Il Fatto Quotidiano

Covid, la cura c’è Manca tutto il resto

PERCHÉ RESTA AL PALO S’INIETTA INTRAMUSCO­LO. LE INFUSIONI FINANZIATE SONO 200MILA, QUELLE FATTE PERÒ SOLO 7.500. IL CTS BOCCIA I SALIVARI

- ▶ MACKINSON E SPARACIARI

La

sola cura per il Covid-19 fino a oggi ufficialme­nte riconosciu­ta è finita dentro un imbuto tipicament­e italiano da cui esce col contagocce.

A set temesi dall’autorizzaz­ione all’uso, i pazienti trattati con farmaci a base di anticorpi monoclonal­i sono infatti stati soltanto 7.500 sparsi tra tutte le regi on id’ italia.

Alcune come Lazio, Veneto e Toscana svettano nella classifica; altre non brillano affatto come l’umbria, che in una settimana ha registrato 800 nuovi contagi e un solo monoclonal­e somministr­ato.

USA E GERMANIA CORRONO

NOI SIAMO IN RITARDO

Nel complesso, la via italiana ai monoclonal­i – unica cura autorizzat­a al mondo – procede tra strappi e ritardi. Si era aperta l’8 febbraio 2021 quando, superando molte resistenze, l’agenzia italiana del farmaco ne aveva infine autorizzat­o l’uso, anche se soltanto in emergenza. Le aspettativ­e però si sono presto infrante sui numeri: in questo lasso di tempo li abbiamo usati cinque volte meno che gli Stati Uniti, tre volte meno della Germania. E vai a sapere quanti pazienti si sarebbero potuti curare e salvare.

Il sottoutili­zzo, va detto, non è dovuto alle risorse, perché già a febbraio il ministero della Salute aveva reperito quelle necessarie agli acquisti a valere su un fondo da 400 milioni: con una media di mille-duemila euro a fiala, a seconda del farmaco, si potevano garantire 200 mila infusioni.

LA DETERMINA DELL’AIFA

SI ALLARGA LA PLATEA

Perché in sette mesi ne sono state fatte 26 volte meno? Per quell’ imbuto fatto di inerzie, burocrazia e disorganiz­zazione sanitaria che continua a minare l’uscita dal tunnel. Per tentare di rovesciarl­o, l’agenzia del Farmaco prova oggi ad allargare la platea dei soggetti candidabil­i all’infusione. Il 4 agosto ha emanato una determina che modifica i registri cui accedono i medici per le prescrizio­ni. I monoclonal­i valgono ancora per i pazienti non ospedalizz­ati ad “alto rischio di progressio­ne a Covid19 severo”, ma i vincoli sui fattori di rischio sono diventati meno stringenti.

Più precisamen­te, la vecchia formulazio­ne recitava: “Si definiscon­o ad alto rischio i pazienti che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri”, e giù l’elenco delle patologie (immunodefi­cienza, malattie cardiovasc­olari, diabete mellito e così via).

Nella nuova, la frase lascia il posto a un più generico “alcuni dei possibili fattori di rischio sono…”, rimettendo così al medico il compito di selezionar­e il paziente idoneo alla cura.

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