Il piano è di nuovo in ritardo: un mese e si torna a trivellare
Cronaca di un disastro annunciato: il Pitesai, il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee che dovrebbe individuare tutte le zone da cui sarà esclusa la ricerca e la coltivazione di idrocarburi potrebbe non essere pronto per il 30 settembre, come previsto dall’ultima scadenza concessa. A quel punto, per la gran parte degli iter autorizzativi fermi da oltre due anni proprio in attesa di questa pianificazione potrebbe esserci il via libera, per la gioia dei petrolieri.
L’allarme arriva da fonti parlamentari e da ambientalisti. La proposta di Pitesai è attualmente pubblicata sul sito del ministero della Transizione ecologica (che, ricordiamolo, ha assunto anche le competenze in materia energetica prima in capo al Mise) ed è di fatto una fotografia dello status quo delle concessioni e dei permessi già rilasciati. Entro fine settembre si dovrebbe arrivare tanto alla Vas, la Valutazione ambientale strategica, per le zone in mare quanto all’approvazione “con una forte intesa” in conferenza unificata tra Stato e Regioni per le zone a terra. L’energia, infatti, è materia di legislazione concorrente.
LA SCADENZA
per le osservazioni pubbliche sul piano da parte di enti, associazioni, cittadini è invece prevista a metà settembre. A quel punto, bisognerà convocare sul tema la conferenza e sperare che ci sia l’unanimità. Qui si annida il rischio di ritardi, tanto logistico- burocratici quanto legati alle diverse posizioni sul tema all’interno della maggioranza, col M5s contrario a nuove trivellazioni e la Lega che invece preme perché gli iter ripartano al più presto.
I ritardi hanno comunque origine antica. Nel 2019, il decreto Semplificazioni aveva previsto una moratoria di 24 mesi dei permessi di ricerca e prospezione (non delle concessioni già rilasciate) proprio in virtù della transizione energetica e ambientale che sembrava ormai inevitabile e che avrebbe dovuto modificare i paradigmi di sviluppo del Paese. In sintesi: se si cambia davvero corso, gas e petrolio serviranno sempre meno. Una metamorfosi ovviamente graduale, con una graduale esclusione di pezzi di territorio via Pitesai di cui, però, per un anno non s’è vista traccia.
La moratoria viene quindi prorogata nel decretomilleproroghe del 2020: si stabilisce la scadenza del 13 febbraio 2021 per la redazione del Pitesai e del 13 agosto 2021 per lo stop ai permessi. A febbraio, tuttavia, ancora una volta nulla era pronto. Con un emendamento (a firma Rossella Muroni - Lorenzo Fioramonti e in accordo con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani) si arriva all’u ltima data: moratoria e piano entro il 30 settembre, altrimenti liberi tutti. A un mese dalla scadenza, non c’è alcuna certezza e, anzi, arrivano per lo più conferme.
DI CERTO, ad esempio, al ministero ora si corre, non si può negare che si stia cercando di fare più in fretta possibile e lo stesso Cingolani sta premendo perché non si scavalli la data del 30 settembre. La buona volontà potrebbe però davvero non bastare. Ma qual è la posta in gioco? Circa una novantina di permessi e di richieste messe in stand by dal 2019.
Per il mare parliamo di cinque istanze di permesso di prospezione, 24 istanze di permesso di ricerca e una di concessione di coltivazione.
Per la terraferma i numeri sono un po’ diversi. Si legge nello stesso Pitesai: “Al 30 giugno 2021 risultano presentate n. 50 istanze di permesso di ricerca in terra, di cui in corso di valutazione ambientale presso il Ministero della transizione ecologica. A queste vanno conteggiate separatamente anche n. 9 istanze di permesso in Sicilia”. Ci sono poi in attesa cinque istanze di concessione di coltivazione a terra e altre due in Sicilia. L’unico aspetto positivo che si evince dai numeri è il dietrofront delle compagnie su alcune richieste. Dall’inizio della moratoria si contano infatti una istanza di ricerca in mare in meno, quattro in meno sulla terraferma e tre richieste di concessione.
“PER LA PARTE TERRA il Pitesai difficilmente potrà essere approvato entro fine settembre, per la parte a mare però potrebbero farcela ma ho dubbi sull’effe ttiva protezione delle zone più sensibili del Paese”, spiega Giovanni Vianello, deputato del M5S. “Per questo nelle scorse settimane avevo presentato un emendamento al dl Semplificazioni per vietare tutte le future autorizzazioni di trivelle e Air Gun. Il Mite ha però dato parere negativo e la maggioranza si è spaccata sulla votazione. L’emendamento non è passato per pochi voti ed è tristemente significativo che dopo la votazione la Lega abbia applaudito: l’ambiente sarà ancora a rischio”.
Recidive Dopo due anni di rinvii, anche questa volta si rischia di mancare l’obiettivo dello stop al 30.09 Senza intesa, ripartono 60 permessi sulla terraferma