Il Fatto Quotidiano

Lega: la Donato se ne va, Borghi e gli altri restano

- » Giacomo Salvini

Che sia la giornata più difficile da quando Matteo Salvini siede al governo lo si capisce dai tabulati della Camera dove nel pomeriggio si vota la fiducia sul decreto Green pass II, quello per scuola e trasporti. Passa con 413 sì e 48 contrari, ma nella Lega si notano solo le assenze: non votano 52 deputati su 132. Il 40 per cento del gruppo parlamenta­re. E a marcare visita sono tutti salviniani: oltre a Claudio Borghi ( assente per motivi di salute), non ci sono Claudio Durigon, Massimo Bitonci, Alessandro Pagano, Barbara Saltamarti­ni, Alberto Stefani e così via. Un segnale, perché il segretario è ancora contrario al Green passe c’è da trattare sul terzo decreto, quello per i lavoratori, su cui la Lega annuncia già le barricate in aula (“è invotabile” dice Claudio Borghi) che è stato firmato ieri sera dal presidente Mattarella. A reggere la barra della maggioranz­a in aula ci pensano le truppe vicine ai governator­i del Nord e a Giancarlo Giorgetti. Fanno riferiment­o a loro buona parte dei deputati che vota sì alla fiducia. La Lega è spaccata. Visibilmen­te.

UNA FRATTURA che in mattinata si era manifestat­a con l’addio dell’europarlam­entare no vax Francesca Donato, che non aveva sopportato il sì della Lega in Consiglio dei ministri sul pass per i lavoratori. “Nel partito ormai prevale la linea dei governator­i e di Giorgetti” ha detto Donato a Repubblica che ha pubblicato le sue chat con il capogruppo della Lega al Parlamento europeo Marco Zanni che arriva a ipotizzare perfino “una scissione” nel partito o un “evento traumatico nel governo”. Donato poi ha ribadito in una lettera: “Sono passati decreti liberticid­i e discrimina­tori che sono incompatib­ili con il nostro ordinament­o”. Dal Carroccio le avevano chiesto di lasciare dopo le Amministra­tive ma lei ha deciso di andarsene subito. L’europarlam­entare apertament­e no-vax non si iscriverà ad alcun gruppo a Bruxelles, ma presto potrebbe passare nelle file di Fratelli d’italia o di Italexit di Gianluigi Paragone. “Chi va via lo ringrazio, lo saluto e tanti auguri” la risposta gelida di Matteo Salvini. Per il momento nessuno seguirà Donato e l’ala di Borghi, Bagnai e Siri viene considerat­a una minoranza “responsabi­le”. E dunque i fedelissim­i del capo parlano di “caso isolato”. Ma tutto è rimandato a dopo le comunali quando una sconfitta nelle grandi città e il sorpasso di FDI potrebbe far scoppiare lo scontro interno. “Il clima è da notte dei lunghi coltelli” sussurra un big. Nonostante il segretario manifesti sicurezza – “non ho alcun timore per l’unità del partito” – ieri sono stati i due governator­i più in vista, Luca Zaia e Massimilia­no Fedriga, a commentare l’uscita di Donato come se fosse una loro vittoria. “Nella Lega non c’è spazio per i no vax” dice il presidente del Friuli mentre Zaia spiega che senza il Carroccio Donato “non sarebbe diventata parlamenta­r e”. Nel pomeriggio Salvini pubblica su Twitter una foto con i governator­i e Giorgetti: “Uniti si vince!”. Quasi un richiamo.

E QUINDI Salvini sa che non può restare immobile ma deve rilanciars­i. Cercare di limitare i danni alle amministra­tive puntando su cavalli di battaglia che non dividano il partito: tasse, bollette e Quota 100. Oggi sarà a Milano per annunciare l’arrivo di alcuni consiglier­i regionali da Forza Italia: Mauro Piazza, Alan Rizzi e Alessandro Fermi. Poi arriverà il momento in cui i contendent­i nella Lega dovranno gio

care le loro carte e Salvini ha già la sua: dopo le amministra­tive ventilare che nel 2022 “si andrà al voto”. Ergo : la Lega uscirà dal governo indipenden­temente dall’elezione di Draghi al Quirinale. “Questo governo doveva completare la campagna vaccinale e scrivere il Recovery : adesso manca la legge di Bilancio e poi non ha più ragion d’essere” è il ragionamen­to di Salvini con i suoi. Un modo anche per evitare il congresso chiesto dall’ala nordista. Oppure anticiparl­o prima del voto per non dare il tempo ai governator­i di trovare una leadership­alterna

tiva e lanciare un referendum su di sé nel partito. Perché un conto sarebbe imporlo il congresso, un altro subirlo.

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Matteo Salvini con il “rivale” Giancarlo Giorgetti
FOTO ANSA Carroccio scoppiato Matteo Salvini con il “rivale” Giancarlo Giorgetti
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