“54 milioni di dosi”, però nessuno sa di quali vaccini
Il contratto siglato dalla Ue con la casa farmaceutica Astrazeneca per il vaccino a vettore virale Vaxzevria scade il 30 giugno. La commissione europea potrebbe non rinnovarlo. Troppi ritardi, troppi tagli alle forniture concordate, come ha rilevato ieri il commissario per il mercato interno Thierry Breton. Ma è evidente che pesa anche quello stop and go – con la sospensione e il nuovo via libera dell’ema dopo i rari casi di trombosi presumibilmente legati alla somministrazione del vaccino – che ha alimentato diffidenza. Pesa che anche il monodose Johnson&johnson, sia finito per lo stesso problema sotto la lente di ingrandimento dell’ema: oggi il verdetto.
UNO SCENARIO che spiega il tentativo del governo Draghi (scrive ieri dal Financial Times) di verificare con Moderna, l’azienda statunitense che produce l’omonimo vaccino basato sull’mrna, la possibilità di impiantare in Italia una produzione di sieri sviluppati con questa biotecnologia, la stessa di Pfizer Biontech. Ma l’autonomia produttiva sembra per ora una speranza remota. Il premier Mario Draghi avrebbe parlato con l’ad di Moderna, Sthepane Bancel, senza avvicinarsi a un possibile accordo: l’azienda non è in grado di supervisionare il trasferimento nei siti produttivi italiani della tecnologia necessaria. Così, nulla di fatto. Il governo ha contattato anche la multina
INCOGNITE DRAGHI CERCA SPONDE USA PER PRODURRE IN ITALIA: PER ORA TENTATIVI FALLITI
zionale svizzera Novartis e l’italiana Reithera. La prima ha già firmato un accordo con Pfizer per avviare una produzione che dovrebbe partire in giugno; ha siglato una intesa anche con la casa farmaceutica tedesca Curevac (anch’essa sta sviluppando un siero mrna), che sta ancora portando avanti la fase 3 della sperimentazione ( per l’autorizzazione dell’ema bisognerà attendere fino a giugno). Novartis non conferma né smentisce i contatti.
Stessa cosa fa Reithera, azienda italiana con proprietà svizzera, che alle porte di Roma sta sviluppando in collaborazione con lo Spallanzani un altro vaccino che utilizza l’adenovirus. Reithera è dotata di un bioreattore, necessario per produrre i sieri. Attenzione, però: solo quelli a vettore virale. Quindi Astrazeneca e Johnson&johnson. Oppure il russo Sputnik, che per la prima dose usa l’adenovirus dello scimpanzè e per la seconda quello umano. Non può quindi produrre vaccini mrna. E anche gli annunci del ministro allo Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti per l’individuazione di siti italiani per la produzione non avrebbero portato a nulla: con Reithera non è stato fatto alcun passo ufficiale. L’azienda sta completando la fase di sperimentazione 2/3, iniziata il 18 marzo scorso con 900 volontari, randomizzata contro placebo per confermare il profilo di sicurezza e la risposta immunitaria. Ha ricevuto 8 milioni di finanziamenti dalla Regione Lazio, 49 da Invitalia per un investimento industriale e di ricerca da 81 milioni.
Ora anche su Reithera pesa però l’incognita rappresentata dai casi Johnson&johnson e Astrazeneca. “Stiamo seguendo con attenzione tutte le informazioni relative ai vari vaccini per Covid-19 sviluppati utilizzando diverse tecnologie e quindi anche quanto sta emergendo dall'utilizzo di quelli basati su adenovirus “, conferma Reithera. “Anche se in generale – prosegue – va detto che si tratta di vaccini relativamente giovani. Tutti, compresi quelli basati sulla tecnologia mrna, che quindi necessitano di un monitoraggio attento, approfondito e costante per un tempo sufficiente al raggiungimento di quelle statistiche che ne definiscono le caratteristiche: pertanto sarà corretto chiarire i dubbi che sono emersi recentemente, attraverso i necessari a pp ro fo nd im en ti ”.
Nel frattempo sempre il commissario europeo Thierry Breton ha annunciato che in Italia, nell'arco dei prossimi tre mesi, arriveranno 54 milioni di dosi. Come saranno ripartiti tra Pfizer, Moderna, Astrazeneca ancora non è stato definito.