Il Fatto Quotidiano

• Rinaldi I tesori di Alessandro

- » Sergio Rinaldi Tufi

Tra i tanti personaggi che hanno fatto la storia dell’a f gh an istan, forse non tutti sanno che ha un importante ruolo Alessandro Magno. Il suo progetto non era fumoso e ingannevol­e come altri ieri e oggi (“esportare la democrazia ”, “sconfigger­e il terrorismo” e via dicendo), ma semplice e al tempo stesso incredibil­e: creare un impero universale. Ci riuscì con la grande avanzata verso oriente che sbaragliò la potenza persiana, e il suo passaggio da queste parti lasciò forti segni.

L’area, si sa, era un tratto strategico sulla Via della Seta, ma costituiva anche un gigantesco bivio per chi, giungendo da Occidente, invece di dirigersi in Cina voleva deviare verso l’india. Percorsi che nascono in antico ma restano in uso per secoli, dando luogo a tante lotte per il possesso di quello “snodo”.

Queste vicende hanno lasciato resti consistent­i: e fra i tanti problemi per cui i Talebani sono ora attesi alla prova ( soprattutt­o quelli riguardant­i la vita delle persone) c’è anche il rispetto dei beni culturali e storici. Per la verità, essi hanno già affrontato il tema, e lo riporta il New York Ti

mes: “Dato che l’afghanista­n è un Paese pieno di antichi manufatti, e che tali reliquie fanno parte della storia, dell’identità e della ricca cultura del nostro Paese, tutti hanno l’obbligo di proteggere, monitorare e preservare questi manufatti: antiche fortezze, minareti, torri…”. La presa di posizione è chiara, ma pesa come un macigno il “precedente” dei Buddha di Bamiyan (le due statue colossali scavate nella roccia risalenti al VI e VII secolo), distrutti nel 2001. Il sito peraltro è dal 2003 sotto l’egida dell’unesco; una ditta italiana ha consolidat­o le pareti rocciose superstiti; sono in corso tentativi di restauro finanziati (dal 2014) dalla Corea.

L’unico altro monumento Unesco, oltre a Bamiyan, è l’altissimo Minareto Jam (65 metri) presso il fiume Hari Rud: costruito in mattoni, è decorato da raffinati motivi geometrici. La moschea più antica del Paese, i cui ruderi sono assai suggestivi, è quella di Haji Piada (VII secolo), ma sono pure importanti quelle di Kabul, dove inoltre il Museo Nazionale, ripetutame­nte sconvolto dagli eventi, custodisce un importanti­ssimo patrimonio (ai tentativi di riordino hanno partecipat­o anche specialist­i italiani). A sud della Capitale, risale al V secolo la fortezza Bala Hissar, in restauro con finanziame­nti indiani. Herat va ricordata non solo per aver ospitato la nostra missione, ma anche per la Moschea del Venerdì, la poderosa cinta muraria dalle infinite torri, la Cittadella fondata da Alessandro Magno e più volte ristruttur­ata.

Eccoci dunque di nuovo al

Macedone e al suo impero universale. Dopo la sua morte (323 a.c.), come è noto, quell’impero fu diviso fra i suoi successori, fa cui spicca Seleuco I, re di Siria, il cui territorio si estendeva fino all’hi n d ukush e c o mprendeva perciò anche l’area oggi afghana. A lui, o forse addirittur­a allo stesso Alessandro, spetta la fondazione di Alexandria Oxiana, cioè Alessandri­a sull’oxus, oggi Amu Darya, situata nella località detta Ai Khanum presso una maestosa ansa del grande fiume. Lo scavo, eseguito da una missione francese, ha rivelato fra l ’ altro un grande edificio residenzia­le, un ginnasio, un teatro, un arsenale entro una poderosa cinta di mura, con planimetri­e e soluzioni costruttiv­e di tipo ellenico. Anni di abbandono hanno però consentito vandalismi di ogni tipo. Una città greca in Afghanista­n? Non solo, si formò anzi un grande Stato ellenico coloniale tra la valle dell’amu Darya e quella dell’indo, su aree oggi appartenen­ti non solo all’afghanista­n stesso, ma anche a Turkmenist­an, Uzbekistan, Tajikistan, Pakistan. La regione principale era quella in antico detta Bactriana: al declino dei Seleucidi (fine I a.c.), a emergere fu proprio una dinastia originaria di quell’area, i Kushana, colti e cosmopolit­i. Sbalorditi­vi i ritrovamen­ti di Begram, 60 chilometri a Nord di Kabul: sculture, avori, vasi di tipo ellenistic­o-romano, e soprattutt­o raffinati vetri dipinti, o decorati a rilievo, o con applicazio­ni di foglie d’oro. Un tesoro del Museo di Kabul che, come gli altri, andrà tutelato.

Sparsi per un’area dai confini talvolta incerti (a un’ampia parte si attribuisc­e il nome indiano di Gandhara), anche altri ritrovamen­ti concorrono a dare l’idea di una cultura felicement­e ibrida. Statue e rilievi raffiguran­o divinità greco-romane, o addirittur­a scene di baccanali, o miti classici riadattati. Un rilievo del II d.c., oggi al British Museum, narra un episodio della Guerra di Troia, l’entrata in città del famoso Cavallo: il sacerdote troiano Laocoonte tenta di fermarlo; dietro di lui alza le braccia al cielo la profetessa Cassandra, che però indossa abiti indiani…

Il precedente La distruzion­e dei Buddha di Bamiyan nel 2001 pesa sul nuovo corso dei mullah. Gli interventi Unesco e l’idea di una cultura ibrida

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 ??  ?? Proteggere e preservare Accanto, una rappresent­azione della fortezza Bala Hissar. Sotto, la testa di Alessandro Magno nei Musei Capitolini
Proteggere e preservare Accanto, una rappresent­azione della fortezza Bala Hissar. Sotto, la testa di Alessandro Magno nei Musei Capitolini

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