Il Fatto Quotidiano

I voti alle 26 canzoni e la nostalgia canaglia acchiappa-pubblico

Le nostre pagelle agli artisti

- MANNUCCI E TRUZZI

Cosa resterà, del Festival 2021? Un pugno di canzoni buone per il coprifuoco, la rottamazio­ne dell’ancien Régime, la fuga del pubblico agée. La sensazione che il palco dell’ariston sia il solito triangolo delle Bermude per i concorrent­i, persi fra problemi acustici e la distanza dall’orchestra. E la concreta possibilit­à che a vincere possa essere qualcuno che non rischia la stecca in diretta, confinato com’è in isolamento. Lo smart-sanremo, dopo che la Rai ha messo su a forza ’sto carrozzone.

AIELLO – 3 Urla come la bisnonna sorda alle prese con le interurban­e. La vanteria sulle 13 ore di sesso (e ibuprofene) suona allarmante: “Mi ricordavi di lui, ero fuori da poco”. Non meritava l’amnistia.

ANNALISA – 6,5Se la cava con maliziosa nonchala nce. Frase cult: “Dieci bocche sul mio cocktail”. Poi uno non capisce perché le zone rosse.

ARISA – 6 D’alessio l’ha scritta pensando alla Tatangelo, Arisa la esegue (bene) rimuginand­o sulle proprie sfighe: eppure ora è felice in amore.

Cortocircu­ito. Certo che se l’ex ti dice “potevi fare di più”...

BUGO – 4,5 Si nascondeva da un anno dietro la tenda, minacciand­o di fare Cavallo Pazzo. Sparge semi beatlesian­i, cita Ronaldo e Celentano. Canta con la testa dentro un secchio.

COLAPESCE- DI MARTINO – 8 Prendi il Battisti di Con un nastro rosa, legalo con Alan Sorrenti, aggiungi una pattinatri­ce dance e ne ricaverai Musica leggerissi­ma. Una scatola del tempo, retroillum­inata.

COMA_COSE – 6,5 Dopo percorsi più avventuros­i, Fausto e Francesca hanno tirato il freno a mano in vista di Sanremo. Però all’ariston sono riusciti a fare bolla e intimità, da bravi congiunti.

ERMAL META – 9 Per distacco, la cosa migliore del Festival. Ballata sospesa nell’aria. Un verso come “Tu mi allunghi la vita inconsapev­olmente” vale l’inseriment­o nelle antologie

degli amorosi sensi.

EXTRALISCI­O-TOFFO

LO – 7,5 La longa manus di Elisabetta Sgarbi per un’intuizione sovversiva: la balera contaminat­a dall’indie dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Danza (tarantinam­ente ridanciana) in tempo di pandemia.

FASMA – 7 L’anno scorso appariva terrorizza­to come un rapito dai narcos. Ora s’è tranquilli­zzato, tra schegge rock e slanci Tiktok. Ha scritto pure un Manifesto per la tutela d el l ’ar t e . È pronto per un D

pcm.

MICHIELIN-FEDEZ – 6

Chiamami per nome non vale i precedenti duetti tra Fra e Fe. Ma se la Ferragni partorisce entro domani, può essere la spinta per la vittoria.

FRANCESCO RENGA – 4,5Non può campare di rendita. Si presenta come uno al quale abbiano fregato shampoo e rasoi. La canzone è un campioncin­o da profumeria.

FULMINACCI – 7,5 La vita oltre Fregene: nella cool “Santa Marinella” tubavano Rossellini e la Bergman. Fulminacci incolla la foto di De Gregori sulla

patente. Ora sorpassi i miti, e viaggi spedito.

GAIA – 6 Ascoltarla è come guardare in controluce il negativo di una vecchia foto: speri di scoprirci dentro un’ombra di malinconia. Non si faccia levigare troppo, Gaia: denudi l’anima. In un attimo il techno-fado diventa cliché.

GHEMON – 5,5

Ciondola a Broadway sognando musical e orchestraz­ioni swing. Se i poliziotti gli fanno il palloncino gli sequestran­o la voce.

GIO EVAN – 4

Sul biglietto da visita ha scritto: “poeta, scrittore” etc. È anche l’ex aedo di Salvini-isoardi. La sbilenca sortita sull ’ Arnica (la pianta, non la pomata) non mette radici.

IRAMA – 7,5 Vertigine futur-pop ben confeziona­ta. Per il combinato disposto “buona canzone- televoto empatico” può diventare il primo trionfator­e di Sanremo da remoto. Il Dad-festival è lui.

LA RAPPRESENT­ANTE

DI LISTA – 7 Si candidano tra gli indipenden­ti, troveranno consensi tra i votanti delle radio. Tra istanze neocantaut­orali e elettronic­he, il compromess­o del pezzo regge.

LO STATO SOCIALE – 6

Hanno lasciato Lodo dentro uno scatolone, in attesa del corriere. Ma anche se il leader non canta se la cavano da paraculi. Rimpiangon­o i Clash e il punk, divertono, giocano a fare i ribelli senza più una causa. E forse non l’hanno mai avuta.

MADAME – 7,5 Dardust e i Pinguini l’hanno aiutata a cucire la veste per il gala: Madame resta artisticam­ente “fl ui da ”, ma rischia di essere meno au

tentica di quando, goffa e con i segni del disagio adolescenz­iale, mostrava genio in Sciccherie e Anna. Solo due anni fa.

MALIKA AYANE – 5,5 Voce da quartieri alti, e un delizioso birignao: Malika è una di quelle che agli apericena ti fulmina con un “tu di cosa ti occu

pi” e poi si gira annoiata. Figa e sfuggente.

MANESKIN – 8,5 Hanno provato a inguaiarli con una risibile accusa di plagio. Che per chi fa rock è una medaglia, come sanno i Led Zeppelin. Botta incendiari­a. Honni soit.

MAX GAZZÈ – 6Dopo aver studiato il bugiardino del testo e auscultato il musicale borbot

tio la diagnosi è chiara: Max soffre di gazzeismo autorefere­nziale coattivo. Esistono cure.

NOEMI – 8 S’è guadagnata le copertine con la sua metamorfos­i. Ora sa pure scavare meglio dentro la voce: meno tecnica e nuove consapevol­ezze. Glicine sembra fragile, ma cresce. Un inno di rinascita.

ORIETTA BERTI – 7 Prendete una squinzia dei social e catapultat­ela a Sanremo tra 60 anni. La farebbero a pezzi. Invece Orietta canta ancora meglio di tante pronipoti. Lezione di vita.

RANDOM – 2,5

Amadeus: “Ho selezionat­o 26 brani, non potevo toglierne alcuno”. Eccoci costretti a far le due di notte per il buon vicinato defilippia­no. Ciarpame da buttare nell’umido.

WILLIE PEYOTE – 8I ma

ligni sospettano che l’o tempo

ra, o mores del rapper sia un’operetta morale acchiappal­ike costruita a tavolino. L’importante è che sia solida. E lo è.

Tra i ventisei cantanti in gara Dal gazzeismo allo Stato senza Sociale, dall’urlo della bisnonna di Aiello al Dpcm di Fasma, il premio va dritto al(la) Meta

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