Rixi Il sogno della Liguria, il pallino Infrastrutture e l’incubo “spese pazze”
Il suo sogno è la presidenza della Liguria o il ministero delle Infrastrutture. Ma tra Edoardo Rixi e la consacrazione politica c’è sempre stato un ostacolo insormontabile. Due parole: “spese pazze”. Quell’inchiesta a Genova per peculato e falso è sempre stata il suo incubo. Perché per due volte ha messo una pietra sui suoi sogni di gloria. La prima, nel 2016: dopo due anni da vicesegretario della Lega con Riccardo Molinari, arrivò il rinvio a giudizio a Genova per le “spese pazze” da consigliere regionale in Liguria. Salvini non ci pensò un attimo: fuori Rixi e Molinari (anche lui a processo in Piemonte), dentro Giorgetti e Crippa. Ma Rixi fu subito ricompensato con un posto da responsabile Trasporti. Bossiano senza mai amare Bossi, a Genova ricordano le sue battaglie di gioventù: no a moschee, campi nomadi e case popolari agli immigrati. Ma non ha mai avuto i toni celoduristi del Senatùr. Tant’è che appena può sale sul carro di Salvini e oggi è considerato uno dei volti “istituzionali” della Lega, con ottimi rapporti con gli imprenditori del nord: si batte per Tav, ponte sullo Stretto e Terzo Valico. Nel 2019 quel processo tornerà a tarpare le ali a Rixi: condannato in primo grado a 3 anni e 5 mesi, deve dimettersi da viceministro ai Trasporti. I giudici lo condannano perché, come capogruppo in Regione, si sarebbe “appropriato” di 36 mila euro tra il 2010 e il 2012 “non pertinenti all’attività politica” e in prima persona avrebbe speso 19 mila euro tra ristoranti, bar, hotel e anche un viaggio “per versare nella laguna veneta l’acqua del Po”. A marzo, però, la Corte di Appello di Genova ribalta tutto: Rixi e gli altri 18 consiglieri vengono assolti perché il fatto non sussiste. Le “spese pazze” erano lecite in assenza di “parametri predeterminati dalla legge” in grado di stabilire la pertinenza con l’attività politica dei gruppi. A mettere la parola fine sarà la Cassazione. Ma nel frattempo Rixi esulta e oggi chiede un risarcimento. Sul Fatto , il 12 agosto, è stato tra i primi nella Lega a mollare Durigon: “La sua uscita non la condivido ed è incomprensibile”. Ora potrebbe prendere il suo posto.