EUTANASIA: I RADICALI OSTINATI CONTRO IL MURO DELL’UFFICIO COMPLICAZIONI
“Ho firmato perché oggi, senza una legge che la regolamenti l’eutanasia non è un diritto accessibile a tutti. Ho firmato perché sia libero di scegliere anche chi non può permettersi di raggiungere Paesi dove l’eutanasia è legale. Firmare per promuovere questo referendum, comunque la si pensi, è un atto di rispetto per la vita e per il prossimo”: così si è espresso Roberto Saviano dopo aver firmato per il referendum sulla legalizzazione dell’eutanasia legale. Quello che bisogna aggiungere a queste giuste parole è che senza l’ostinazione di Marco Cappato tutto questo non sarebbe mai stato possibile. Esponente radicale e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Cappato è uno di quelli che, quando crede in qualcosa, non sopporta i tempi biblici e la prolissità ipocrita della politica. La fibra da attivista gli ha permesso di non indulgere mai ai meccanismi dell’ “Ufficio complicazione Affari semplici” in cui spesso s’incagliano le buoni intenzioni di chi entra in politica. Nell’attesa che il Parlamento trovasse il coraggio di pronunciarsi, Cappato gli ha offerto continui spunti d’ispirazione per riaprire il dibattito in Aula, assistendo malati terminali che sceglievano la morte assistita e affrontando a testa alta le vicende giudiziarie che ne conseguivano. Giacché anche questo non è stato sufficiente, l’ex parlamentare si è armato di pazienza e ha organizzato una raccolta firme estiva per richiedere un referendum d’iniziativa popolare sulla legalizzazione dell’eutanasia legale. Proprio questa settimana, Cappato e l’associazione Luca Coscioni hanno raggiunto l’insperata soglia delle 750mila firme, evitando così che eventuali errori nella raccolta possano rallentare il processo. La raccolta delle firme continuerà per tutto settembre, ma se già a questo punto non esistono più alibi di sorta è grazie a chi non si rassegna a mollare. Costi quel che costi. Voto: 10
GRAZIE MARCO.
BUONE INTENZIONI CON DATA DI SCADENZA. Ci sono realtà che appaiono evidenti, ma che assumono un valore diverso se constatate da chi conosce la materia per esperienza diretta. È per questo che le parole di Henry Kissinger inchiodano ancor più gli Stati Uniti alle loro responsabilità: “Ci siamo persuasi che l’unico modo per impedire il ritorno delle basi terroristiche nel Paese era quello di trasformare l’afghanistan in uno Stato moderno, dotato di istituzioni democratiche e di un governo insediato su base costituzionale”, ma “una tale impresa non poteva prevedere un calendario certo, conciliabile con i processi politici americani”. Se a parlare in questo modo è l’ex Segretario di Stato ed ex consigliere per la sicurezza nazionale che si occupò della risoluzione del conflitto in Vietnam, appare evidente come nessun politico dotato di buonsenso potesse davvero credere di aver sconfitto il terrorismo in una manciata di anni, né soprattutto potesse non sapere che se si sveglia il can che dorme e poi si fa per andarsene, il cane, molto probabilmente, finirà per morderti. Voto: 6