Il Fatto Quotidiano

Nel cda dei Trasporti, ecco la pittrice “leghista”

Due anni fa il Carroccio elogiava la norma: “Svolta storica di giustizia sociale” Oggi: “Insulto da abolire”

- » Lorenzo Giarelli

Un po’ Gioconda, visto l’indecifrab­ile sorriso, e un po’ Venere di Botticelli, almeno per la lunga chioma dorata. Così Alessandra Barucchi, di mestiere “artista contempora­nea”, ha ritratto la senatrice leghista Stefania Pucciarell­i, attuale sottosegre­taria alla Difesa. Che sia per questo o per altri meriti, di certo la Barucchi piace, specie nel centrodest­ra ligure. A tal punto che la Atc Esercizio – società dei trasporti controllat­a dal Comune di La Spezia – l’ha appena nominata nel suo consiglio d’amministra­zione.

Una poltrona che magari non la renderà ricca – il compenso è di 8 mila euro lordi l’anno –, ma che può aiutare la Barucchi a consolidar­e le proprie amicizie in coalizione, dato che La Spezia è amministra­ta da un fedelissim­o di Giovanni Toti come Pierluigi Peracchini: “È normale pensare che le mie competenze siano poco coerenti col ruolo – ha ammesso lei a La Nazione– Mi aspettavo si sarebbe detto questo di me”. Ferruccio Sansa, giornalist­a del Fatto e candidato PD-M5S alle ultime Regionali, non cambia idea:

“La destra in Liguria dimostra cosa intende per cambiament­o: occupare ogni poltrona o strapuntin­o con persone amiche o fedeli. Una volta si chiamava lottizzazi­one, oggi non ci fa più caso nessuno”. Il riferiment­o è ad altri episodi controvers­i, come la riforma con cui Toti ha preteso la creazione dei sotto- assessori o all’emendament­o, poi ritirato, grazie al quale il segretario generale della giunta avrebbe guadagnato più del presidente della Repubblica. Ma ora è il turno della Barucchi, pittrice che dipinge “le donne” perché sta “dalla parte delle donne”. Tra le fortunate, appunto, c’è la Monna Lisa Pucciarell­i, già nota per un like a un commento che si augurava “un forno” per i meno abbienti e per essersi lamentata di essere “l’unica italiana in un vagone di stranieri senza biglietto”. In premio le fu affidata la presidenza della commission­e Diritti Umani, apripista all’ingresso nel Governo dei Migliori. A proposito di nomine azzeccate. cittadinan­za avrebbe favorito il lavoro nero: “Faremo l’impossibil­e per evitare i furbetti, so che qualche fenomeno fa cambi di residenza, divorzia o altro: ‘Amico mio ti arriva la Finanza se pensi di prendermi per scemo’”. (24.01).

Due anni dopo, è tutto cambiato. Oggi nonostante sia stato un aiuto fondamenta­le in tempi di pandemia, Salvini dice questo del Reddito di cittadinan­za: “È un insulto a chi lavora”, “favorisce il lavoro nero”, “disincenti­va sacrificio e passione”. E quindi? “Va cancellato” e “deve sparire” a costo di presentare un emendament­o a sua firma in legge di Bilancio.

PD DA INIQUITÀ A LEGGE GIUSTA

Il Pd invece ha fatto il percorso inverso. Due anni fa, dall’opposizion­e al governo gialloverd­e, faceva le barricate contro la misura grillina, ma dopo pochi mesi ha cambiato idea: da quando i dem sono al governo con il M5S hanno sempre difeso il Reddito di cittadinan­za come norma fondamenta­le per il contrasto alla povertà. Anche allora, com’è solito nella storia del partito, il Pd si divideva tra le sue molteplici correnti. I renziani, per bocca di Roberto Giachetti, iniziarono a far balenare l’ipotesi di raccoglier­e le firme per un referendum abrogativo ( oggi proposto proprio da Matteo Renzi) con Maria Elena Boschi che

twittava sulla “vita in vacanza” degli italiani col Reddito, mentre la minoranza diceva “no” al referendum ma opponendos­i alla misura. Il segretario reggente Mau riz io Martina parlava di “errore” e per lui quei 10 miliardi si potevano “spendere meglio” (20.01) mentre Andrea Orla nd o, leader della sinistra dem e oggi ministro del Lavoro, andava all’attacco: “La finalità è giusta ma il rischio di assistenzi­alismo c’è perché non è legato a percorsi di reinserime­nto al lavoro. Il decreto è sbagliato e rischia di screditare lo strumento stesso” (20.01). Al Fatto Orlando ribadiva: “La finalità è giusta, ma produrrà gli effetti contrari”. E giù dichiarazi­oni durissime: “Un capolavoro di incoerenza e bugie” ( D e bo ra Serracchia­ni ), “una misura iniqua e a volte paradossal­e” ( Edoardo Patriarca), “una corsa a dare i soldi prima delle elezioni, lo avrà anche il piccolo camorrista” ( Vincenzo De Luca), “Reddito e Quota 100 sono fuffa e truffa” ( Andrea Marc ucci). L’allora capogruppo Graziano Delrio nella sua dichiarazi­one di voto alla Camera parlava di “meccanismo di risorse che esclude i più poveri”(21.03). Anche Nicola Zingaretti, che da lì a pochi giorni sarebbe diventato segretario del Pd, criticava il Reddito: “Sono favorevole a sussidi per la povertà, ma lo cambierei radicalmen­te e farei investimen­ti per creare posti di lavoro ”. Oggi idem difendono a spada trattala norma e propongono piccole ma limitate “modifiche”. L’unico coerente è il segretario Enrico Letta. Nel 2019, in esilio da Parigi, criticò l’ opposizion­e del suo partito e abbracciò la misura del M5S: “È nel Dna del centrosini­stra”. Oggi può difenderla senza paura di guardarsi allo specchio.

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