Brescia “Da medico sono indignato: troppi contagi causati dalla movida”
BUONGIORNO, sono un medico bresciano arrabbiato per la moltitudine di persone che nei giorni e nelle settimane scorse, prima che la provincia di Brescia venisse dichiarata zona arancione rafforzata, ha affollato piazze, metropolitana e luoghi prescelti dallamovida locale. In diversi casi con spavaldi volti senza mascherina che confidavano nell’impunità. L’altro giorno, Brescia contava 901 persone con nuova positività al Covid-19, che conferma la recente tendenza all’estensione del contagio. Le rianimazioni degli ospedali sono già piene e i pazienti infettati dal virus e non domiciliabili aumentano senza sosta. Tornano sensazioni già provate, che vorremmo dimenticare, e che invece si ripresentano.
UN MEDICO DEL GRUPPO “SIAMO TUTTI IPPOCRATE” LA DISCORDANZA tra i comportamenti individuali di alcuni e l’emergenza che purtroppo stiamo ancora vivendo è – in particolare per voi medici, ma non solo – una delle fatiche che questa lunghissima pandemia ci costringe a sopportare. E lo è ancora di più in un territorio come quello di Brescia, la città che insieme a Bergamo ha dovuto piangere il più alto numero di morti durante la cosiddetta prima ondata. Impossibile però dimenticare come, in quella drammatica fase, non fosse solo la movida il termometro delle incongruenze e delle irresponsabilità. Come i lettori del “Fatto” ricorderanno, durante il lockdown totale della primavera scorsa abbiamo assistito a una folle corsa al “restare aperti” da parte delle aziende, più o meno grandi, che sono notoriamente il motore dell’economia locale. Richieste di deroghe – sulla base dei codici Ateco – che arrivavano alla Prefettura di Brescia al ritmo di 350 al giorno, weekend compresi. Il risultato furono quasi 20 mila imprese che hanno continuato a produrre – e quindi a far circolare persone – nonostante la chiusura imposta a causa dell’epidemia. La crisi economica, insomma, ha pesato più di quella sanitaria. E oltre ai tamponi e al tracciamento, quello che è mancato, oggi come allora, sono i controlli. L’impunità di cui parla danneggia per primo chi, a rispettare le regole per contenere il virus, non ha mai smesso di impegnarsi.
PAOLA ZANCA