• Caizzi Draghi non mette la faccia
L’aver delegato altri membri del governo a tenere la conferenza stampa sugli obblighi di “green pass ” anti- Covid, dopo l’ultimo Consiglio dei ministri, potrebbe aver confermato la convinzione di quanti ritengono – erroneamente – che il premier Mario Draghi sia poco interessato alla sua esposizione mediatica. In realtà non “metterci la faccia”quando teme rischi per la sua immagine – è un classico nella sua strategia di comunicazione, che è sempre stata attentissima perfino ai dettagli nei dispacci di agenzie di stampa. Ed era impostata per sostenere con determinazione le sue ambizioni, che ha realizzato guidando la Banca d’italia, la Banca centrale europea (Bce) e ora il governo.
Draghi ha sempre gradito comunicare in riunioni riservate, dove alcuni giornalisti venivano ammessi con l’impegno di rispettare le regole di confidenzialità attribuite al centro di studi politico-economici Chatham House di Londra. È un metodo molto usato da lobby semi- segrete di banchieri e grandi investitori multinazionali, che poteva starci negli anni di Draghi nella banca privata Usa Goldman Sachs. Ma, quando si ricoprono incarichi pubblici, non dovrebbe sempre prevalere il dovere di massima trasparenza?
Secondo le regole di Chatham House, tutto quello che il Draghi di turno dichiara – anche rispondendo a specifiche domande - può essere riportato, ma senza mai attribuirlo all’intervistato e all’organismo che rappresenta. Di fatto parla come fonte anonima. Ne consegue che questi incontri stile Chatham House possano produrre anche disinformazione e “veline” verbali, che il giornalista ammesso in genere è chiamato a diffondere (se vuole essere ancora invitato). A Draghi va riconosciuto ben altro livello di stile e di competenza rispetto a come questo opaco metodo di comunicazione è stato attuato – per esempio – dalla Commissione europea di Bruxelles. Il Corriere della Sera rivelò il caso del commissario Ue finlandese Olli Rehn, che organizzava colloqui con giornalisti fidati in stile Chatham House nella sauna della sede centrale: imponendo anche il “dress code” del suo Paese (nudo integrale). In più, chi voleva essere ammesso a colloqui riservati con commissari Ue, a volte doveva far pubblicare dal suo giornale interviste promozionali e addirittura “bozze di lavoro” di euroburocrati spacciate per anticipazioni di decisioni dell’ue, mentre la Commissione europea può solo proporre le direttive (i poteri decisionali spettano al Consiglio dei governi, con l’a p p r o va z i o n e dell’europarlamento per alcune materie). Draghi era interessato a comparire soprattutto sul Financial Times di Londra e sul Wall Street Journal di New York, i quotidiani di riferimento della finanza internazionale. Ha evitato i programmi tv, marcando così una netta distanza dai “tecnici da talk show” tipo l’ex premier Mariomonti o dai politici chiassosi come Matteo Salvini o Matteo Renzi. Una esposizione mediatica globale l’ha già acquisita negli otto anni alla Bce, dove rendeva note le posizioni ufficiali in conferenze stampa internazionali nella sede di Francoforte o in audizioni pubbliche nell’europarlamento a Bruxelles e Strasburgo. Per comunicare senza “metterci la faccia” non conosceva solo il metodo Chatham House . Quando partecipava alle riunioni - sempre segrete - dei capi di Stato e di governo dell’ue e dei ministri dell’eurogruppo, “casualmente” trapelavano alcune indiscrezioni sui suoi interventi, che non poteva non gradire. Dalle stesse fonti anonime non uscivano i fatti che potevano offuscare la sua immagine: tipo un acceso scontro all’eurogruppo con il ministro delle Finanze greco Euclid Tsakalotos, che portò il presidente della riunione a imporre ai due di andare a chiarirsi fuori dalla stanza. Draghi può irritarsi, se contestato con domande imbarazzanti. Vari giornalisti sospettavano che, da presidente della Bce, avesse assunto a capo della comunicazione il corrispondente del Financial Times da Francoforte, Michael Steen, anche per eliminare una voce potenzialmente critica. Tra i corrispondenti da Bruxelles si ricorda una conferenza stampa di un Eurogruppo/ecofin informale, dove Draghi – nell’ introduzione – anticipò di non voler trattare il tema più delicato del giorno per la Bce. E apparve contrariato, quando un giornalista gli rivolse proprio la domanda non voluta per fargli capire che solo i reporter possono decidere cosa chiedere. In seguito Draghi eliminò la presenza del presidente della Bce agli incontri con i giornalisti di Bruxelles negli Eurogruppo/ecofin informali e delegò i suoi vice a “metterci la faccia” al suo posto. Un po’ come ha fatto nella conferenza stampa sui discussi obblighi di “green pass”. Da premier dovrebbe però dimostrare sempre la massima trasparenza. E chiarire di aver rinunciato alle regole di Chatham House .