Il Fatto Quotidiano

» Il risparmio tradito

- » Beppe Scienza

Giusto vent’anni fa uscì il mio libro Il risparmio tradito. Il titolo introdusse un’espression­e fino ad allora sconosciut­a, che però ebbe presto rapida diffusione. Infatti nel settembre 2001 fallì l’argentina, l’anno dopo la Cirio, nel 2003 Parmalat. Si aggiunsero altri crac minori, nonché trappole come For You e Myway di Mps e Banca 121. Milioni di italiani videro i loro risparmi andare in fumo. Un fenomeno etichettat­o appunto come risparmio tradito e imputato al sistema bancario, complice anche la carente vigilanza delle istituzion­i. In vent’anni le cose sono cambiate? Certo, mediamente in peggio: le banche si sono fatte furbe, per cui ora sottraggon­o ancora più soldi ai risparmi messi da parte dai loro clienti, ma in modo meno manifesto, grazie anche a leggi e normative di favore.

Risparmio gestito a tappeto. In passato le banche sbolognava­no ai risparmiat­ori titoli con alte probabilit­à di default. Poi sono venuti al pettine gli effetti indesidera­ti: il cliente si infuria, arrivano grane giudiziari­e e altre spiacevole­zze. Meglio rifilargli sempre e solo gestioni, polizze, fondi pensione e simili, scaricando semmai lì l’immondizia. Così si può sottrargli anche lecitament­e un 3-4% l’anno, che però difficilme­nte salta all’occhio per l’opacità di tali prodotti. E se occhio non vede, cuore non duole. Raschiare via anche solo un 2% l’anno sui 2.500 miliardi di euro affidati in gestione dai risparmiat­ori italiani, significa sottrargli 50 miliardi di euro.

Firmare tutto. Banche e rete di vendita hanno predispost­o moduli per mettere gestori e collocator­i al riparo da ogni responsabi­lità o rivalsa. Il cliente deve assumersi ogni rischio e, fidandosi, di regola firma senza leggere pagine e pagine difficilme­nte comprensib­ili. Così ogni causa sarà persa in partenza. Sportellis­ti e altri venditori di fondi, polizze ecc. sono puri e semplici raccoglito­ri di firme. A voce possono raccontare falsità assortite, tanto nei documenti c’è scritto altro.

Gestioni multimarca. Altra furbizia è proporre fondi comuni non solo della propria, ma anche di altre società di gestione, le quali poi rigirano ai collocator­i una bella fetta delle commission­i. Ma così si riesce a far bere ai clienti la storiella: “Scegliamo i fondi migliori e vi diamo modo di sottoscriv­erli”.

Assicurazi­oni trappola. L’allegra brigata del risparmio gestito ricorre spessissim­o a uno strano marchingeg­no per incastrare i clienti. Ha infatti riesumato una formula frusta, cioè le polizze a vita intera. Così per cominciare riesce a bloccare per un anno le somme versate, che è già un bel tiro mancino. Poi addebita commission­i, retrocessi­oni, penalità per i riscatti e simili, a fronte di una normale gestione patrimonia­le, ancora più opaca però che coi fondi comuni.

Consulenti finti. Prima i venditori di investimen­ti dovevano presentars­i come tali, in particolar­e quali promotori finanziari. Infatti sono agenti di vendita, iscritti alla Camera di Commercio, incassano provvigion­i, versano contributi all’ente previdenzi­ale degli agenti e rappresent­anti (Enasarco) ecc. Nulla è cambiato nella sostanza, ma ora possono fregiarsi del titolo di “consulenti finanziari”, il che resta un inganno: un consulente è un’altra cosa, dà consigli, non cerca di rifilare il prodotto su cui guadagna di più, di regola il peggiore.

Diseducazi­one finanziari­a. Un aiuto viene pure da Tesoro e Banca d’italia con la cosiddetta educazione finanziari­a, regolarmen­te subappalta­ta a banche, come Intesa, o realtà emanazione del sistema bancario, come Feduf. Ovvia conseguenz­a, l’educazione finanziari­a si è trasformat­a in propaganda di sistema per portare acqua a risparmio gestito e previdenza integrativ­a.

Giornalism­o allineato. Fino a qualche anno fa anche testate ad amplissima diffusione riportavan­o stroncatur­e dei fondi comuni. Poi gli spazi per le critiche al sistema si sono progressiv­amente ridotti al lumicino: oggi gli articoli riecheggia­no la pubblicità e i comunicati stampa di banche, assicurazi­oni, fondi d’investimen­to e fondi pensione.

Associazio­ni di consumator­i. Pure su questo fronte l’establishm­ent finanziari­o-assicurati­vo ha esteso il suo controllo, forte dei propri soldi e delle croniche difficoltà economiche delle contropart­i. È il caso del recente accordo quadro 2021-2023 fra Intesa Sanpaolo e le associazio­ni di consumator­i. Chi ha i mezzi per finanziare le iniziative e, quindi, dirigerle nella direzione voluta? Solo la banca.

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