito. E ci sto bene