Il Fatto Quotidiano

• Corlazzoli Scuola o caserma

- ALEX CORLAZZOLI

“Maestro, ma la mascherina dobbiamo portarla sempre? Dobbiamo stare ancora con i banchi divisi? Almeno all’inter vallo possiamo giocare insieme? Ma tu ce l’hai il Green pass?”. Tra meno di 15 giorni, maestri e professori, il primo giorno di scuola, si ritroveran­no a rispondere a queste domande.

Dopo un’estate trascorsa a giocare tutti insieme al parco comunale, all’oratorio, sulla spiaggia, a Gardaland in Italia o a Legoland in Danimarca, si torna nella scuola modello caserma.

Per tre mesi ci siamo tutti dimenticat­i del metro di distanza: gli adesivi a terra che ricordano di stare lontani gli uni dagli altri, negli aeroporti, nelle stazioni, sui mezzi pubblici, ai musei, nei parchi a tema, li abbiamo bellamente calpestati senza rispettarl­i e senza che vi fosse qualcuno a controllar­e, ma ora a scuola si torna a marciare solo sulla destra nei corridoi e a entrare e uscire dalle aule in maniera separata.

Non sarà nemmeno facile rispondere ai quesiti dei nostri alunni. Il primo “pressing ” sul maestro sarà quello già registrato negli ultimi mesi dello scorso anno scolastico: “Maestro, ti prego, possiamo unire i banchi?”.

In teoria no, ma il Comitato tecnico scientific­o e il ministero hanno detto ai presidi: fate come è possibile. Se si possono tenere le distanze è bene rispettare la regola; laddove l’aula fosse troppo stretta si può stare vicini. Toccherà a noi spiegare ai bambini perché in seconda A stanno tutti affettuosa­mente (per usare una parola cara al ministro Patrizio Bianchi) insieme e in seconda B si sta a un metro di distanza. E l’intervallo? I dieci minuti tanto agognati da ogni allievo per giocare tutti insieme come saranno quest’anno? Altra domanda difficile visto che nelle carte (il cosiddetto “Piano Scuola”) non è menzionato. Dobbiamo solo sperare nella bontà del preside (se deciderà lui qualcosa) o in quella dell’insegnante. Se qualcuno deciderà per la distanza anche a ricreazion­e si aspetti la domanda: “Scusa maestro, ma perché alle quattro, alla fine della scuola, possiamo giocare insieme e qui no?”.

Altra questione: la mascherina. C’era lo scorso anno. Ci sarà quest ’anno. Probabilme­nte le stesse malviste dai bambini e dalle loro famiglie. “Maestro, scusa, io sono stato in Islanda e lì a giugno non si portavano le mascherine nemmeno nei locali perché qui, nonostante siamo tutti vaccinati, le dobbiamo indossare?”. Nessuno di noi è Massimo Galli, ma l’unica risposta credibile da dare d un bambino potrà essere: “L’hanno deciso gli scienziati. Sono le regole, dobbiamo rispettarl­e”. L’accoglienz­a, il primo giorno di scuola, sarà un’altra volta dettata dalle norme: finestra aperta sempre anche d’inverno; disinfetta­re e lavare le mani spesso nonostante quest’estate sia potuto accadere che in un aeroporto internazio­nale come quello di Bergamo non vi fosse il sapone in bagno. Ancora più difficile alle medie dove chi frequenta la prima non avrà ancora il vaccino perché non ancora è possibile farlo mentre chi è in seconda o terza può aver già avuto la somministr­azione. Nel primo caso i professori dovranno, se possono, rispettare le regole del distanziam­ento; nel secondo, se i ragazzi saranno tutti vaccinati i banchi si potranno anche unire. Piccolo problema: l’insegnante, in teoria, non dovrebbe sapere chi ha fatto o meno l’iniezione.

Infine inevitabil­e la domanda: “Ma lei prof. ce l’ ha il G reen pass?”. L’interrogat­ivo arriverà dai più grandi nei confronti dell’antipatico docente di Latino nella speranza che stia presto a casa oppure sarà fatta dagli innocenti bambini della primaria che, meglio dei presidi (lo scrivo con sarcasmo), vigilerann­o sui loro maestri.

A tutti bisognerà spiegare una questione “burocratic­a” che gli alunni vivranno sulla loro pelle: il maestro senza “lasciapass­are” per quattro giorni starà a casa e al suo posto arriverà un supplente che starà in quella classe finché il primo non si sarà vaccinato o avrà fatto il tampone. L’anno scolastico 2020-2021 ricomincia come quello dello scorso anno. Ai nostri alunni più piccoli potremo dire che i bambini si ammalano molto meno degli adulti (“La mortalità tra 0 e 20 anni per Covid-19 corrispond­e a 0,17 per 100.000 abitanti, pari a un duecentesi­mo della mortalità totale stimata per tutte le cause in un anno normale”, secondo alcuni esperti), che il 90% dei loro insegnanti e bidelli sono vaccinati, che la scuola è sempre più sicura ma non si può ancora giocare insieme, abbracciar­si, dare una mano al compagno in difficoltà; avvicinars­i al maestro. Alla faccia dell’accoglienz­a e della didattica. Lo slogan di Bianchi da mesi è “stiamo lavorando a una scuola affettuosa in cui si impari ad avere affetto per gli altri”. Prima o poi il professore ferrarese ci dovrà spiegare il suo concetto di “affe tto”. Per ora, a noi maestri, in questa scuola caserma ci sfugge un po’.

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