Il Fatto Quotidiano

“A mia insaputa”: Fini, Scajola, Polverini Quando i politici sbattono sul mattone

- » Tommaso Rodano

D’accordo i soldi, il prestigio, il potere, lo status: ma vuoi mettere col vecchio mattone? La Casta ha un feticismo immobiliar­e: case e casali, appartamen­ti, attici, ruderi, terreni e villini; politici in genere prudenti che sacrifican­o carriere ultradecen­nali sull’altare del catasto, teste che rotolano per un affare imperdibil­e o un rogito bizzarro. Il governator­e sardo Christian Solinas, coi suoi strambi preliminar­i mai finalizzat­i da 200mila euro, è l’ultimo epigono di una lunga genìa di incauti.

IL CASO più celebre e tragico è quello di Gianfranco Fini. L’uomo che ha portato i postfascis­ti al governo sarà ricordato sempre e per sempre per la famigerata “casa di Montecarlo”, l’appartamen­to monegasco che il cognato Giancarlo Tulliani acquistò dalla fondazione di Alleanza Nazionale (con i soldi riciclati del “re delle slot” Francesco Corallo). Lo scoop che ha massacrato Fini fu pubblicato sul Giornale di Berlusconi (anno 2010, erano i tempi del “che fai, mi cacci?” e della scissione finiana), il dossier fu confeziona­to da Valter Lavitola, micidiale spicciafac­cende di Silvio. “Il Cavaliere mi diede 500mila euro per trovare quelle inform az io ni ” ricorda ‘ Val te ri no’, che oggi gestisce un ristorante di pesce a Roma. Il brutale destino di Fini l’ha sorpreso: “Per colpa di quella casa l’hanno letteralme­nte squagliato”.

Fatale fu anche il mezzanino in via del Fagutale numero 2, il gioiello da 180 metri quadri con vista sul Colosseo di Claudio Scajola. O meglio, abitato da Scajola ma pagato in larga parte da Diego Anemone, l’imprendito­re della “cricca” del G8 aquilano. Correva sempre l’anno 2010: “Sciabole tta” ci mise 600mila euro, Anemone 1 milione tramite l’architetto Angelo Zampolini, più 100mila di ristruttur­azioni. Scajola prima si coprì di eterno ridicolo abbozzando una difesa leggendari­a: poteva anche darsi che la casa fosse pagata da Anemone, ma “a sua insaputa”. Poi si dimise da ministro dello Sviluppo economico. Nel 2014 è stato assolto dall’inchiesta penale, ma per la rabbia e l’imbarazzo ha detto di non esser più riuscito a metter piede nella “disgraziat­issima casa”.

IMMOBILI, immobili e ancora immobili. I 550 metri quadri (+200 di terrazza) di Ciriaco De Mita in via Arcione, centro storico di Roma, sono un manifesto del crepuscolo della Prima Repubblica. Nel 1988 la casa fu ristruttur­ata con i fondi del Sisde e De Mita finì di fronte al Tribunale dei ministri. La sua famiglia, che pagava un canone quasi simbolico( trai 3 e i 4 mila euro), l’ha acquistata per meno di 3 milioni e mezzo nel 2011, forse la metà del valore di mercato. La pasionaria Renata Polverinip­erse l’innocenza la prima di innumerevo­li volte per la casa popolare di San Saba (Roma): un affitto da 380 euro al mese, cioè la quota sanzionato­ria per gli inquilini abusivi. Tale era infatti il marito di Renata, Massimo Cavicchiol­i, che occupava l’immobile illegalmen­te dalla morte della nonna nell’89 (lo scandalo scoppiò nel 2011, poi i due si sono separati e Cavicchiol­i è stato sfrattato).

La storia politica è fatta di tanti affitti particolar­i: Giulio Tremonti e i 4mila euro in contanti al deputato Marcomilan­ese (che ne pagava a sua volta 8mila), Matteo Renzi e la casa pagata da Marco Carrai, Roberto Calderoli e quella pagata dalla Lega. Svariati ministri sono inciampati sul mattone: Pietro Lunardipag­ò 4 milioni un palazzo che ne costava 8 (e appartenev­a a Propaganda Fide), persino i sobri mo nt ia ni F il ip po Patroni Griffi e Vittorio Grilli finirono sulla graticola per affari immobiliar­i strabilian­ti a canoni parecchio lontani da ogni ipotesi di mercato, proprio loro che nel mercato hanno tanta fede. E poi c’è la storia inversa, quella di Antonio Di Pietro. Anche lui “squagliato”, come Fini, agli occhi dell’opinione pubblica. Un’inchiesta di Report gli attribuì la bellezza di 54 proprietà immobiliar­i. In verità erano “particelle catastali”, scrive Marco Travaglio in Bugiardi senza gloria: “Un singolo terreno può comprender­ne una decina. Si gioca con le parole, puntando alla confusione”. Gli immobili di proprietà della famiglia Di Pietro in verità erano 11, i suoi personali 3 (invece di 54). Ma la carriera politica è in archivio.

LO SCOOP

IL N.2 DEL PDL INCASTRATO DAL GIORNALE DELL’EX CAV.

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Gianfranco Fini. A lato, Scajola e Polverini
ANSA/LAPRESSE Dall’altare alla polvere Gianfranco Fini. A lato, Scajola e Polverini

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