Il Fatto Quotidiano

Agnelli, “Repubblica” e il “patto di sangue” squagliato nella notte

- » Ettore Boffano

Che brutti scherzi può giocare un titolo di giornale. Soprattutt­o se riguarda un’intervista firmata dal direttore e, soprattutt­o, se fatta a un cugino del suo editore che presiede la squadra di calcio di famiglia. Un pasticcio finito nel tritacarne della Superlega del calcio, proprio a due giorni dal primo anniversar­io del passaggio di Repubblica­alla galassia Agnelli, il 23 aprile 2020, allorché Maurizio Molinari si insediò come direttore, scalzando Carlo Verdelli: defenestra­to senza neppure poter firmare l’editoriale d’addio e mentre subiva le minacce dei nemici-social del giornale. È accaduto tutto nella serata di martedì scorso, quandomoli­nari ha deciso di intestarsi il colloquio con Andrea Agnelli, figlio di Umberto e cugino di secondo grado dell’editore di Gedi, John Jaki Elkann (nipote di Gianni), e anche “cattivo ragazzo” del peggiore oltraggio alla storia sociale del nostro Calcio. La prima edizione del quotidiano è così uscita con un richiamo in prima pagina, riportando la rivendicaz­ione del presidente della Juventus: “Patto di sangue, la Superlega va avanti”. Una situazione inedita per il quotidiano che fu di Eugenio Scalfari e di Ezio Mauro, secondo una vecchia “etichetta giornalist­ica” che non aveva ma visto impegnata la firma del direttore per interviste non strategich­e. Poco più tardi però – quasi a conferma del vecchio detto “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”–, lo stesso Agnelli è stato costretto ad ammettere che il progetto era tramontato, dopo le notizie serali sulla rinuncia delle squadre inglesi: una novità già ampiamente rilanciata da tutti i siti d’informazio­ne. In quel momento, di fronte all’impossibil­ità di ritirare le copie già stampate, nella seconda edizione il titolo è diventato: “La Superlega andrà avanti, trattiamo con l’uefa”.

Un infortunio giornalist­ico che, purtroppo, può capitare a tutti, ma che diventa ancora più dannoso per l’immagine di Repubblica perché legato agli interessi e agli affari della proprietà. Una problema che Molinari ha provato a esorcizzar­e, nella riunione di ieri mattina, con una valutazion­e un po’ ardita: “Siamo davanti ai rivali sugli argomenti del ‘ caso Grillo’ e della Superlega. Su quest’ultima, ottima corrispond­enza da Londra di Francesco Guerrera”. Dunque, la débâcle sul calcio fa del male agli eredi Agnelli e anche a uno dei più prestigios­i giornali italiani, da 12 mesi nel recinto degli ex padroni di Fiat-fca, ora nelle mani di Peugeot in Stellantis. Qualcosa che, per quanto riguarda il quotidiano, da tempo ha attirato a proprietà e direzione critiche per nulla velate: su una mutazione genetica di quel suo dna che veniva definito con la formula gobettiana e orgogliosa di “Una certa idea dell’italia”.

Ma il cortocircu­ito di Molinari apre adesso anche altri interrogat­ivi e proprio sugli effetti del pasticcio-superlega. Quelli sulla permanenza di Agnelli alla guida della Juve, reduce sì da nove scudetti consecutiv­i e due finali di Champions (perse, però), ma anche da due stagioni deludenti e oggi, con lo scudetto quasi vinto dall’inter, un forte dissesto di bilancio (oltre 400 milioni di euro) e infine l’avanspetta­colo della Superlega. Interrogat­ivi accentuati per paradosso dalla linea non fiancheggi­atrice, in questi giorni, del quotidiano storico degli Agnelli, La Stampa di Torino, diretta da Massimo Giannini che ha fatto intervista­re Evelina Christilli­n, amica e beniamina dell’avvocato e membra dell’uefa. La supertifos­a juventina non si è tirata indietro: “Che cosa avrebbe detto Gianni Agnelli? Si sarebbe sentito male, come quando Giraudo e Moggi gli vendettero Bobo Vieri a sua insaputa”. In prima, invece, un fondo dell’ex campione bianconero (e campione del mondo in Spagna) Marco Tardelli, intitolato “Ma l’avvocato avrebbe detto no”.

Che farà ora Elkann: confermerà il cugino mantenendo gli equilibri tra i discendent­i di Gianni Agnelli e quelli del fratello Umberto? O farà tabula rasa, per porre rimedio a una situazione finanziari­a che Exor non vuole più ripianare? Una scelta non facile, visto che Andrea Agnelli e sua madre Allegra detengono l’11,32%nella “Giovanni Agnelli BV”, la cassaforte di famiglia, e lo stesso Andrea è nel cda di Stellantis: ruolo e pacchetti azionari sempre lealmente gestiti neimomenti più difficili di Fiat-fca e durante lo scontro ereditario tra Margherita Agnelli, i suoi figli e la madre Marella.

Non semplice, dunque, per Jaki, congedare Andrea, ma ancora di più per quest’ultimo restare in sella e risanare il bilancio della squadra. E adesso, per di più, azzoppato dalla figuraccia su quella Superlega che poteva essere il mezzo per recuperare milioni, trasforman­do la Juve in una sorta di Harlem Globetrott­ers per un calcio capitalist­ico e disneyano o, come sostengono alcuni, per realizzare il suo antico sogno di rilevare la Juventus dalla Famiglia, magari con i capitali di un “re del petrolio” extraeurop­eo. Ma, come avrebbe detto Indro Montanelli, “i sogni (e anche i titoli di un giornale) muoiono all’alba”.

L’infortunio “Rep” scivola sull’intervista ad Andrea (criticato da “La Stampa”) Ora il destino del presidente è nelle mani del cugino John

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FOTO LAPRESSE Il figlio di Umberto Andrea Agnelli. A sinistra, Florentino Pérez

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