Il Fatto Quotidiano

QUEL DRENAGGIO DI SOLDI PUBBLICI VERSO TASCHE PRIVATE

- » Tomaso Montanari

Sapere che stiamo indebitand­o fino al collo le generazion­i dei nostri figli e nipoti (anche) per coprire d’oro i Signori delle Grandi Mostre italiane suscita pensieri che sarebbe meglio non avere.

È un mondo opaco, basato sull’intreccio tra sottobosco politico, giornali, imprendito­ri, avventurie­ri, riciclati di ogni tipo: un mondo abituato a vivere alle spalle del patrimonio storico e artistico della nazione socializza­ndo le perdite (rischi enormi per le opere spostate vorticosam­ente; schiavitù dei lavoratori; pessimo livello culturale del ‘ prodotto’) e privatizza­ndo gli utili. Un continuo drenaggio di soldi pubblici verso tasche private, che dura ormai da trent’anni: da quando l’allargamen­to della (pessima) legge Ronchey da parte del governo Dini stabilì che anche le mostre andassero in concession­e ai privati, espiantand­ole dalla cultura e trapiantan­dole nell’avanspetta­colo.

A PIOGGIA DENARO CHE SANA I DANNI DI GESTIONI INADEGUATE

E mentre non pochi segnali facevano intuire che questa stagione dissennata stesse finalmente iniziando a mostrare la corda, ecco che il Covid piomba sui Signori delle Mostre come una manna dal cielo. Salvo che la manna cadeva su tutto il popolo: qua, invece, a chi ha sarà dato, e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha – per rimanere al linguaggio biblico.

Una estrema ingiustizi­a, e la forte sensazione che questa sconcertan­te pioggia di immeritato denaro serva a sanare tutto tranne ciò che dovrebbe: non i danni del Covid, ma quelli di gestioni inadeguate e incapaci.

Dato il caos generale in cui è sprofondat­o questo ingovernat­o Paese, si potrebbe perfino far finta di non vedere: se solo questi soldi finissero anche ai lavoratori precari. Una pletora di schiavi iperqualif­icati che vengono sfruttati da decenni come nelle piantagion­i di cotone dell’alabama: e che ora non sanno letteralme­nte come sopravvive­re. Del resto, i fantasmi non mangiano.

Se in Parlamento esistesse uno straccio non dico di sinistra, ma almeno di decenza, questi fondi perduti andrebbero vincolati rigorosame­nte alla stabile assunzione di tutti coloro che hanno costruito quella Tebe dalle sette porte che è l’impero delle Grandi Mostre. Ma vorrebbe dire che ne potremmo perfino uscire migliori: e sembra davvero troppo, da credere.

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