“I bimbi non si ammalano, prima di vaccinarli sistemiamo le scuole”
Professor Francesco Vaia, direttore sanitario dell’ospedale di malattie infettive Spallanzani di Roma, è contrario alla vaccinazione dei bambini sotto 12 anni?
Non sono contrario in assoluto. Ma, uno, la malattia sui bimbi è rara, al “Bambin Gesù” di Roma neppure uno è finito in terapia intensiva, al massimo degenze di tre, quattro giorni; e anche il contagio resta molto basso. Due, serve a proteggere i più deboli? Abbiamo detto che tra i bambini anche il contagio è su numeri piccoli, quindi se non sono infetti non contagiano, anche perché tendenzialmente ormai dovrebbero stare con genitori vaccinati che li portano a scuola da insegnanti vaccinati. Tre, non possiamo andare sempre a rincorrere comunicati stampa delle case farmaceutiche: ne riparleremo, eventualmente, quando si pronunceranno le agenzie regolatorie. Al momento non ci sono evidenze scientifiche inoppugnabili.
Quindi ci sta dicendo che è un dibattito lunare?
Secondo me non ci sono le condizioni per fare questi vaccini ai bambini, i numeri dei trial sono troppo piccoli. D’altra parte c’è difficoltà a trovare adulti in questo momento per la sperimentazione degli anticorpi monoclonali, immaginate che ci possa essere la corsa a far sperimentare il vaccino anti-covid sui bambini? Io mi chiederei come si proteggono i bambini, invece. Con la vaccinazione degli adulti lo abbiamo già detto. Poi con aule capaci, con distanze possibili, invece siamo ancora alle “classi pollaio”. I presidi e gli operatori scolastici denunciano questo almeno. Senza parlare degli impianti di ricircolo dell’aria vetusti... così avremo un inverno con dei poveri piccoli costretti a un’odiosa per loro mascherina ma con le finestre aperte a soffrire il freddo e, magari, ammalarsi.
Poi c’è il capitolo trasporti... anche qui non sono stati fatti grandi progressi o sbaglio?
Sì, da un anno e mezzo non è stato fatto niente, questo è sotto gli occhi di tutti. Riguarda i ragazzi più grandi, diciamo dai 14 anni, magari speriamo vaccinati. Ma che tipo di trasporti gli stiamo offrendo per portarli nelle scuole? Autobus nuovi e ampi, che permettono una giusta distanza? Sanificati? Non mi pare.
Non si vive di solo vaccino insomma...
Il vaccino è uno strumento fondamentale, strategico, che sta dando risultati incredibili. Ma non trasforma in Superman. Sconta una piccola percentuale di inefficacia e c’è il problema dei fragili che possono non produrre anticorpi. Per questo, per loro, serve la dose addizionale, da studi già solidi parrebbe molto utile. Mi concentrerei su questo, rispetto alla campagna vaccinale, insieme alla situazione degli over 50 che nel prossimo mese e mezzo andrebbero coperti, perché in Italia sono davvero ancora troppi a non aver ricevuto neppure una dose (più di tre milioni, ndr).
Lei ha anche un incarico di consulenza nella Federazione italiana giuoco calcio: si invoca da più parti un ritorno alla capienza del 100% negli stadi, cosa ne pensa?
È un falso problema. Uno stadio nuovo, funzionale, un’a r ena-salotto, con le giuste corsie per flusso e deflusso, puoi riempirlo. Solo pochi stadi in Serie A se lo possono permettere oggi. Dal punto di vista epidemiologico fanno più danni 20 mila persone in stadi fatiscenti pensati nel secolo scorso che 50 mila in uno stadio nuovo con tutti i crismi.
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E poi i più piccoli li portano in classe genitori e nonni vaccinati da insegnanti vaccinati o no?