Bitonci Riecco lo sceriffo di Padova, tutto ronde e pistole (finito dal notaio)
Appena eletto sindaco di Padova, l’endorsement arrivò dallo “sceriffo” per eccellenza della Lega Nord, Giancarlo Gentilini da Treviso: “In Bitonci rivedo tutto me stesso”. Il perché è presto detto: da sindaco di Cittadella e poi di Padova, Massimo Bitonci è diventato famoso per le sue uscite anti-immigrati e le sue ordinanze creative che hanno ispirato i “decreti Sicurezza” di Matteo Salvini. Gli archivi delle cronache locali sono pieni di “sboronate” bitonciane: nel 2007 emanò l’ordinanza “a nti-sbandati” che vietava l’iscrizione all’anagrafe comunale per chi non avesse dimostrato un’entrata minima di 5 mila euro; poi arrivarono le ronde notturne con 50 volontari; niente licenze per i ristoranti di kebab. Ma Bitonci non si fermava agli atti amministrativi: voleva anche dare l’esempio, fisicamente. Nel 2016 si presentò con i cani “anti-droga” nelle cucine delle mense per poveri per verificare se le suore osassero dare da mangiare anche ai “clandestini”. Dopo ogni spacconata, piovevano contro di lui le accuse di razzismo. Ma Bitonci niente, andava avanti come se niente fosse. Fu fotografato anche mentre puntava il dito contro il campanello di una casa dove era stato accolto un profugo e nel 2016 annunciò di aver preso il porto d’armi: andava a sparare al poligono perché “come sindaco sono esposto a rischi”. Gentilini si fermava alla pistola giocattolo.
La notte dell’11 novembre 2016, esausti dal suo modo di governare, 17 consiglieri comunali, di cui due forzisti, si presentano dal notaio per dimettersi e farlo cadere. Lui grida alla “congiura” e si ricandida, ma Padova passa al centrosinistra. Così lui, salviniano della prima ora, prova a sbarcare il lunario a Roma: durante il Conte-1 è stato sottosegretario al Mef. Sarebbe un ritorno, dopo Durigon. Ma a frenare le sue ambizioni sono i suoi pessimi rapporti con Luca Zaia che non ha mai amato le sue uscite al limite del razzismo. Nel 2014 Bitonci in Senato si rivolse così alla ministra Kyenge: “Lei non sa cos’è l’integrazione, vuole favorire la negritudine come in Francia, ma noi possiamo farne a meno”. Tra poche ore potrebbe gestire i conti pubblici italiani.