• Corlazzoli Scuola o caserma
“Maestro, ma la mascherina dobbiamo portarla sempre? Dobbiamo stare ancora con i banchi divisi? Almeno all’inter vallo possiamo giocare insieme? Ma tu ce l’hai il Green pass?”. Tra meno di 15 giorni, maestri e professori, il primo giorno di scuola, si ritroveranno a rispondere a queste domande.
Dopo un’estate trascorsa a giocare tutti insieme al parco comunale, all’oratorio, sulla spiaggia, a Gardaland in Italia o a Legoland in Danimarca, si torna nella scuola modello caserma.
Per tre mesi ci siamo tutti dimenticati del metro di distanza: gli adesivi a terra che ricordano di stare lontani gli uni dagli altri, negli aeroporti, nelle stazioni, sui mezzi pubblici, ai musei, nei parchi a tema, li abbiamo bellamente calpestati senza rispettarli e senza che vi fosse qualcuno a controllare, ma ora a scuola si torna a marciare solo sulla destra nei corridoi e a entrare e uscire dalle aule in maniera separata.
Non sarà nemmeno facile rispondere ai quesiti dei nostri alunni. Il primo “pressing ” sul maestro sarà quello già registrato negli ultimi mesi dello scorso anno scolastico: “Maestro, ti prego, possiamo unire i banchi?”.
In teoria no, ma il Comitato tecnico scientifico e il ministero hanno detto ai presidi: fate come è possibile. Se si possono tenere le distanze è bene rispettare la regola; laddove l’aula fosse troppo stretta si può stare vicini. Toccherà a noi spiegare ai bambini perché in seconda A stanno tutti affettuosamente (per usare una parola cara al ministro Patrizio Bianchi) insieme e in seconda B si sta a un metro di distanza. E l’intervallo? I dieci minuti tanto agognati da ogni allievo per giocare tutti insieme come saranno quest’anno? Altra domanda difficile visto che nelle carte (il cosiddetto “Piano Scuola”) non è menzionato. Dobbiamo solo sperare nella bontà del preside (se deciderà lui qualcosa) o in quella dell’insegnante. Se qualcuno deciderà per la distanza anche a ricreazione si aspetti la domanda: “Scusa maestro, ma perché alle quattro, alla fine della scuola, possiamo giocare insieme e qui no?”.
Altra questione: la mascherina. C’era lo scorso anno. Ci sarà quest ’anno. Probabilmente le stesse malviste dai bambini e dalle loro famiglie. “Maestro, scusa, io sono stato in Islanda e lì a giugno non si portavano le mascherine nemmeno nei locali perché qui, nonostante siamo tutti vaccinati, le dobbiamo indossare?”. Nessuno di noi è Massimo Galli, ma l’unica risposta credibile da dare d un bambino potrà essere: “L’hanno deciso gli scienziati. Sono le regole, dobbiamo rispettarle”. L’accoglienza, il primo giorno di scuola, sarà un’altra volta dettata dalle norme: finestra aperta sempre anche d’inverno; disinfettare e lavare le mani spesso nonostante quest’estate sia potuto accadere che in un aeroporto internazionale come quello di Bergamo non vi fosse il sapone in bagno. Ancora più difficile alle medie dove chi frequenta la prima non avrà ancora il vaccino perché non ancora è possibile farlo mentre chi è in seconda o terza può aver già avuto la somministrazione. Nel primo caso i professori dovranno, se possono, rispettare le regole del distanziamento; nel secondo, se i ragazzi saranno tutti vaccinati i banchi si potranno anche unire. Piccolo problema: l’insegnante, in teoria, non dovrebbe sapere chi ha fatto o meno l’iniezione.
Infine inevitabile la domanda: “Ma lei prof. ce l’ ha il G reen pass?”. L’interrogativo arriverà dai più grandi nei confronti dell’antipatico docente di Latino nella speranza che stia presto a casa oppure sarà fatta dagli innocenti bambini della primaria che, meglio dei presidi (lo scrivo con sarcasmo), vigileranno sui loro maestri.
A tutti bisognerà spiegare una questione “burocratica” che gli alunni vivranno sulla loro pelle: il maestro senza “lasciapassare” per quattro giorni starà a casa e al suo posto arriverà un supplente che starà in quella classe finché il primo non si sarà vaccinato o avrà fatto il tampone. L’anno scolastico 2020-2021 ricomincia come quello dello scorso anno. Ai nostri alunni più piccoli potremo dire che i bambini si ammalano molto meno degli adulti (“La mortalità tra 0 e 20 anni per Covid-19 corrisponde a 0,17 per 100.000 abitanti, pari a un duecentesimo della mortalità totale stimata per tutte le cause in un anno normale”, secondo alcuni esperti), che il 90% dei loro insegnanti e bidelli sono vaccinati, che la scuola è sempre più sicura ma non si può ancora giocare insieme, abbracciarsi, dare una mano al compagno in difficoltà; avvicinarsi al maestro. Alla faccia dell’accoglienza e della didattica. Lo slogan di Bianchi da mesi è “stiamo lavorando a una scuola affettuosa in cui si impari ad avere affetto per gli altri”. Prima o poi il professore ferrarese ci dovrà spiegare il suo concetto di “affe tto”. Per ora, a noi maestri, in questa scuola caserma ci sfugge un po’.