Il Fatto Quotidiano

Recovery, Draghi è ancora muto: 50 miliardi a FS

IL FINANCIAL TIMES RACCONTA UNA VECCHIA STORIA CHE IMBARAZZA L’AD BATTISTI

- » Marco Palombi

La guerra non tanto fredda per la guida di Ferrovie dello Stato è ormai aperta anche in pubblico. Ieri nientemeno che il Financial Times ha ripreso una notizia pubblicata mesi fa sulla stampa italiana (da Il Domani per la precisione): l’esistenza di un’inchiesta a Roma sui rapporti tra FS e Generali nell’ipotesi che la compagnia assicurati­va sia stata favorita in questi anni come fornitore della società pubblica; in questo contesto – altro fatto noto – si parla di due risarcimen­ti per malattia pagati all’ad Gianfranco Battisti, all’epoca a capo dell’alta velocità, per oltre 1,7 milioni di euro. Effettivam­ente un’enormità, ma l’attuale numero 1 di Ferrovie, in corsa per la riconferma a maggio, non era indagato mesi fa e non è indagato ora, come specifica anche il FT.

E ALLORA PERCHÉ un’inchiesta vecchia di mesi e un fatto (i risarcimen­ti a Battisti) che fu oggetto di interrogaz­ioni parlamenta­ri di Matteo Renzi e soci addirittur­a nell’ottobre 2019 finisce ora sul più importante quotidiano finanziari­o europeo? Perché entra nel vivo la partita delle nomine pubbliche: il cda di Ferrovie dello Stato, attorno a cui da oltre un anno e mezzo si combatte una battaglia senza esclusione di colpi, va in scadenza a maggio ed è una poltrona che oggi fa persino più gola di prima. Come raccontato sul Fatto di lunedì, Rfi – cioè la società di Ferrovie che costruisce e gestisce le linee – ha progetti d’inves timento di suo per 79 miliardi nei prossimi anni, mentre nella versione del Recovery Plan del governo Conte c’erano investimen­ti in ferrovie per 26,7 miliardi, che saranno pressoché raddoppiat­i - secondo indiscrezi­oni - dall’extradefic­it da 30 miliardi in sei anni voluto dall’esecutivo Draghi. Non solo: “Cresce ancora la quota delle Ferrovie”, ci informava ieri Il Sole 24 Ore senza spiegarci di quanto. Il motivo per cui “cresce”, però, è assieme chiaro e bizzarro: “Le ferrovie sono considerat­e da Bruxelles un investimen­to 100% green e il rafforzame­nto di questo capitolo aumenta la possibilit­à per l’intero piano di superare ‘ l’esame’ di ecologia”. In sostanza a Bruxelles ritengono che ogni investimen­to ferroviari­o sia un bene per l’ambiente: un non sequitur da antologia di cui nessuno dovrebbe stupirsi visto che è alla base, per dire, del sì all’alta velocità Torino-lione.

In sostanza, Ferrovie dello Stato sarà il principale investitor­e singolo del Piano di ripresa italiano, motivo per cui la poltrona di amministra­tore delegato fa oggi ancora più gola di prima: al netto di eventuali appetiti illegittim­i, per così dire, è un posto dal quale si può disegnare un pezzo del futuro del Paese e, ovviamente, aggregare un non disprezzab­ile sistema di potere. Battisti – che finora è stato discretame­nte speranzoso nella riconferma, al contrario del suo nemico interno, il presidente Gianluigi Castelli – è figlio della stagione “gialloverd­e” e fu nominato in quota M5S: da allora Matteo Renzi e l’area a lui più vicina del Pd, prima e dopo la scissione, gli hanno fatto la guerra sognando il ritorno dell’ex amministra­tore delegato Renato Mazzoncini, ahilui azzoppato da un paio di disavventu­re giudiziari­e, o almeno di qualcuno a lui vicino (c’è chi fa il nome del dirigente Fabrizio Favara).

Per quanto imbarazzan­te, va registrato che il nuovo articolo con vecchia storia del FT non ha scatenato il solito profluvio di dichiarazi­oni. A sera – piccolo segnale – l’unico dichiarato­re risultava il capogruppo Pd in commission­e Trasporti della Camera Davide Gariglio, piemontese e pasdaran pro-tav, già renziano, oggi nella riserva degli ex detta Base riformista (Lotti, Guerini, etc.): “Le indagini sugli indennizzi milionari versati per infortuni occorsi ai manager del Gruppo Ferrovie dello Stato gettano un’ombra sull’operato degli attuali vertici dell’azienda”, la sua stentorea presa di posizione.

PARTICOLAR­E che segnala il vero problema di questa vicenda: non è chiaro su quali basi, discutendo con chi e attraverso che criteri Mario Draghi – che ha già fatto capire che nominerà da solo i vertici delle principali partecipat­e – sceglierà il prossimo ad di Ferrovie. Influirà un articolo del Financial Times, giornale con cui ha avuto storicamen­te ottimi rapporti e che ha ospitato il suo lungo intervento sulla pandemia?

LE SQUADRE RENZIANI E PD PUNTANO AL RICAMBIO: E IL PREMIER?

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FOTO ANSA

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