Il Fatto Quotidiano

Cremona, l’altra Ilva che inquina nel silenzio totale

- » Gianni Barbacetto

“C’è un tabù, in Lombardia, di cui non si deve parlare”, dice il dottor Paolo Ricci. È il cortocircu­ito tra inquinamen­to e patologie a Cremona, 80 chilometri da Milano. Una situazione epidemiolo­gica allarmante: alto numero di malattie respirator­ie, tumori al polmone, leucemie, nascite pre-termine. In un territorio dove sono concentrat­i un incenerito­re, una discarica, due fabbriche di mangimi e soprattutt­o le acciaierie Arvedi, il secondo polo siderurgic­o italiano dopo l’ilva di Taranto. Dell’ilva si è molto parlato, discusso, polemizzat­o. Arvedi resta invece invisibile ai media. Intoccabil­e. Per anni il dottor Ricci – direttore dell’osservator­io epidemiolo­gico della Ats di Mantova e Cremona – ha cercato di completare uno studio epidemiolo­gico sulla situazione cremonese. “Le istituzion­i non mi hanno dato retta e, dopo anni di insistenze, non mi è rimasto altro che andare in pensione anticipata”.

QUALCHE DATOLO ha comunque raccolto. Ed è preoccupan­te. Nell’area di Cremona ci sono ben dieci insediamen­ti pericolosi, soggetti all’obbligo di Aia (Autorizzaz­ione integrata ambientale). Uno di questi, la raffineria Tamoil, ha chiuso le attività, ma fino al 2013 ha emesso 140 tonnellate all’anno di polveri sottili e circa 30 mila tonnellate di composti organici volatili. Degli altri nove insediamen­ti, l’acciaieria Arvedi è quella che inquina di più: emette 5,633 milioni di metri cubi di fumi all’ora, a cui si aggiungono i 442 mila di Arvedi Area Nord, dove vengono trattati i metalli, e i 425 mila di Arvedi Tubi Acciaio, che produce tubi. Altri 467 mila provengono dai due produttori di mangimi: il Consorzio Agrario (367 mila) e Ferraroni (100 mila). L’incenerito­re locale – da cui era partita l’analisi di Ricci – aggiunge emissioni per 90 mila metri cubi all’ora. In più, la grande discarica di Crotta d’adda raccoglie oltre 1 milione di metri cubi di rifiuti classifica­ti come inerti, provenient­i dalla Arvedi, che si aggiungono alle 300 tonnellate all’an n o conferite all’interno dello stabilimen­to e ai 2 mila metri cubi di scorie nere destinate a essere trattate. Completa il quadro inquinante il traffico dell’autostrada Cremona-brescia, che libera 1 tonnellata all’anno di polveri e di composti organici volatili.

Lo studio preliminar­e realizzato dal dottor Ricci e dai suoi collaborat­ori dell’osservator­io epidemiolo­gico dell’azienda sanitaria locale ha rilevato più di una anomalia nella situazione sanitaria degli abitanti nel Comune di Cremona. Le ospedalizz­azioni per patologie respirator­ie sono risultate il 14 per cento in più rispetto a quelle della provincia di Cremona. L’incidenza di tumore al polmone il 7 per cento in più. La mortalità per tumore al polmone addirittur­a il 17 per cento in più. L’incidenza delle leucemie il 23 per cento in più. Le nascite pre-termine (possibili segnali di forte inquinamen­to ambientale) il 26 per cento in più. “Le malattie polmonari”, spiega il dottor Ricci, “sono compatibil­i con l’esposizion­e a polveri sottili, le leucemie con l’esposizion­e a benzene, le nascite premature con una esposizion­e a contaminan­ti ambientali”.

Per avere certezze sulla relazione tra insediamen­ti inquinanti e salute a Cremona dovrebbe essere completato lo studio epidemiolo­gico avviato dal dottor Ricci e che oggi molte associazio­ni hanno chiesto a gran voce, anche con una lettera inviata al direttore generale della Ats Valpadana Salvatore Mannino, all’assessore al Welfare della Regione Lombardia Letizia Moratti e al ministro della Salute Roberto Speranza.

“Avevamo bisogno della collaboraz­ione di un centro di ricerca, per incrociare e sviluppare i nostri dati”, racconta Ricci. “I burocrati ce lo hanno negato”. Il medico ha esperienza: in passato ha coordinato, per l’associazio­ne italiana dei registri tumori ( Airtum), il progetto “Sentieri” dell’istituto superiore di sanità, che ha monitorato 44 siti inquinati italiani detti “d’interesse nazionale”. Ma a Cremona non è riuscito a smuovere la situazione, a bucare il muro di gomma. “Io venivo dalla Ats (Azienda territoria­le sanitaria) di Mantova. Quando questa fu unificata con la Ats di Cremona, fui considerat­o un po’ un marziano, perché al momento di rilasciare le autorizzaz­ioni per le attività produttive cominciamm­o a considerar­e anche i rischi per la salute; e provammo a estendere anche a Cremona l’osservator­io epidemiolo­gico già sperimenta­to a Ma nto va”. Missione ( quasi) impossibil­e. “Tutto il personale cremonese dell’omologo servizio fu destinato ad altri compiti, allora cercammo di lavorare almeno con i dati che ci arrivavano da quattro registri: mortalità, tumori, malformazi­oni congenite, patologie croniche. Per fotografar­e la situazione complessiv­a e analizzare l’andamento delle malattie in una popolazion­e, studiandon­e le cause e valutandon­e percorsi diagnos tico- terapeutic­i, al fine di adeguare sia l’assistenza, sia la prevenzion­e. Questo, del resto, dovrebbe essere il lavoro di ogni Ats”. Poi sono però andati via via in pensione i pochi medici che facevano questo lavoro, senza la possibilit­à di passare il testimone ad altri. Infine è arrivata anche la pandemia da Covid-19. “Oggi il ritardo nell’aggiorname­nto dei registri di patologia è diventato incolmabil­e. L’osservator­io è stato di fatto smantellat­o, a causa di una gestione meramente burocratic­a delle risorse umane”.

STUDI ALTE INCIDENZE DI TUMORI: IL COMUNE RESTA FERMO

TACCIONO la pubblica amministra­zione e la politica. Protestano le associazio­ni ambientali­ste. Fa sentire la sua voce Marco Degli Angeli, consiglier­e regionale Cinquestel­le: “I dati sanitari e ambientali della nostra provincia sono da brivido. Il Covid ha evidenziat­o ancor di più la fragilità dei nostri cittadini. E quello che fa più rumore è il silenzio e l’inerzia delle istituzion­i. Il Comune di Cremona non ha mai fatto sentire veramente la sua voce per pretendere il completame­nto dello studio epidemiolo­gico e Regione Lombardia è rimasta come al solito alla finestra non fornendo ad Ats il supporto dovuto. È mancata completame­nte la volontà politica di capire che cosa succede a Cremona. Da anni chiediamo risposte, ma purtroppo nulla sembra scalfire il silenzio ovattato della nostra provincia”.

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FOTO CONTRASTO Senza sosta Una parte del polo siderurgic­o nel Comune lombardo
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