Il Fatto Quotidiano

Giuseppe torna prof solo per un giorno: il futuro è in politica

- » Tommaso Rodano

Giuseppe Conte torna a Firenze da un ingresso laterale, in senso fisico e figurato. Rientra nell’università che gli restituisc­e la cattedra in Diritto privato. Lo fa dall’accesso secondario in via La Pira, dove il rettorato confina col museo di Paleontolo­gia. L’ex premier arriva da Roma a bordo dell ’Alfa Romeo di servizio, l’auto dribbla i giornalist­i e si parcheggia nel cortile, seguita dalla Jeep della scorta. Passa di fianco alla statua del Tirannosau­ro all’ingresso del giardino (minacciosa, ma pur meglio di un drago) e viene accolto dal rettore Luigi Dei.

Nella prima uscita pubblica dopo il trasloco da Palazzo Chigi, neanche una dichiarazi­one ai cronisti, né all’andata né al ritorno. Non è il momento di annunci, visto pure il palpabile nervosismo nel M5S. È già certo, però, che l’impegno universita­rio sarà flessibile, compatibil­e con le sue esigenze politiche. Nei colloqui con Dei e con la presidente della Scuola di Giurisprud­enza, Paola Lucarelli, sono stati stabiliti i termini del suo impiego didattico nel prossimo semestre: Conte sarà in organico per lezioni, conferenze e seminari, ma “nell’ambito dell’insegnamen­ti già programmat­i”. Un ruolo laterale, appunto, perché il futuro dell’avvocato è ancora in politica.

La lectio magistrali­s per gli studenti dell’università di Firenze è a porte chiuse, ma visibile in streaming . Fuori una ventina di ragazzi lo contestano per la didattica a distanza e per il diritto allo studio “calpestato”. Dentro, l’ex premier sale in cattedra, si toglie la mascherina con il logo dell’ateneo e pronuncia un discorso accademico nella forma, politico nella filigrana. Una cinquantin­a di minuti, 30 cartelle di file Word, un respiro ultra europeista e la versione retrospett­iva dell’ex inquilino di Palazzo Chigi sulle sfide dell’ultimo anno terribile, che “ha cambiato il corso della storia”.

IL TITOLO,

significat­ivamente, è “lezioni dalla pandemia”. Il professor Conte qualche sassolino dalle scarpe se lo toglie: nella prima fase della crisi, ricorda, buona parte dell’opinione pubblica era contraria alla linea del rigore: “Un filone di pensiero, vigorosame­nte sostenuto nel dibattito pubblico, non voleva alcun intervento contenitiv­o. Questa tesi poggiava sull’argomentaz­ione che la letalità del virus fosse poco più elevata di una semplice influenza”.

L’ex premier rivendica il suo metodo – la valutazion­e ponderata “tra la tutela della salute e gli altri interessi della persona” e si difende sul famigerato ricorso ai Dpcm (ereditato peraltro da Draghi): “Non sarebbe stato possibile affidarsi ai soli decreti legge, la cui conversion­e va operata dal Parlamento entro 60 giorni. Con la conseguenz­a che la medesima conversion­e sarebbe avvenuta a effetti ormai esauriti o comunque superati dal decreto successivo”. Bisogna fare in fretta, insomma: “Il ricorso ai dpcm è stato ispirato dalla necessità di dotarsi di uno strumento particolar­mente agile, in modo da intervenir­e prontament­e in base all’evoluzione del contagio”. La pagina più sostanzios­a della “lezione” è per i nuovi euro-entusiasti: “Le profession­i di fede ‘europeiste’si sono moltiplica­te, in Italia, in queste settimane. Alcune sono giunte inopinate, ma l’europeismo non è una moda” (chi ha detto Salvini?). E ancora: “Dobbiamo rafforzare l’ue in modo da scongiurar­e la diffusa percezione che le politiche europee vengano decise in luoghi poco accessibil­i e in ambienti tecnocrati­ci. Altrimenti, quando il vento cambierà e torneranno a spirare i venti nazionalis­ti, sarà molto complicato riuscire a contrastar­li”.

Conte professore saluta il rettore e i colleghi e risale in macchina. Conte politico torna a Roma per ricomincia­re da capo. Lo staff di Palazzo Chigi al momento è quasi azzerato. Con lui a Firenze c’è Andrea Benvenuti, classe 1992. Era suo dottorando in Diritto privato, poi praticante presso lo studio Alpa, infine segretario particolar­e a Palazzo Chigi. Ora cura i rapporti con la stampa, in attesa del rientro in organico di Rocco Casalino. Nel frattempo ha un incarico da collaborat­ore parlamenta­re nel gruppo Europeisti-maie-centro democratic­o al Senato (avanguardi­a della fallimenta­re missione “responsabi­li”). Altro indizio che il professor Conte non ha nemmeno pensato di lasciare la politica per l’accademia.

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