Il Fatto Quotidiano

Il cinema a Venezia: gli occhi su Dieguito modello Sorrentino

LA MOSTRA Il nuovo film del premio Oscar, “È stata la mano di Dio”, è dato in corsa per l’academy. Attesa per “Freaks Out” di Mainetti. Dubbi per il premio a Benigni

- » Federico Pontiggia FOTO ANSA

Ciak, si Mostra. Da domani 1° settembre fino all’11, va in scena il 78. Festival di Venezia, diretto da Alberto Barbera su mandato della Biennale presieduta da Roberto Cicutto. Tra omaggi e sfide, stelle planetarie e contromisu­re pandemiche (su tutte, il

Green Pass incorporat­o nell’accredito), non mancano i motivi di interesse, e la speranza: saprà la Mostra far ripartire un botteghino ancora non esaltante? PAOLO SORRENTINO L’italiano più atteso, che torna al Lido a vent ’anni dall’esordio L’uomo

in più, profezia avverata di quel che sarebbe diventato nel nostro cinema. Voltaggio autobiogra­fico, formato familiare anche nella fattura (le luci sono della cognata Daria D’antonio),

È stata la mano di Dio preferisce dirsi all’inglese, The Hand of

God, giacché il suo destino è segnato: correre agli Oscar, dove ha vinto nel 2014 con La grande

bellezza. Targato Netflix, uscirà in cinema selezionat­i il 24 novembre, per approdare sul servizio streaming il 15 dicembre: timing da Academy. La campagna d’america è già partita, l’attrice Jessica Chastain – a Venezia con la serie Scenes from a

Marriage – ha visto il film e lodato Paolo, “is the Fellini of our time”, ma È stata la mano di

Dio, che pure potrebbe competere senza imprimatur nazionale, sarà il candidato italiano agli Oscar? L’altro papabile èfreaks

Out di Gabriele Mainetti.

LORENZO MIELI VS. RAI CINEMA

Cinque gli italiani in Concorso, tre quelli prodotti da Rai Cinema, Freaks Out, Qui rido io di Mario Martone e Il buco di Michelange­lo Frammartin­o, due quelli tenuti a battesimo da The Apartment di Lorenzo Mieli, È

stata la mano di Dio e America Latina dei Fratelli D’innocenzo. In giuria siede Saverio Costanzo, già partner di Mieli nella società Wildside, che produce con The Apartment e Fandango la serie L’amica geniale.

ROBERTO BENIGNI

Domani sera in apertura di festival riceverà il Leone d’oro alla carriera. Il 14 settembre ricorre il settecente­simo anniversar­io della morte di Dante, di cui è tra i massimi cantori/divulgator­i, levatura artistica e caratura internazio­nale non si discutono, perplessit­à desta invece la scelta della Mostra di insignire Benigni quale regista (l’altro Leone alla carriera destinato da regolament­o a un interprete va a Jamie Lee Curtis), giacché la sua ultima prova, peraltro non esaltante, risale a sedici anni fa: La

tigre e la neve, 2005.

ALICE ROHRWACHER

In un’edizione senza registe italiane in Concorso – Laura Bispuri è in Orizzonti con Il paradiso del

pavone, Wilma Labate a Orizzonti Extra con La ragazza ha

volato – la più riconosciu­ta (allori a Cannes per Le meraviglie elazzaro felice) internazio­nalmente, Alice Rohrwacher, riceverà domenica 5 il Premio Bresson di Fondazione Ente dello Spettacolo e Rivista del Cinematogr­afo, con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e del Dicastero per la Comunicazi­one della Santa Sede.

STAR

Le stelle non stanno a guardare, anche se sarà impossibil­e ricambiare il favore, causa muro anti-assembrame­nti davanti al red carpet. Attesi Kristen Stewart, Matt Damon, Penelope Cruz, Javier Bardem, Antonio Banderas, Timothée Chalamet, Isabelle Huppert, Oscar Isaac, Jessica Chastain, Zendaya, Jason Momoa, Rebecca Ferguson, Jamie Lee Curtis, Kirsten Dunst, Vincent Lindon, Tim Roth, Adam Driver, Olivia Colman, Dakota Johnson, Anya Taylor-joy.

AFGHANISTA­N

Un panel sulla situazione dei registi e degli artisti afghani è in programma il 4 settembre: parteciper­à la regista Sahraa Karimi, prima presidente donna dell’afghan Film Organisati­on.

PIETRO COCCIA

Domani l’omaggio di Antonello Sarno a Pietro Coccia, il fotografo del cinema italiano scomparso tre anni fa: il cortometra­ggio Pietro il Gran

de lo ricorda con quattrocen­to scatti accompagna­ti da otto colonne sonore.

SCANDALO

Se gli scandali al cinema sono come i capolavori una specie in via d’estinzione, Venezia ci prova con il francese Les

choses humaines, diretto da Yvan Attal. Nel cast la compagna Charlotte Gainsbourg e il figlio Ben, mette al centro un’accusa di stupro che distrugge l’armonia familiare e avvia la macchina mediatico-giudiziari­a: “Il potere degli uomini e il suo abuso, la cecità del desiderio maschile e le sue conseguenz­e devastanti, la cultura dello stupro, l’area grigia del consenso, i social media, la giustizia repubblica­na e il tribunale popolare che condanna senza lasciare spazio alla difesa e conduce al linciaggio. La sfida – premette Attal – è nella possibilit­à di realizzare un film che non sia manicheo, senza che ciò possa essere interpreta­to come un tradimento della causa delle donne/vittime”. Già, e il #Metoo?

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Occhi puntati Una delle immagini di “È stata la mano di Dio” di Sorrentino
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