Il Fatto Quotidiano

“Nomadland” su Disney+

Amadeus sul calo di ascolti (meno undici punti rispetto all’anno scorso): “Il Paese è come se vivesse una guerra. Non è vero che tutti guardano la tv, quando sei arrabbiato non hai voglia”

- » Silvia Truzzi

La parola evento è come l’aggettivo mitico di De Gregori. Gli ascolti sono in netto calo (41,2, undici punti secchi meno dell’a nn o scorso) e dopo i giochetti social-digital (un festival mai visto così tanto su Raiplay, mai commentato così tanto su Twitter), si arriva al punto. Anzi, all’evento. “Il Festival è il più grande evento italiano che ci sia: lo fanno la sala stampa, le tv, le polemiche, le persone che arrivano a Sanremo, i cantanti, il pubblico, le signore in prima fila, i politici”, dice Amadeus. “Tutto questo diventa evento. Se non fosse un evento sarebbe un meraviglio­so programma tv, ma non sarebbe il Festival. Noi cerchiamo di fare il miglior programma tv nelle nostre possibilit­à, ma è svuotato di tutte le sue parti fondamenta­li ed è un’altra cosa”. La domanda dunque è d’obbligo: perché non hanno pensato a costruire uno spettacolo diverso, che non si limitasse a essere una fotocopia in editio minor di quello dell’anno scorso in questo anno infernale?

Ieri sera è andata in onda la serata cover, che certamente farà guadagnare qualche punticino in più in termini di ascolti. La partenza con i Negramaro, omaggio alla meraviglio­sa 4/3/43 di Lucio Dalla con i Negramaro, e poi i grandi successi di Tenco, Rino Gaetano, Celentano, Battiato daranno un po’respiro al festival in affanno. Nostalgia canaglia, ma sempre utile.

DICONO: non si può fare un paragone negli ascolti perché l’anno scorso non c’era il campionato. Vero: ma il campionato si sovrappone al Festival per un’ora e mezza su cinque di programmaz­ione. La platea televisiva di ieri e quella del 2020 sono sostanzial­mente sovrapponi­bili (18 milioni e 175 mila persone un anno fa, 18 milioni e 17 mila mercoledì). Vale, e lo scriviamo senza compiacime­nto, il vecchio proverbio “chi è causa del suo mal” perché da dicembre (Natale in lockdown) si era capito che non saremmo usciti dall’emergenza in tempi brevi. E recriminar­e (le “accuse non hanno fatto bene al Festival”, sempre Amadeus) non serve. Gli organizzat­ori imputano (ma va?) l’umor nero del pubblico a casa alla situazione sanitaria, all’incertezza economica, alla povertà crescente. Dice ancora il direttore artistico, con un’ingenuità che non vogliamo creder fasulla: “Il Paese è come se vivesse una guerra. Non è vero che tutti guardano la tv, quando sei arrabbiato non hai voglia. Io vado a una festa e mi diverto se sono felice, non se ho un problema di lavoro. In questo contesto 10 milioni di persone che si sintonizza­no sono commoventi”.

NESSUNO ha la bacchetta magica, ed è perfino ovvio dire che è difficile intercetta­re il pubblico perché è difficile immaginare di cosa ha voglia e bisogno in questo momento. Forse sarebbe stato più onesto ammetterlo. E ascrivere la mancanza di “connession­e sentimenta­le” con il Paese al contesto è inutile e tardivo: sembra di sentire i politici che non perdono mai le elezioni. Amadeus continua a pensare che un pubblico di 500 medici sarebbe stato una soluzione ideale, e non si rende conto dell’effetto boomerang che avrebbe avuto: perché a Sanremo è tutto come prima, luccicante e divertente, mentre nelle case dei comuni mortali è tutto grigio?

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy