Prefetti, percentuali e trasporti: stessi problemi un anno dopo
Come un film già visto, si torna a discutere sempre delle stesse cose. Ad oggi, l’unica cosa che è cambiata è la prospettiva che la copertura vaccinale della parte più fragile della popolazione possa, una volta conclusa, rendere l’eventuale circolazione del virus dal ritorno a scuola meno pericolosa per nonni e persone fragili. Così come la quasi totale vaccinazione dei docenti, quella che avrebbe dovuto far ripartire le scuole al massimo della capacità e che invece si è scontrata contro problemi immutati.
LA PROPOSTA emersa dall’incontro tra le Regioni, ieri – propedeutico a quello con gli esponenti di governo arrivato in serata – era di una sostanziale deroga a quanto prevedeva la bozza circolante del prossimo decreto, con un rientro praticamente totale degli studenti a partire dal 26 aprile. A fine giornata, la nuova bozza era stata modificata con una percentuale di studenti in presenza per le superiori tra il 60 e il 100 per cento nelle zone gialle e arancioni . Nessuna deroga per le Regioni ma, anche in questo caso, salvo “eccezionale e straordinaria gravità” o comunque casi di focolai.
L’organizzazione ricalca in pieno i protocolli messi in atto finora e pensati per il ritorno in classe a gennaio. L’identificazione delle percentuali sarà affidata a una prassi già consolidata, ovvero i tavoli con i prefetti che – tenendo conto delle peculiarità e dell’organizzazione del territorio ma soprattutto del trasporto pubblico locale che continuerà a circolare al 50 per cento della capienza – di volta in volta stabiliscano la percentuale di rientro in classe basandosi sulla disponibilità del trasporto pubblico locale e la possibilità di prevedere entrate scaglionate e organizzazione degli orari delle altre attività. A occuparsene erano già state le ex ministre dei Trasporti Paola Demicheli, dell’istruzione Lucia Azzolina e dell’interno Luciana Lamorgese.
Sempre in modalità d éjà-vu , la ministra Mariastella Gelmini ha proposto di “istituire quanto prima un tavolo sul trasporto pubblico locale presso la Conferenza unificata” con gli stessi ministri “anche in vista dell’avvio del nuovo anno scolastico a settembre”. Soluzioni di buon senso, insomma, tali anche prima del cambio di governo e che fanno presupporre che finora non ci sia stata grossa continuità e che le medesime problematiche siano state cristallizzate per essere rimesse sul tavolo ancora una volta, ma di fronte a un nuovo governo. Finanche le contestazioni sono le stesse se si tiene conto che Calabria, Puglia e Campania hanno espresso dubbi sul limite minimo di presenza, considerato troppo alto. La Campania, ad esempio, ha
SFORZO VANO? OLTRE UN MILIONE DI DOCENTI GIÀ VACCINATI, MA I GUAI RESTANO
tempestivamente diffuso il numero dei contagiati di ieri mentre la Puglia ha ribadito la volontà di riproporre la soluzione della “scuola in presenza” a scelta, così come la Calabria.
TORNA anche la solfa dei tamponi o dei test salivari a tutti gli studenti, da mesi proposti ma mai realizzati. A dicembre le Regioni erano addirittura arrivate a un accordo con il Miur, e si contava su una distribuzione di 5 milioni di test acquisiti e distribuiti alle Regioni dalla struttura commissariale poi, complici anche le chiusure, mai arrivati nelle aule. Sia le Regioni che il governo sanno che distribuire e gestire test per 8 milioni di studenti richiede un impiego sensibile di risorse e di personale, mentre le soluzioni fai-da-te non sono ancora completamente affidabili. Per avere una idea, nella bozza del decreto ristori poi naufragata con la crisi di governo, erano previsti almeno 450 milioni di euro per le scuole affinché potessero anche autonomamente fare accordi con i privati per testare gli studenti. Ad oggi, infatti, si può fare ma solo accordandosi con le Asl, le stesse già oberate tra tracciamenti e vaccini.