Pnrr, Draghi resta ancora muto E il Parlamento voterà sul nulla
Pierpaolo Bombardieri, leader della Uil, s’era presentato a Palazzo Chigi pieno di speranze: “Dovremmo avere la possibilità di vedere il piano, perché noi abbiamo lavorato sul piano del precedente governo. Noi riconosciamo solo a Omero la possibilità di descrizione orale”. All’esito dell’oretta di colloquio, il nostro ha dovuto aggiungere il nome di Mario Draghi a quello di Omero: il premier non ha presentato ai segretari dei confederali nessun testo e, a differenza dell’aedo greco, ha parlato pure poco, limitandosi perlopiù ad ascoltare.
La stessa scena ripetuta coi partiti, le imprese e chiunque si sia presentato a Palazzo
Chigi per parlare del Recovery Plan italiano in via di spedizione a Bruxelles (entro il 30 aprile). Maurizio Landini ( Cgil), Luigi Sbarra ( Cisl) e appunto Bombardieri hanno ad esempio chiesto al premier se sono stati calcolati gli impatti occupazionali di ogni singolo progetto del Pnrr: no, ha detto Draghi, magari se tornate dopo il 1° maggio vediamo. Quanto al prolungamento del blocco dei licenziamenti, il trio ne ha illustrato l’imprescindibilità, il premier ne ha preso atto e rinviato gli ospiti al ministro del Lavoro Andrea Orlando, con cui si vedranno oggi.
COME DETTO, non è che ai partiti sia andata meglio. Ieri c’è stato l’ultimo incontro, quello con la delegazione di LEU. I capigruppo, Federico Fornaro e Loredana De Petris, uscendo hanno raccontato di non aver visto il piano. E hanno sottolineato la necessità di un maggior coinvolgimento del Parlamento: “Le risoluzioni parlamentari sono la strada” e, visti i tempi, “sarà una corsa”. La strada individuata, però, è più formale che sostanziale.
È stata la capigruppo della Camera a decidere, su proposta di Stefano Fassina, che sul piano Draghi dovrà fare non “un’informativa”, come previsto in un primo momento, ma delle “comunicazioni”, che implicano un voto. Il Senato si è adeguato. Qui, però, finisce la battaglia dei partiti di maggioranza per il coinvolgimento delle Camere, almeno in questa fase. Per adesso, nessuno ha ancora iniziato a lavorare sulle risoluzioni. L’unica cosa che appare certa è che saranno il più generiche possibile. Anzi, magari ci si limiterà alla formula usuale dedicata al passaggio prima di un Consiglio europeo: “Sentite le comunicazioni del presidente la Camera (o il Senato, ndr) approva”.
Di certo, non si entrerà nel dettaglio. “Non siamo d’accordo su molti punti”, per dirla con Annamaria Bernini, capogruppo di Forza Italia in Senato. Quindi non c’è altra scelta. A meno che qualcuno in questa settimana che manca per il passaggio in aula non decida di sollevare qualche problema. Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio, si lascia una possibilità: “Prima di decidere se presenteremo una risoluzione, sarebbe utile leggere il piano”. Per adesso, niente più di una speranza.