Trudeau e il voto: un capriccio costato 600 milioni di dollari
Justin Trudeau ha vinto le elezioni, ma ha perso la scommessa. Il partito dei liberali canadesi non raggiunge i 170 seggi necessari per ottenere la maggioranza perduta ormai due anni fa e il premier rimane ancora a capo di un governo di minoranza, saldo in sella al potere di Ottawa, ma senza davvero controllare le redini dell'esecutivo. Non agguanta l'ampio suffragio a cui ambiva, il vero motivo per cui il premier 49enne aveva indetto queste elezioni anticipate a metà agosto scorso, durante la quarta ondata dell'emergenza sanitaria. Urne bandite, hanno detto sin da subito i suoi detrattori, solo per mera ambizione personale. Eletto nuovamente da “milioni di canadesi per un piano progressista” e per “superare la pandemia e arrivare a giorni più luminosi”, dopo la timida vittoria ai seggi, Trudeau ha promesso subito “un reale cambiamento” ai cittadini delusi che non sentivano la necessità di queste legislative anticipate. Queste preferenze, dunque, delegittimano più che rafforzare. Non è una vera vittoria: quella che il premier canadese ha celebrato ieri è solo una sconfitta minore rispetto a quella dell'avversario, i l conservatore Erin O'toole. Per il suo rivale “i canadesi hanno rispedito Trudeau indietro con un'altra minoranza, ma al costo di 600 milioni di dollari e divisioni ancora più profonde in questo grande Paese”. Costate quasi 500 milioni di dollari americani, queste urne hanno riproposto quasi il medesimo risultato delle elezioni bandite nell'ottobre 2019, quando i liberali ottennero solo 157 seggi, solo uno in più rispetto a oggi. L'opposizione conservatrice ne detiene adesso 123, seguono gli indipendentisti del Quebec, la sinistra del Nuovo Partito democratico e Verdi. Per gli esperti queste cifre raccontano davvero solo il disincanto della fetta dello stesso elettorato canadese che favorì l'ascesa del primo ministro nel 2015: oggi, sette anni dopo, si ritrova politicamente più debole di allora, ma alla boa del suo terzo mandato.