Iraq, Parigi resta L’italia raddoppia e punta al greggio
Chiuso almeno per il momento il capitolo Afghanistan, l’attenzione si sta spostando dove l’isi s mantiene alta la sua minaccia: l’iraq, dove dispone ancora di risorse, uomini e controlla una fetta (piccola) di territorio. Oltre alla capacità dei jihadisti di colpire Baghdad, le agenzie di intelligence occidentali vedono il gruppo riaffermarsi nei governatorati di Diyala, Salah al-din e Kirkuk. Queste due ultime città insieme ad Al Anbar fanno parte di una zona che in Iraq è soprannominata il “triangolo della morte” e che dal 2020 ha assistito a una crescente escalation terroristica.
In una fase così delicata, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, lo scorso luglio ha annunciato un’altra ritirata, dichiarando che le operazioni di combattimento del suo Paese in Iraq si concluderanno quest’anno, ma che i soldati statunitensi continueranno ad addestrare, consigliare e sostenere i propri militari nella lotta contro l’isis. Washington ha attualmente 2.500 soldati dispiegati in Iraq. Sono due le missioni militari attive in Iraq e l’italia partecipa a entrambe: la Coalizione multinazionale (che attualmente annovera 79 Paesi) contro i terroristi dell’isis operanti in Iraq e Siria e la missione Nato di sostegno e training alle forze irachene.
BAGHDAD È DA ANNI intrappolata in un delicato equilibrio tra i suoi due principali alleati, Iran e Stati Uniti. L’iran esercita una grande influenza in Iraq attraverso gruppi armati alleati all’ i nt e rn o dell’hashd al-shaabi, una potente rete paramilitare sponsorizzata dallo Stato.
L’iraq ha dichiarato l’isis territorialmente sconfitto nel dicembre 2017, ma il gruppo conserva ancora cellule dormienti e continua a rivendicare attacchi sanguinosi. Secondo Colin Clarke, ricercatore del Soufan Center, un centro di ricerca con sede a New York, l’isis “ha ancora accesso a decine di milioni di dollari e probabilmente continuerà a ricostruire la sua rete in Iraq e Siria”.
In questo delicato quadro sarà l’italia a guidare dal prossimo maggio il rafforzato impegno della Nato in Iraq con il pieno accordo del governo iracheno come concordato durante la visita dal premier Mustafa Al- Kadhimi, intrattenutosi a lungo nella sua visita a Roma con Mario Draghi. La “Nato mission in Iraq”, o “Nmi”, attiva dal 2018, che l’alleanza Atlantica ha scelto di potenziare già a febbraio 2020 su richiesta di Baghdad, è una missione di consulenza, addestramento e sviluppo. La decisione di potenziare l’impegno della Nato in Iraq è avvenuta sulla scia delle difficoltà registrate dagli Usa nel Paese, tra gli attacchi alle basi americane e le rimostranze dell’iraq dopo l’assassinio a Baghdad del leader iraniano Qassem Soleimani, a gennaio dello scorso anno. Ma anche per il crescere delle attività dell’isis. In questo scenario l’italia ha scelto di aumentare il proprio impegno in Iraq rispondendo alle richieste di Baghdad ma guardando anche ai propri interessi nazionali. Alla lotta al terrorismo si aggiungono interessi economici.
NEL 2020 L’IRAQ È STATO il secondo fornitore di greggio del nostro Paese, con oltre il 17% della domanda nazionale. Nel 2020 il nostro Parlamento ha autorizzato un dispiegamento di 1.100 unità per l’operazione “Prima Parthica”, all’interno della Coalizione anti-isis, e di 46 unità per la “Nato training mission”. Ma con il progressivo potenziamento della missione Nato anche il contributo italiano è destinato a mutare. Il Consiglio dei ministri ha approvato a metà giugno la delibera sulle missioni internazionali – ora al vaglio del Parlamento – dove si nota il parziale spostamento di assetti dalla Coalizione alla missione Nato, con la prima che vede una riduzione a 900 unita (meno 200) e la seconda che sale a circa 280 unità, oltre 200 in più rispetto al 2020. Anche il presidente francese Emmanuel Macron – che ha partecipato a Baghdad a un vertice cui erano presenti tutti i governanti del Golfo, con l’iran e l’egitto – ha promesso che la Francia non lascerà l’iraq, anzi il ruolo dei suoi 900 militari a sostegno del governo iracheno verrà ampliato, a prescindere da cosa deciderà di fare Washington.
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