Il Fatto Quotidiano

Il mondo ricco butta 100 milioni di dosi, ai Paesi poveri niente

- » Stefano Vergine

Oltre 100 milioni di dosi di vaccino rischiano di finire nella spazzatura. L’allarme è stato lanciato ieri dalla società britannica Airfinity, che dall’inizio della pandemia conduce ricerche sul tema del Covid e monitora il mercato globale dei vaccini. Pubblicato a due giorni dal Global Vaccine Summit, presieduto dagli Stati Uniti, il rapporto stilato dai ricercator­i della Airfinity trae conseguenz­e potenzialm­ente imbarazzan­ti: se i Paesi ricchi del mondo non le dovessero donare subito alle nazioni più povere, quelle 100 milioni di dosi andrebbero sprecate. E il numero di morti evitabili aumentereb­be ulteriorme­nte.

INIZIAMO da un dato banale. I vaccini hanno una scadenza: Pfizer Biontech, Johnson&johnson, Novavax e Astrazenec­a durano sei mesi; Moderna funziona anche sette mesi dopo essere stato messo sul mercato. Inutile dunque tenere in freezer troppi prodotti vicini alla scadenza, ma è proprio questo che sta succedendo nella maggior parte del mondo industrial­izzato. Sulla base dei contratti tra Stati e case farmaceuti­che, Airfinity calcola infatti che entro la fine di quest’anno i Paesi del G7 e quelli della Ue (quindi le nazioni europee più Canada, Giappone, Usa e Regno Unito) avranno a disposizio­ne un miliardo di dosi di vaccini aggiuntive rispetto a quelle necessarie. Il 10% del totale, cioè 100 milioni di dosi, potrebbe essere inutilizza­bile perché già scaduto. Uno spreco a cui l’ue contribuir­ebbe più di tutti, visto che delle 100 milioni di iniezioni a rischio 41 milioni si trovano proprio nel Vecchio Continente.

Com’è noto, finora alcune nazioni del mondo si sono opposte all’idea di sospendere i brevetti sui vaccini. Chi sostiene questa proposta, avanzata per la prima volta quasi un anno fa all’organizzaz­ione del commercio da India e Sudafrica, dice che una moratoria sui brevetti permettere­bbe di aumentare la produzione di vaccini, renderla più omogenea a livello globale e far calare i prezzi. Tutto ciò con l’obiettivo di vaccinare il più in fretta possibile l’intera popolazion­e mondiale, con riferiment­o particolar­e a quelle zone del mondo – Africa, Asia (con l’eccezione di Cina, Giappone e Corea del Sud) e Centro America – in cui la percentual­e di persone che hanno ricevuto la doppia dose è inferiore all’uno per cento. I veti posti finora da un gruppo di Paesi ricchi, tra cui l’italia, hanno invece fatto propendere per un’altra soluzione: le donazioni di vaccini da parte dei Paesi ricchi a quelli più poveri.

Il programma internazio­nale si chiama Covax e, secondo le promesse dei Paesi G7 e di quelli della Ue, oltre 1,2 miliardi di dosi verranno regalate entro la metà del 2022 alle nazioni con reddito cosiddetto “basso” e “medio-basso”. Nonostante ormai ci sia abbondanza di vaccini, le donazioni stentano però a decollare. Airfinity ha calcolato che finora solo l’11,8% di 1,2 miliardi di dosi è stato effettivam­ente regalato. La tendenza è confermata anche dal caso italiano: il governo Draghi ha promesso 15 milioni di dosi a Covax entro fine anno, ma finora ne ha donate 4,2 milioni. La causa di questo ritardo non va cercata nella campagna per la terza dose, frattanto iniziata in molte nazioni. “Oltre 1,2 miliardi di dosi – si legge infatti nella ricerca – potrebbero essere donate già entro la fine del 2021 dai soli Paesi del G7, senza intaccare le campagne nazionali di richiamo per tutti gli adulti”.

TUTTI QUESTI ritardi stanno causando morti. I ricercator­i di Airfinity hanno calcolato che, “se i vaccini attualment­e inutilizza­ti dai Paesi G7 fossero già stati dati ai Paesi a reddito basso e medio-basso, si sarebbero evitate almeno seimila morti”. Il calcolo è fermo al 16 settembre del 2021, ma la stima sulle conseguenz­e future è decisament­e più allarmante. La società britannica prevede che i casi di positività al Covid nel mondo supererann­o i 400 milioni entro la metà dell’anno prossimo. “L’immediata ridistribu­zione dei vaccini potrebbe potenzialm­ente permettere di evitare quasi un milione di morti”, si legge nel rapporto.

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