Il Fatto Quotidiano

La Superlega del calcio frana su Agnelli (e Rep)

PALLONATE Vendette Ora Italia e Spagna nel mirino Uefa

- » Carlo Di Foggia e Lorenzo Vendemiale

■ L’ideona del campionato privato tra big tramonta nella notte assieme ai sogni di Pérez (Real Madrid) e della Juve. Il giornale di casa Fiat lascia in prima pagina l’intervista trionfante al cugino del suo editore

Si sono addormenta­ti da padroni del calcio. Si sono risvegliat­i da zimbelli d’europa. La Juventus, le milanesi, tutte le 12 ribelli, ma soprattutt­o Andrea Agnelli, grande artefice della Superlega insieme a Florentino Pérez del Real Madrid, vero sconfitto del suo naufragio. Il sogno del campionato dei ricchi si è sbriciolat­o in una notte. Hanno disprezzat­o i tifosi, trascurato Francia e Germania (Paesi che qualche peso in Europa ce l’hanno). Hanno sottovalut­ato la volubilità dei governi, pronti a cavalcare il malcontent­o popolare: il premier britannico Boris Johnson è stato il più risoluto a opporsi e con le sue minacce ha fatto battere in ritirata i club inglesi. Negli ambienti sportivi filtra invece che Mario Draghi, che conosce bene il presidente del Milan, Paolo Scaroni, fosse stato messo al corrente del progetto prima dell’annuncio, lasciando intendere la neutralità del governo, salvo poi dichiarars­i contrario quando la situazione è precipitat­a (Palazzo Chigi non conferma). Hanno sbagliato tutto.

NON È SOLO la figuraccia mondiale di una Lega lanciata in pompa magna e sciolta nel giro di 48 ore. C’è anche il tradimento, l’aver tramato alle spalle dei colleghi, in certi casi amici. Aver tentato, di fatto, di ammazzare gli altri per salvare se stessi, perché questo significav­a la Superlega: uccidere coppe e campionati per ripagare i debiti miliardari delle big. Sarebbe troppo facile ora cavarsela chiedendo scusa. Vale per tutti i congiurati, ma non tutti si sono esposti allo stesso modo. Prendiamo le italiane, l’inter ad esempio: ha una proprietà ormai talmente distante che quasi non esiste, come si fa a prendersel­a con un fantasma. Qualche problema in più potrebbe averlo Beppe Marotta, dirigente in carne e ossa, che rappresent­a la Serie A in Federcalci­o: Cairo ha già chiesto le sue dimissioni. Il Milan, invece, pure nel comunicato finale ha rivendicat­o il progetto. Non è un caso: l’ad Gazidis era tra i suoi promotori e potrebbe essere il capro espiatorio in casa rossonera. Ma i veri colpevoli restano altri: la Juve e il Real Madrid, Agnelli e Florentino.

La resa dei conti sarà sia in Europa che in Italia, ma non sommaria. I dissidenti non saranno puniti: “Non si sanziona un’idea”, ha spiegato il presidente della Figc, Gabriele Gravina. Al massimo nel prossimo consiglio potrebbero essere inasprite le norme sull’obbligo di partecipaz­ione ai torneiuefa per iscriversi al campionato, in modo da blindare la “costituzio­ne” e prevenire colpi di Stato in futuro. Anche il n. 1 della Uefa, Aleksander Ceferin, ha subito vestito i panni del padre misericord­ioso che riaccoglie il figliol prodigo. Lauefa non può permetters­i una guerra con i top club. Lo sloveno si incattivis­ce solo se parla di Agnelli: “La delusione più grande”.

Fino a ieri era un collega stimato, un amico: aveva fatto da padrino al battesimo di sua figlia. Agnelli era il patron più influente d’europa, a capo dell’eCA, la potente associazio­ne dei club, e nell’esecutivo Uefa. Non c’era decisione che si prendesse senza il suo parere. Si è dimesso da tutto per la Superlega e ora resta con un pugno di mosche in mano, in un momento decisivo. La Uefa si siederà a trattare, su come distribuir­e poltrone e risorse (specie se arriverann­o per la nuova Champions i miliardi dei fondi d’investimen­to Usa, la mossa per rispondere alla Superlega). Solo che al tavolo ci andrà qualcun altro: passeranno all’incasso Francia e Germania, che sono rimasti leali, l’inghilterr­a, che ha fatto saltare il banco. Gli emarginati saranno Italia e Spagna.

E che dire della Serie A: ci vorrà una faccia di bronzo per presentars­i alla prossima assemblea, ma quella se non altro ad Agnelli non è mai mancata. Solo che qui l’accusa è circostanz­iata. Agnelli è stato uno dei grandi promotori dell’ope

razione “Project goal”, la cessione del 10% della media company del campionato al fondo Cvc per 1,7 miliardi, cifra che avrebbe risolto i problemi di tanti presidenti. Era nella commission­e ristretta che ha negoziato coi fondi e poi ha fatto saltare la trattativa quando ha scoperto che il contratto prevedeva un vincolo di permanenza nel torneo. Col senno di poi, è facile pensar male. In Europa come in Italia, nessuno gli farà più sconti. Per la Superlega ha compromess­o rapporti di lavoro e personali, gente legata agli Agnelli che ora pensa e dice tutto il peggio possibile del nipote dell’avvocato. Ha perso poltrone, amici, potere, credibilit­à. Gli resta la Juve. Per ora.

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