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suo simbolo a FDI anche perché “ha esplicitam­ente condiviso l’eredità politica di quel partito e che attualment­e FDI è l’unico partito presente con un Gruppo Parlamenta­re che si richiama nei valori e nella stessa denominazi­one ad Alleanza Nazionale”.

Certo, nella Fondazione AN ci sono esponenti che non fanno parte di FDI come il direttore editoriale del Secolo d’italia , Italo Bocchino, o come Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, giornalist­a pensionato del Secolo, ma è innegabile che la componente dominante sia FDI.

La questione Secolo d’italia riguarda quindi Giorgia Meloni due volte: come presidente di Fratelli d’italia e come giornalist­a del Secolo d’italia. IL RUOLO DI SORELLA GIORGIA, L’OK DEL DIP. EDITORIA Assunta come redattrice nel 2004, Meloni dal 2006 – quando viene eletta deputata – è in aspettativ­a come prevede lo Statuto dei lavoratori. All’ inizio versò i contributi per accedere alla doppia pensione, come è permesso ai giornalist­i-parlamenta­ri. Dal 2008 quando è diventata ministro del Pdl fino al novembre 2011, ha smesso rinunciand­o a un privilegio (vedi intervista) con una scelta non scontata.

Il Secolo contava sette giornalist­i in aspettativ­a parlamenta­re nel 2012. Nel 2019 erano rimasti solo Gasparri e Meloni. Il senatore di FI è andato in pensione nel 2020 e – avendo pagato i suoi contributi – ha diritto alla doppia pensione da giornalist­a.

Anche Giorgia Meloni non si è mai dimessa dal Secolo e, pur rinunciand­o alla contribuzi­one figurativa per la pensione, in caso di mancata rielezione può contare su un lavoro in un giornale che si è retto in questi anni grazie soprattutt­o ai fondi della Fondazione AN e ai contributi pubblici. Da quando Giorgia Meloni è stata assunta, cioè dal 2004, Il Secolo d’italia ha avuto 28,5 milioni di euro di quei contributi pubblici che Fratelli d’italia è sempre stato in prima fila a difendere.

Il M5S ha provato ad abolirli, ma quando il taglio è stato spostato nel febbraio scorso di 48 mesi, sul Secolo Federico Mollicone, capogruppo in commission­e Editoria di FDI, esultava: “È una bella pagina della storia parlamenta­re”. Poi il termine è stato spostato di altri 12 mesi a luglio scorso

IL GIORNALE oggi ha come direttore editoriale Italo Bocchino (nella foto) e – secondo il bilancio 2020 – ha una forza lavoro di 17 unità, di cui 13 giornalist­i (più una in aspettativ­a, Meloni appunto) e 3 poligrafic­i. I debiti al 31.12 sono di 905mila euro, i ricavi da vendite sono 936mila euro

Giorgia Meloni sempre grazie anche a FDI.

Abbiamo chiesto al Dipartimen­to Editoria perché Il Secolo abbia preso il contributo nel 2018 e 2019, anche dopo l’entrata in vigore della legge e prima della modifica dello Statuto. La risposta è questa: “Inizialmen­te avevamo inviato alla società un preavviso di un possibile diniego del contributo proprio perché – come da voi notato – per Statuto Il Secolo d’italia era organo di movimento politico. Poi ci hanno prodotto alcuni documenti che ci hanno convinto. C’è una lettera del 22 dicembre 2017 del presidente della Fondazione An Giuseppe Valentino all’amminis tratore Antonio Giordano e al direttore editoriale Italo Bocchino nella quale chiede di evitare che Il Secolo d’italia sia percepito come organo di partito o movimento politico. Poi c’è una comunicazi­one all’agcom nella quale il quotidiano nel 2018 non si definiva più organo di partito. Infine c’è il verbale del Cda della Fondazione Alleanza Nazionale del 30 ottobre 2018 nel quale il p r e s idente informava che Il Secolo si era allineato alle sue indicazion­i e coerenteme­nte era necessario adeguare lo Statuto. Cosa poi avvenuta a magg i o 2019”.

Tanto basta al dipartimen­to Editoria per ritenere che

Il Secolo d’i ta l i a non sia più un organo di movimento politico già dal 2018.

‘‘ Sono dipendente ma non verso i contributi, idem per il futuro Cambi di statuto?

’’ Non ne so nulla

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