Il Fatto Quotidiano

Che Ue vogliono dopo la Merkel i partiti tedeschi

DOMENICA SI VOTA Finisce l’èra Merkel: ecco le posizioni europee dei candidati alla succession­e e le possibili coalizioni sulla base degli ultimi sondaggi (la “Giamaica” la più pericolosa per noi)

- » Cosimo Caridi

“Povera vecchia Germania. Troppo grande per l’europa, troppo piccola per il mondo”. Henry Kissinger, l’ex segretario di stato statuniten­se, riassumeva così i meccanismi e le forzature che imbriglian­o Berlino a Bruxelles. Per 15 dei 16 anni a guida Angela Merkel, la dottrina economica europea si è piegata alla volontà tedesca: austerità. La pandemia ha imposto, dopo lunghi tentenname­nti, un cambio di rotta. Prima del Covid i paesi membri stavano negoziando nuovi termini per il Patto di Stabilità, ma la pandemia ha messo tutto in congelator­e. I vincoli di bilancio dovrebbero tornare in vigore nel 2023, ma il futuro dell’ue dipende molto da come andranno le elezioni tedesche. Con l’ec c ez i on e dell ’Afghanista­n, durante la più lunga e combattuta campagna elettorale dalla caduta del muro non si è parlato di scenari internazio­nali. E ancor meno di Europa. A meno di una settimana dalle elezioni, è difficile da prevedere chi e con che legittimit­à prenderà il potere a Berlino: tutto dipenderà da quale coalizione andrà al governo e dagli scontri interni agli stessi partiti.

CDU-CSU. In tedesco schuld al singolare significa colpa, schulden al plurale debiti. I conservato­ri sono molto legati alle parole. Wolfgang Schäuble più di tutti. Oggi è il presidente del

Bundestag, prima era ministro delle Finanze e per anni è stato il capo dell’opposizion­e interna amerkel. La Cancellier­a è riuscita a spuntarla un’ultima volta facendo indicare come candidato della Cdu Armin Laschet. Il delfino di Schäuble era Friedrich Merz, un falco. La settimana scorsa, coi sondaggi che davano il partito al minimo storico (19%), Laschet ha compattato le file e presentato la sua possibile squadra di governo: Merz è stato indicato come futuro responsabi­le di finanza ed economia. Questo il suo pensiero affidato al quotidiano economico Hand els blat t: “Ai contribuen­ti tedeschi viene chiesto di pagare la settimana lavorativa di quattro giorni in Spagna e le pensioni in Italia”.

Ecco la linea sul Patto di stabilità: “Certo sarà molto difficile per alcuni paesi, ma i requisiti di Maastricht devono essere rispettati. Se si vuole restare a bordo”. La possibilit­à che Merz diventi ministro delle Finanze c’è in un’eventuale coalizione Giamaica (Cdu-csu, Verdi e Liberali): nel caso è assai probabile che le questioni europee saranno totalmente delegate ai cristiano-democratic­i.

SPD. Il candidato cancellier­e Olaf Scholz è l’attuale ministro delle Finanze. Sull’ue ha una posizione d’ascolto, come quella di Merkel. Inoltre ha promesso l’innalzamen­to del salario minimo (da 9,5 a 12 euro l’ora) e la riforma del sistema sanitario per renderlo completame­nte pubblico. Per far questo vuole trasformar­e il Next Generation Eu in uno strumento permanente, finanziato da debito europeo. Gli alleati naturali per l’spd sono i Verdi, favorevoli a queste misure, ma i due partiti - a stare ai sondaggi - avrebbero bisogno di un terzo gruppo. Coi liberali del FDP (“coalizione semaforo”), le posizioni nei confronti della politica economica europea si irrigidire­bbero molto. L’altra possibilit­à sarebbe un governo con la sinistra di Die Linke. In questo scenario vedremmo una Germania diversa da quella a cui ci ha abituato Merkel: riforme sociali fatte completame­nte a debito.

Scholz all’interno del partito è un moderato, ma potrebbe faticare a tenere a bada l’ala più radicale del partito, che è già maggioranz­a.

VERDI. Die Grünen è il partito più europeista del Bundestag. I temi centrali della loro campagna elettorale sono l’ecologia e la riconversi­one energetica. Non hanno mai fatto mistero che tutti gli altri argomenti sono di secondaria importanza. Per trasformar­e la Germania nel paese più verde d’europa sono disposti ad alleggerir­e le regole su deficit e debito. Tra i punti nel loro programma elettorale c’è un fondo da 500mliardi di euro in 10 anni per finanziare la transizion­e a un’economia più sostenibil­e. Fondi che vorrebbero tenere fuori dal Patto di stabilità o recuperare con una tassazione Ue sulle Big Tech. Certo per entrare nel governo faranno dei compromess­i. Pochi giorni fa Robert Habeck, numero 2 del partito, ha incontrato Christian Lindner, leader del FDP. In caso di una “coalizione semaforo”, potrebbere essere loro due il tandem ai ministeri di Finanze ed Economia.

FDP. Secondo l’istituto di ricerca ZEW le proposte di tagli di tasse e incentivi (tra cui l’introduzio­ne del reddito cittadinan­za) del FDP creerebber­o un buco annuale di 87 miliardi di euro. Il partito liberale rigetta questi calcoli: le riforme spingerebb­ero la crescita nel paese colmando il disavanzo. L’FDP non è il partito più conservato­re, ma sicurament­e il più rigido nei confronti dei vincoli Ue. Chiede regole e regolament­i chiari e inflessibi­li, ma promette incentivi per la digitalizz­azione, la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. Di fatto la loro linea è quella dei cosiddetti “frugali”: Olanda, Danimarca, Finlandia e Austria. Dopo le elezioni del 2017, Lindner non trovò l’accordo per entrare nella Grosse Koalition: le negoziazio­ni durano cinque mesi in genere e stavolta, coi sondaggi più alti nella storia del partito, sa che avrà un ruolo e vuole gestire un ministero economico.

Gli scenari La Cdu schiera il falco Merz all’economia. Solo l’intesa Spd-verdi-linke porterebbe vere novità

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FOTO ANSA/LAPRESSE
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