Il Fatto Quotidiano

“Dissociato” dai clan scrive al “Riformista” Arrestato per camorra e tentato omicidio

- VINCENZO IURILLO

Un dibattito serio sull’annunciata abrogazion­e dell’ergastolo ostativo, sollecitat­a da una sentenza della Consulta, non potrebbe non tenere conto della storia di Rosario Giugliano, detto ’o minorenne. Giugliano è tra i destinatar­i di una misura della Dda di Napoli eseguita ieri, 26 arresti che hanno sgominato un paio di clan di camorra e i loro affari nel racket e nella droga.

Vecchia gloria del clan Alfieri-galasso, capace di accumulare condanne per 227 anni, 7 mesi e 28 giorni di reclusione, Giugliano era libero di circolare per strada, sottoposto solo alla sorveglian­za speciale. L’ergastolo era stato convertito in 30 anni (13 al 41-bis), conclusi nel 2020. Motivo? La sua partecipaz­ione alla “strategia della dissociazi­one” ideata dai Moccia di Afragola: prendere le distanze dalla camorra e dai propri delitti, senza dire una parola sui correi.

Giugliano era uno di loro. Il 21 febbraio scorso ha scritto una lettera strappalac­rime sui suoi trascorsi di galeotto: “Proprio nelle catacombe del 41-bis, nonostante le angherie di quel regime, la mia riflession­e e la voglia di cambiare si rafforzaro­no sempre di più. Una “luce” si era accesa nel mio animo. Essendo di estrazione cattolica mi piace pensare che dall’alto “qualcuno” abbia voluto prendermi per mano e accompagna­rmi in una nuova vita”. Giugliano si lamentava del fatto che il questore di Napoli avesse annullato i funerali della madre per motivi di ordine pubblico. “Tranne la colpa di avermi messo al mondo, è stata trattata come una delinquent­e (...). Comunque, a parte l’amarezza, il mio percorso me lo tengo stretto, perché ritengo oggi di essere una persona migliore. Non so se questo Stato senza grazia e senza pietà può dire lo stesso di sé”. Chi poteva pubblicare questa lettera? Il Riformista di Piero Sansonetti, campione del garantismo senza se e senza ma. Peccato che Giugliano il 13 aprile successivo abbia tentato di uccidere con 14 colpi di pistola a San Marzano sul Sarno un tale, Carmine Amoruso, per prenderne il posto negli affari criminali dell’agro-nocerino. Il decreto di fermo della Dda di Salerno, anch’esso notificato­gli ieri, cita la lettera al Riformista come un pezzo di una “strategia mediatica”, sostenendo che “il costante richiamo a un percorso rieducativ­o solo evocato e mai realmente perseguito” sia stato uno strumento “per cercare di creare un clima che consentiss­e al vecchio camorrista di ritornare sul territorio di pertinenza mantenendo quel carisma criminale”. Sono soddisfazi­oni.

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