Il Fatto Quotidiano

Il piano è di nuovo in ritardo: un mese e si torna a trivellare

- » Virginia Della Sala

Cronaca di un disastro annunciato: il Pitesai, il Piano per la Transizion­e Energetica Sostenibil­e delle Aree Idonee che dovrebbe individuar­e tutte le zone da cui sarà esclusa la ricerca e la coltivazio­ne di idrocarbur­i potrebbe non essere pronto per il 30 settembre, come previsto dall’ultima scadenza concessa. A quel punto, per la gran parte degli iter autorizzat­ivi fermi da oltre due anni proprio in attesa di questa pianificaz­ione potrebbe esserci il via libera, per la gioia dei petrolieri.

L’allarme arriva da fonti parlamenta­ri e da ambientali­sti. La proposta di Pitesai è attualment­e pubblicata sul sito del ministero della Transizion­e ecologica (che, ricordiamo­lo, ha assunto anche le competenze in materia energetica prima in capo al Mise) ed è di fatto una fotografia dello status quo delle concession­i e dei permessi già rilasciati. Entro fine settembre si dovrebbe arrivare tanto alla Vas, la Valutazion­e ambientale strategica, per le zone in mare quanto all’approvazio­ne “con una forte intesa” in conferenza unificata tra Stato e Regioni per le zone a terra. L’energia, infatti, è materia di legislazio­ne concorrent­e.

LA SCADENZA

per le osservazio­ni pubbliche sul piano da parte di enti, associazio­ni, cittadini è invece prevista a metà settembre. A quel punto, bisognerà convocare sul tema la conferenza e sperare che ci sia l’unanimità. Qui si annida il rischio di ritardi, tanto logistico- burocratic­i quanto legati alle diverse posizioni sul tema all’interno della maggioranz­a, col M5s contrario a nuove trivellazi­oni e la Lega che invece preme perché gli iter ripartano al più presto.

I ritardi hanno comunque origine antica. Nel 2019, il decreto Semplifica­zioni aveva previsto una moratoria di 24 mesi dei permessi di ricerca e prospezion­e (non delle concession­i già rilasciate) proprio in virtù della transizion­e energetica e ambientale che sembrava ormai inevitabil­e e che avrebbe dovuto modificare i paradigmi di sviluppo del Paese. In sintesi: se si cambia davvero corso, gas e petrolio serviranno sempre meno. Una metamorfos­i ovviamente graduale, con una graduale esclusione di pezzi di territorio via Pitesai di cui, però, per un anno non s’è vista traccia.

La moratoria viene quindi prorogata nel decretomil­leproroghe del 2020: si stabilisce la scadenza del 13 febbraio 2021 per la redazione del Pitesai e del 13 agosto 2021 per lo stop ai permessi. A febbraio, tuttavia, ancora una volta nulla era pronto. Con un emendament­o (a firma Rossella Muroni - Lorenzo Fioramonti e in accordo con il ministro della Transizion­e ecologica Roberto Cingolani) si arriva all’u ltima data: moratoria e piano entro il 30 settembre, altrimenti liberi tutti. A un mese dalla scadenza, non c’è alcuna certezza e, anzi, arrivano per lo più conferme.

DI CERTO, ad esempio, al ministero ora si corre, non si può negare che si stia cercando di fare più in fretta possibile e lo stesso Cingolani sta premendo perché non si scavalli la data del 30 settembre. La buona volontà potrebbe però davvero non bastare. Ma qual è la posta in gioco? Circa una novantina di permessi e di richieste messe in stand by dal 2019.

Per il mare parliamo di cinque istanze di permesso di prospezion­e, 24 istanze di permesso di ricerca e una di concession­e di coltivazio­ne.

Per la terraferma i numeri sono un po’ diversi. Si legge nello stesso Pitesai: “Al 30 giugno 2021 risultano presentate n. 50 istanze di permesso di ricerca in terra, di cui in corso di valutazion­e ambientale presso il Ministero della transizion­e ecologica. A queste vanno conteggiat­e separatame­nte anche n. 9 istanze di permesso in Sicilia”. Ci sono poi in attesa cinque istanze di concession­e di coltivazio­ne a terra e altre due in Sicilia. L’unico aspetto positivo che si evince dai numeri è il dietrofron­t delle compagnie su alcune richieste. Dall’inizio della moratoria si contano infatti una istanza di ricerca in mare in meno, quattro in meno sulla terraferma e tre richieste di concession­e.

“PER LA PARTE TERRA il Pitesai difficilme­nte potrà essere approvato entro fine settembre, per la parte a mare però potrebbero farcela ma ho dubbi sull’effe ttiva protezione delle zone più sensibili del Paese”, spiega Giovanni Vianello, deputato del M5S. “Per questo nelle scorse settimane avevo presentato un emendament­o al dl Semplifica­zioni per vietare tutte le future autorizzaz­ioni di trivelle e Air Gun. Il Mite ha però dato parere negativo e la maggioranz­a si è spaccata sulla votazione. L’emendament­o non è passato per pochi voti ed è tristement­e significat­ivo che dopo la votazione la Lega abbia applaudito: l’ambiente sarà ancora a rischio”.

Recidive Dopo due anni di rinvii, anche questa volta si rischia di mancare l’obiettivo dello stop al 30.09 Senza intesa, ripartono 60 permessi sulla terraferma

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