Pfizer: “Vaccinare i bambini” Stavolta la scienza è scettica
IL DIBATTITO E su terze dosi, Brusaferro: “Valutiamo, ma no a un’altra somministrazione a pioggia”. Dopo i fragili si pensa ora agli over 65
Si torna a discutere se immunizzare o meno gli under 12, nel giorno in cui parte la terza dose per i fragili. Crisanti: “Troppo pochi soggetti esaminati”. Burioni: “Studio criticabile”
Pfizer e Biontech hanno annunciato ieri che un trial del loro vaccino sui bambini tra i 5 e gli 11 anni si è concluso con ottimi risultati di efficacia e sicurezza, paragonabili a quelli per i 12-16enni ma con due dosi da 10 microgrammi, un terzo di quelle inoculate alla popolazione over 12 e che nei più piccoli avrebbero indotto maggiori effetti avversi anche non gravi. Non ci sono i dati. La sperimentazione di fase 2/3 è stata condotta su 2.200 bambini e ne sono in corso altre, per complessivi 4.500 minori coinvolti, sulle fasce da sei mesi a due anni e da due a cinque. Per loro la dose sarebbe tre microgrammi, un decimo della dose ordinaria. Il colosso Usa e il partner tedesco contano di presentare i loro risultati sui 5-11enni alla Fda e a Ema, le agenzie regolatorie di Stati Uniti e Ue, entro fine settembre. Fda aggiunge che l’e ventuale autorizzazione provvisoria potrebbe arrivare già a ottobre.
LO SCHEMA comunicativo è lo stesso del novembre scorso, quando da una nota stampa di Pfizer e Biontech, senza dati completi e perciò accolta con perplessità da parte della comunità scientifica, apprendemmo di essere vicini al primo vaccino anti-covid in Occidente. Che ha funzionato, è il più utilizzato negli Usa e in Europa. Come funziona anche la comunicazione un po’ aggressiva di Pfizer-biontech, rivolta soprattutto agli Usa dove un’infezione su cinque al momento si registra in età pediatrica e c’è, come da noi, grande attenzione alle scuole. Anche Moderna, l’altro produttore Usa, sarebbe vicino a chiudere il primo trial sugli under 12. Si accelera sui giovanissimi, più facilmente vaccinabili, anche per compensare le sacche di resistenza concentrate in fasce d’età più elevate e più a rischio di Covid severo. Per quando sui 12-18enni le autorizzazioni in Usa e Ue sono arrivate solo tra maggio e giugno, conosciamo solo in parte l’in ci de nz a degli effetti avversi gravi. Diversi Paesi, Regno Unito compreso, fanno solo una dose ai minori; la Germania inizialmente aveva raccomandato di vaccinare solo i piccoli più fragili, a rischio di sviluppare il Covid in forme gravi.
In attesa dei dati sugli under 12, per uno scienziato come il virologo Guido Silvestri della Emory University di Atlanta, che fa sapere che suo figlio partecipa al trial e assicura che “questo studio è una tappa essenziale nella grande marcia verso la vaccinazione universale contro Covid-19”, altri manifestano dubbi. Specie sulla consistenza del campione. Così Andrea Crisanti, direttore della Microbiologia di Padova: “Bisogna vedere bene i dati prima di toccare i bambini di quell’età, 2.200 sono proprio pochi, ce ne vorrebbero 30-40 mila”. Perfino Roberto Burioni, che spesso ha toni da ultrà del vaccino, frena: “Lo studio è criticabile, è stato condotto su un numero secondo me troppo ristretto di soggetti”.
Sono intanto iniziate anche in Italia, come annunciato, le somministrazioni delle terze dosi ai pazienti cosiddetti ultrafragili, circa tre milioni per lo più immunodepressi, trapiantanti e malati oncologici. Sono 3.191 le terze dosi inoculate, ha fatto sapere l’ufficio del commissario straordinario, Francesco Paolo Figliuolo. Proprio il generale Figliuolo ha confermato: “Si darà presumibilmente il via libera per le Rsa, gli over 80 e i sanitari che
ANDREA CRISANTI (MICROBIOLOGO)
Servono i dati prima di toccare i bambini di quell’età, una sperimentazione su 2.200 soggetti dice poco, ce ne vorrebbero 30 o 40 mila almeno
GUIDO SILVESTRI (IMMUNOLOGO)
Questo studio è una tappa fondamentale nella lotta al Sarscov2 e anche mio figlio di quasi undici anni ha partecipato al trial
ROBERTO BURIONI (VIROLOGO)
Lo studio secondo me è criticabile perché è stato eseguito su un numero davvero troppo esiguo di soggetti
sono in prima linea”, ma si parla già di fare la terza dose a tutti gli over 65. “Stiamo ancora valutando se, quando e a chi fare un’ulteriore iniezione. Il tema, comunque, non è una terza dose a pioggia”, ha avvertito il professor Silvio Brusaferro, presidente dell’istituto superiore di Sanità. D’altro canto la progressiva perdita di efficacia delle due dosi è confermata e questo, combinato con la maggior contagiosità della variante Delta, sta già facendo emergere percentuali di malati gravi e di decessi tra i vaccinati più elevate di quelle assai rassicuranti calcolate dall’iss da febbraio a oggi. Tra i ricoverati Covid del Piemonte, ad esempio, siamo a un 30% di immunizzati. Gli studi su Israele dicono che la terza dose migliora la protezione tra 11 e 19 volte rispetto alle prime due.