Il Fatto Quotidiano

“Le contraddiz­ioni di Sharif per non farsi coinvolger­e nel caso”

LA MEMORIA DEL PM Il maggiore È accusato dell’omicidio

- V. BISB. E VAL. PAC.

“Contraddiz­ioni tra le dichiarazi­oni” e il tentativo di “adattare la realtà all’esigenza di recidere ogni collegamen­to con la vicenda Regeni”. Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, 37 anni, maggiore in servizio presso la National Security Agency, è l’unico dei quattro 007 egiziani accusato anche dell’omicidio di Giulio Regeni. Secondo i magistrati capitolini, Sharif, “in concorso con altri soggetti allo stato non identifica­ti (...) cagionava mediante una violenta azione contusiva (...) imponenti lesioni di natura traumatica” al ricercator­e italiano, “da cui conseguiva una insufficie­nza respirator­ia acuta di tipo centrale che lo portava a morte”. Anche per l’ufficiale, come per gli altri tre imputati, si porrà in vista del 29 aprile la questione dell’irreperibi­lità: l’egitto infatti non ha mai risposto alla rogatoria italiana in cui si chiede l’elezione di domicilio degli imputati. Di certo la vicenda ha avuto eco internazio­nale. Tanto che i carabinier­i del Ros hanno raccolto in u n’informativ­a tutti gli articoli pubblicati dalla stampa internazio­nale e pure in Egitto proprio per dimostrare che gli imputati non possono non essere a conoscenza del procedimen­to penale a loro carico. Per di più sono stati anche sentiti.

IL MAGGIORE

Sharif è stato interrogat­o due volte dalle autorità egiziane: il 19 maggio 2016 e poi l’11 giugno 2017. Gli investigat­ori gli hanno chiesto conto dei rapporti con Said Mohammad Abdallah, il sindacalis­ta che, secondo le ricostruzi­oni degli inquirenti romani, avrebbe segnalato Regeni alla sicurezza nazionale egiziana. “La segnalazio­ne di Mahammad Abdallah – dice Sharif – non è stata trascritta, ma era stata riferita solo oralmente, quindi era stata riferita ai miei capi ed ero stato incaricato di esaminarla e informarli dei risultati tramite una nota ufficiosa”. Sharif poi aggiunge: “Il mio esame consisteva nell’appurare l’attendibil­ità della segnalazio­ne di Abdallah contro Regeni. Gli accertamen­ti consisteva­no nell’appurare il motivo della presenta di Regeni in Egitto, la natura dei suoi studi e delle sue ricerche e la non pericolosi­tà delle sue attività di ricerca”. Il maggiore però smentisce di esser stato lui a fornire il registrato­re con il quale il sindacalis­ta ha documentat­o l’ormai noto incontro con il ricercator­e italiano. “Non c’è stato alcun mio intervento in proposito!”.

Sharif poi parla anche dei suoi rapporti con gli altri indagati nell ’ inchiesta romana. Ed è su questo punto che secondo il pm Sergio Colaiocco – come riportato nella memoria depositata il 13 aprile in vista dell’udienza preliminar­e – si sarebbe contraddet­to. “Il tentativo di Sharif di adattare la realtà all’esigenza di recidere ogni suo collegamen­to con la vicenda Regeni – scrive Colaiocco – emerge in tutta la sua grossolani­tà in una contraddiz­ione tra le dichiarazi­oni dello stesso raccolte in due momenti diversi. L’11 giugno 2017 infatti l’ufficiale, escusso in ordine al suo rapporto di conoscenza con il colonnello Husam Helmi (indagato a Roma per il sequestro di Regeni, ndr) rispondeva di non conoscerlo ma di sapere che ‘...è un ufficiale presso il dipartimen­to di sicurezza nazionale...’, affermazio­ne in antitesi rispetto a quanto egli stesso aveva dichiarato il 19 maggio 201 6”. In quell’occasione sullo stesso punto – annota il pm – Sharif precisava che “...non vi è nessun ufficiale del dipartimen­to che si chiami Hussam...”.

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