Il Fatto Quotidiano

• Valentini Lega, doppio gioco

- GIOVANNI VALENTINI

C’era una volta la Lega Nord, quella del sena tùr Umberto Bossi, che “ce l’aveva duro”. Ora c’è anche la Lega Sud del “c ap it an o” Matt eo Salvini che “ce l’ha Durigon”. Ma la verità è che di fatto sono agli antipodi: la Lega prima versione, territoria­le e nordista, legata prevalente­mente agli interessi padronali degli imprendito­ri lombardo-veneti, con Salvini che cantava in pubblico “senti che puzza/scappano anche i cani/sono arrivati anche i napoletani”; e la Lega seconda versione, populista e sudista, in cui lo stesso Salvini nomina suo vice per il Sud l’ex sottosegre­tario accusato di filo-fascismo per aver proposto di intitolare al fratello di Mussolini un parco di Latina già intestato ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi dalla mafia. Una Lega

double face, insomma, trasformis­ta e opportunis­ta, buona per tutti i gusti e per tutte le stagioni, anti-meridional­e al Nord e filo-meridional­e al Sud.

Con la nomina del suo proconsole per il Mezzogiorn­o, il capo della Lega-bis cerca evidenteme­nte di raccattare un po’ di voti del malcontent­o nelle regioni meridional­i, pescando magari nel vecchio serbatoio della destra nostalgica ed ex o post-fascista. E così tenta anche di frenare l’avanzata della sua alleata-avversaria Giorgia Meloni. Ma allo stesso tempo, oltre a rischiare un conflitto d’interessi con l’altra Lega, fa uno sgarbo al presidente del Consiglio, Mario Draghi, che ha costretto Claudio Durigon a dimettersi; offende lo schieramen­to dei meridional­i democratic­i e progressis­ti; e infine, tradisce il fronte anti-mafia che difende la memoria di Falcone e Borsellino. “Rien ne va plus!

En plein!”, come al casinò della politica italiana.

Non sappiamo se l’investitur­a di Durigon sia maturata in un consiglio federale o in una seduta, tra un mojito e l’altro, al Papeete Beach di Milano Marittima. Il cerchiobot­tismo di Salvini ultima maniera minaccia, però, di fare cadere il “capitano” fra due sedie. Bisogna ricorrere a un gommista per eseguire un intervento tecnico di convergenz­a: due ruote del Carroccio tendono ad andare da una parte e le altre due in direzione opposta. È una forma di strabismo elettorale che può portare a compiacere una parte e a indispetti­re l’altra ovvero a scontentar­e entrambe. Il buon Dio, come si sa, acceca chi vuol perdere.

Ma non è tanto il destino della Lega che qui importa. Piuttosto, interessa il futuro del Mezzogiorn­o, di quel Sud senza il quale non c’è il Nord: vale a dire non c’è riscatto meridional­e e neppure ripresa nazionale. Sarà pur vero che al Sud è stato destinato circa il 40% dei fondi europei, ma è un fatto che – come questo giornale ha già scritto calcoli alla mano – mancano una settantina di miliardi ed è certo che i sindaci meridional­i sono in rivolta. Che cosa ne pensa la Lega-bis? E come reagiranno gli elettori sudisti a questo tentativo di “scippo”?

Con la “doppia Lega”, insomma, si rischia di veder rientrare dalla finestra quella “autonomia differenzi­ata” che era uscita dalla porta. Dissimulat­a magari sotto le insegne del federalism­o. Sarebbe un doppio danno: per il Sud, innanzitut­to; ma anche per il Nord che proprio dal rilancio del Mezzogiorn­o può trarre spinta e vigore, in nome dell’unità sancita dalla Costituzio­ne.

IL PARTITO DI BOSSI, TERRITORIA­LE E NORDISTA, ORA È ANCHE PRO-SUD

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