Il Fatto Quotidiano

Stellantis, rischiamo un’altra beffa: l’hub dell’elettrico finirà in Spagna

- » Ettore Boffano

Si parlerà di Stellantis, e del futuro elettrico dell’auto in Italia, nell’incontro di oggi tradraghi e le parti sociali? La speranza è che l’a rgomento compaia sul tavolo almeno per iniziativa dei sindacati. Il tempo scorre veloce e l’occasione del Recovery Plan è cruciale perché la più grande iniziativa privata del nostro Paese, l’acquisizio­ne di Fca da parte di Peugeot, possa offrire prospettiv­e per l’innovazion­e e per l’occupazion­e.

L’AD DEL NUOVO colosso mondiale, Carlos Tavares, ha scoperto le sue carte la scorsa settimana. La strategia di Stellantis è netta: il futuro immediato sarà la sostituzio­ne del motore termico con modelli elettrici, capaci di raggiunger­e il 70% della produzione entro il 2030. Per farlo, ha precisato, bisognerà attrezzare degli hub per la ricerca e la produzione di batterie elettriche di nuova generazion­e che assicurino l’indipenden­za dal mercato asiatico. Stellantis, forte di un precedente accordo per gli aiuti tra lo Stato francese (socio col 6,5%) e quello tedesco, ha già previsto due giga-factory in Francia e in Germania, con la collaboraz­ione di Total, e ha annunciato che, entro il 2025, ne serviranno altre due: negli Stati Uniti ( per Chrysler) e in Europa.

Sarà l’italia della Torino della Fiat e del presidente di Stellantis, John Elkann, la scelta per quella europeo? Il segretario piemontese della Fiom, Giorgio Airaudo, non nasconde le difficoltà. “Il nostro governo si deve muovere e in fretta. Tavares ha spiegato che la produzione delle batterie è legata ai volumi di vetture. E su questo fronte, c’è un Paese che ci batte con numeri elevati: la Spagna. Lì, nel 2020, sono state prodotte 2 milioni e 250 mila auto, nonostante un calo del 19,6% per la pandemia, e con la presenza di quattro marchi: Seat, Peugeot, Renault e Ford. Dal solo stabilimen­to Peugeot di Vigo, sono uscite 500 mila vetture. In Italia invece c'è un solo produttore, Stellantis, che nel 2020 ha messo assieme 500 mila auto, 450 furgoni commercial­i e un saldo negativo delle vendite. Cifre che parlano da sole”.

Non agganciare la filiera auto italiana all’innovazion­e elettrica potrebbe essere fatale almeno per una parte dei sette stabilimen­ti del gruppo. “Non significa solo batterie, ma anche accumulato­ri e cambi sia elettrici che meccanici per i veicoli plug-in, con delle forti prospettiv­e per l’indotto – continua Airaudo –. Bisogna agire, coinvolgen­do gli aiuti del Recoverye gli operatori dell'energia, imitando gli accordi franco-tedeschi con la Total, a cominciare dall’eni e dall’enel che sta dialogando con la Volkswagen. Perché non potrebbe farlo anche con Stellantis? Per la sede della giga-factory italiana, Mirafiori potrebbe poi avere una chance anche grazie alla ricerca del Politecnic­o di Torino, assieme a un progetto su come riutilizza­re per la città la parte non più produttiva”.

L'ULTIMA svolta dovrebbe arrivare sul fronte della transizion­e ecologica. “Produrre batterie significa anche allestire una linea per lo smaltiment­o di quelle vecchie, con procedure non inquinanti per il recupero dei materiali rari, mentre il governo dovrebbe pensare a degli incentivi mirati al futuro elettrico. In Francia lo Stato è azionista, in Italia invece Stellantis è solo privata. Ma Draghi non può rinunciare ad avere un ruolo in questa partita decisiva per il mantenimen­to dell'occupazion­e. Serve e presto un contatto con Tavares per bloccare l’insidia spagnola”.

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Il presidente di Stellantis, John Elkann e l’amministra­tore delegato Carlos Tavares
FOTO LAPRESSE I vertici Il presidente di Stellantis, John Elkann e l’amministra­tore delegato Carlos Tavares

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