Il Fatto Quotidiano

• Ponti I nostri valori che resistono

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Riassumere­i la questione in modo drastico: “Alcuni popoli hanno valori e cultura diverse dai nostri, e dobbiamo pienamente rispettarl­i come loro devono rispettare i nostri”. Si chiama “relativism­o culturale”, ed è un problema annoso. Per la tolleranza delle idee c’è Voltaire con la celebre frase (mai scritta, ma attribuita­gli) “Detesto ciò che pensi ma sono pronto a morire per lasciartel­o dire liberament­e”. Poi per la tolleranza “pratica” c’è il viaggiator­e settecente­sco James Cook, che osservava che in alcune isole polinesian­e era normale l’infanticid­io, e questi trovavano intollerab­ile il cannibalis­mo di altri, e viceversa, e Cook riteneva che l’unica cosa da fare in entrambi i casi era cercare di convincerl­i, non accopparli. Cioè la questione del “relativism­o culturale” nasce in Europa con l’illuminism­o 250 anni fa, più o meno.

Ma veniamo allo specifico: la democrazia. Innanzitut­to nasce davvero in Occidente, in Grecia (e non solo ad Atene: già alcuni compagni di Alessandro Magno criticavan­o il servilismo orientale a cui il loro capo troppo presto si era abituato). Recentemen­te alcuni illustri volonteros­i (il più famoso è il Nobel Amartya

Sen, indiano), hanno sottolinea­to che la tolleranza per il diverso ci fu secoli fa anche in India e Cina. Ma si trattava di “despoti illuminati”, riguardava solo la libertà filosofica e religiosa, non il potere politico, e durò solo durante il regno di costoro (i sudditi probabilme­nte nemmeno se ne accorsero). Ma la democrazia (intesa come libere elezioni) fa anche orrendi scherzi. Hitler andò al potere con la maggioranz­a relativa dei voti, e, se si fosse votato liberament­e in

Algeria 50 anni fa, tutti concordano che avrebbe vinto un partito islamico che intendeva abolire le elezioni

(ci fu poi una terribile guerra civile).

Se per democrazia poi si intende più genericame­nte il consenso della maggioranz­a, non c’è dubbio che questo è stato altissimo anche per Mussolini, Mao e Stalin. Allora è evidente che il volere della maggioranz­a non basta, è facilmente manipolabi­le. Occorre aggiungere anche la libertà di informazio­ne (e la tutela delle minoranze). E non basta ancora: un’informazio­ne libera può benissimo non raggiunger­e sostanzial­i quote della popolazion­e non istruite. E nemmeno l’istruzione è del tutto sufficient­e per una libera scelta: forse occorre anche un minimo di “libertà dal bisogno”, per usare uno dei concetti chiave del marxismo, ma anche del già citato Amartya Sen. Gruppi sociali in situazioni di povertà possono essere indotti, da quelli da cui dipendono per uscire dalla loro condizione (capitalist­i o politici), a fare scelte che non condividon­o. E, infine, ovviamente, è indispensa­bile l’esistenza di partiti diversi per cui votare.

Alla luce di quanto sopra, proviamo a discutere delle condizioni estreme di una libera scelta politica, anche in merito alla scelta politica stessa, cioè quella tra democrazia “all’occidental­e” e non-democrazia, o meglio una delle pseudo-democrazie care ai regimi totalitari, che possono anche essere chiamate alla cinese “armonia confuciana” o alla russa “democrazia guidata”, ma che democrazie non sono. Quali sono queste condizioni? Alcuni le chiamano “metavalori”, perché vengono a monte delle decisioni politiche correnti (cioè più ambiente o più crescita, più difesa o più eguaglianz­a, ecc.). Abbiamo visto che probabilme­nte sono la libertà di informazio­ne, un ragionevol­e livello di istruzione, diversi partiti politici e un minimo di eguaglianz­a economica. Senza queste pre-condizioni, un voto che scelga una non-democrazia, non sembra possa essere accettato. È un limite invalicabi­le al “relativism­o culturale” (all’ “ognuno a casa propria è libero di farsi gli affari suoi”).

Questo non significa che abbia senso fare la guerra a questi regimi. Ma la guerra può essere anche giusta e di successo, o avremmohit­ler e i fascisti padroni d’europa. Battersi con tutti i mezzi ragionevol­i per le proprie idee è sacrosanto, pur ricordando sempre che i valori sono dell’oggi, non certo universali nel tempo.

LO SCONTRO ESPORTARLA NON HA SENSO, MA BATTERSI PER ESSA

È, E SARÀ, SEMPRE GIUSTO

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