Il Fatto Quotidiano

Quattro passi con Beethoven nella foresta

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Italiano. Beethoven parlava più facilmente l’italiano che il francese. Passeggiat­e. Le celebri passeggiat­e di Beethoven, anche di notte, senza neanche tornare a casa per giorni e giorni.

Natura. “Di buon mattino, venne da me Beethoven... ‘ Devo riprendere le forze nella natura incontamin­ata, e purificarm­i l’animo. Come si sente oggi? Vuol venire con me? Andiamo a trovare quelli che sono i miei amici immutabili, i verdi cespugli, gli alberi che si slanciano verso il cielo, le verdi siepi e gli angoli remoti, dove mormorano i ruscelli. E anche a vedere i vigneti che dai colli tendono i grappoli al sole, perché li maturi. Ci sta, amico mio? Lì non c’è invidia, non c’è inganno. Venga, venga! Che splendido mattino, promette una bella giornata!’. E allora ci avviammo di buon passo in direzione dell’helenental” (testimonia­nza di Johann Andreas Stumpff).

Napoleone. Beethoven aveva scritto “Bonaparte” sul frontespiz­io della Terza , poi ribattezza­ta Eroica, quando vennero a dirgli che Napoleone s’era proclamato imperatore, e allora andò su tutte le furie: “Anche lui non è altro che un uomo volgare! Diventerà un tiranno!”. Strappò quindi la prima pagina della sinfonia e la riscrisse.

V i en n e s i . Suo disprezzo per i viennesi: “R o ss i n i , Rossini, per voi non c’è nient ’altro. Quel vostro cantare e strimpella­re senz’anima, quelle vostre cosette abborracci­ate…”.

Italiani. Rossini lo andò a trovare nel 1822, accompagna­to dal comune amico Giuseppe Carpani. Beethoven stava correggend­o una bozza musicale e non alzò neanche la testa. Finalmente, si riscosse: “Ah, Rossini, l’autore del Barbiere di Siviglia! Mi congratulo con lei. È un’opera eccellente. Non cerchi mai di scrivere nient’altro che opere come quella; sarebbe proprio sfidare il destino, se lei volesse cercare il successo in un altro genere. L’opera seria non è nella natura degli italiani. Per trattare il vero dramma, non hanno sufficient­e scienza musicale: e come la si potrebbe acquisire, in Italia?”.

Tarchiato. “La vista di lui aveva messo a disagio anche me. Non l’aspetto esteriore, trascurato, quasi inselvatic­hito, non i folti capelli neri che gli pendevano arruffati intorno alla testa e così via, ma l’insieme del suo aspetto. Immagina un uomo di circa cinquant’anni, di statura più bassa che media, ma di corporatur­a molto robusta e tarchiata; il colorito roseo e sano, gli occhi irrequieti, sfavillant­i, anzi, quando fissa lo sguardo, quasi pungenti. O non si muove affatto o si agita. Nell’espression­e del volto, specialmen­te nello sguardo vivace e arguto, puoi notare una mescolanza e un mutamento talvolta repentino di cordiale bonarietà e di diffidenza. Da tutto il suo portamento traspare quella tensione, quell’ inquieto e apprensivo tendere l’orecchio, tipico del sordo, e profondame­nte sensibile. Ora butta lì una parola allegra, subito dopo ripiomba in un cupo silenzio” ( Johann Friedrich Rochlitz).

Mozart. Portato damozart a 16 anni, suonò un pezzo mandato a memoria, che lasciò Mozart assai freddo. Beethoven lo pregò allora di suggerirgl­i un tema per una libera fantasia. Suonò allora in modo da lasciar di sassomozar­t, il quale alla fine andò quatto quatto dagli amici che stavano nell’altra stanza: “Tenete d’occhio questo giovane: un giorno farà parlare di sé il mondo” (Otto Jahn).

Pianoforte. Beethoven morente disse a Gerhard von Breuning che gli sarebbe piaciuto scrivere un metodo per il pianoforte, “sarebbe stato completame­nte diverso dai soliti metodi”. Notizie tratte da: “Incontri con Beethoven”, a cura di Felix Braun, il Saggiatore, pagine 154, euro 22

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