FLOYD, LA GIUSTIZIA PUÒ ATTENDERE
La Camera a Washington ha approvato il George Floyd Justice in Policing Act, il disegno di legge che prende il nome dal giovane afroamericano soffocato dagli agenti di polizia a Minneapolis nove mesi fa e che diede il via alle mobilitazioni del movimento Black Lives Matter. Eppure la giustizia per George non sarà così veloce, per due ragioni: la prima è che sarà il Senato a dover dare l’approvazione definitiva, e, benché la riforma sia in mano ai Democratici, resta lo scoglio dei Repubblicani che non ha intenzione di votarla. Mercoledì alla Camera solo un deputato repubblicano del Texas ha dato il suo ‘sì’, aggiungendosi ai 219 voti a favore contro i 212 contrari. Lance Gooden è un fedele sostenitore di Trump ed ha confessato di aver sbagliato tasto nella votazione .
“HO PREMUTOIL pulsante errato e me ne sono reso conto troppo tardi”. Il suo tweet poi è stato rimosso, forse per vergogna, cosa che non è possibile fare con il voto. Ma tant’è. Il Gop, con o senza Donald Trump non ha intenzione di approvare questa riforma. Per farlo, cioè perché al Senato il progetto Dem possa avere l’appoggio di almeno altri 10 deputati dell’opposizione, i repubblicani vogliono essere certi che i finanziamenti alla polizia non vengano tagliati. Peccato che il tema del defund the police, cioè del taglio delle risorse alle forze dell’ordine, non divida solo maggioranza e opposizione, ma anche gli stessi democratici. A iniziare dal presidente Joe Biden che si è sempre detto contrario. I radicali preferirebbero che alcune somme venissero destinate al sociale e che funzioni di ordine pubblico venissero gestite da specialisti non violenti, addestrati, ma Biden non concorda e su questo ha dato rassicurazioni alla Fraternal Oerde of Police, un sindacato con cui ha sempre avuto ottimi rapporti. Gli Stati Uniti spendono ogni anno circa 100 miliardi di dollari per la polizia, più 80 miliardi per le carceri. Solo la spesa per gli agenti rappresenta da uno a due terzi del bilancio di una grande città americana. Un esempio è New York, che ha a disposizione per la polizia un budget di 6 miliardi di dollari, di cui l’89% va ai costi del personale, aumentato negli anni 2014-2019 del 6%. Con Biden anche il resto dei moderati dem è contrario al defund the police, non rientrato per questa ragione nel disegno di legge presentato dalla deputata della California Karen Bass. “Nessuno vuole smantellare la polizia”, ha detto il deputato Henry Cuellar, un democratico moderato del Texas che addirittura spinge per ulteriori finanziamenti agli agenti in luoghi come la sua città, Laredo, dove la presenza delle forze dell’ordine è più che mai necessaria, data la vicinanza al confine messicano. La seconda ragione per cui George, che ha ispirato uno dei punti della riforma, e cioè che alle forze dell’o rdi ne venga negata la prassi della stretta al collo ( c ho k e h o l d ) (“Non respiro”, sono state le ultime parole del giovane di Minneapolis a terra mentre un agente gli teneva il ginocchio sul collo), non vedrà presto una vera giustizia è che qualora anche il disegno di legge dovesse essere approvato, secondo gli analisti, questo non cambierebbe di fatto ciò che accade per le strada americane da decenni. “Il testo non cancellerà secoli di razzismo sistemico” negli
Stati Uniti, ha dichiarato prima del voto la stessa speaker democratica della Camera, Nancy Pelosi, che ha sottolineato però l’ “enorme passo” in direzione “della costruzione di una relazione migliore, più sana” tra la polizia e le comunità che essa serve, che la riforma permetterebbe di intraprendere. Visione quanto mai utopistica, invece, secondo lo studio dei professori John Rappaport, ( University of Chicago Law School) e Ben Grunwald (Duke University School of Law) citato dal Washington Post. Il report, infatti, racconta tristemente come su 100 mila agenti di polizia impiegati in Florida per un periodo di 30 anni, circa 1.100 pur essendo stati sanzionati, fossero poi stati ricollocati in altri dipartimenti dello stesso Stato. Si tratta dei cosiddetti “ufficiali vagabondi”, che interagiscono con migliaia di cittadini ogni anno, reiterando spesso gli stessi reati per i quali sono stati allontanati, di solito reinserendosi in dipartimenti più piccoli, con meno risorse, ma in aree con comunità di colore più grandi.
E, DATO PIÙ IMPORTANTE, hanno maggiore probabilità di ricevere una denuncia per una “grave violazione dell’etica del lavoro ”. Questi aspetti, che hanno portato alla morte di Floyd – nella quale erano coinvolti agenti già segnalati per abusi – non vengono di fatto aggrediti dalla riforma votata alla Camera. Ma un piccolo passo avanti secondo Rappaport e Grunwald ci sarebbe nella proposta Dem e si tratta del database degli agenti licenziati per abusi, insieme al quale, però, sottolineano, bisognerebbe abbattere il concetto di “poliziotto cowboy”, in grado di operare a ritmi sostenuti, il che più delle volte rende più facile far ricadere la scelta tra gli agenti esperti anche a costo di “tralasciare” la loro condotta. Il disegno di legge in nome di Floyd prevede anche la fine nei casi di reati per droga dei mandati di perquisizione con irruzioni improvvise, pratica questa costata la morte dell ’ infermiera Breonna Taylor, oltre a porre fine alla cosiddetta “immunità qualificata” di cui godono gli agenti in caso di azioni disciplinari a loro carico che prevedono richieste di danni per cause civili.
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