Commercio, Biden gela Johnson
Boris alla conquista dell’america, missione fallita. Dalla visita ufficiale alla corte di Joe Biden, il primo ministro britannico doveva riportare almeno un cenno di impegno da parte degli Usa a chiudere presto i negoziati per un accordo commerciale bilaterale fra i due alleati. È un pilastro fondamentale della retorica Brexit: libero dai vincoli dell’unione europea, il Regno Unito doveva trasformarsi in Global Britain e concludere accordi vantaggiosi con mezzo mondo. Il predecessore di Biden, Trump, aveva promesso di dare la priorità al trattato: ma la nuova Casa Bianca ha altri interessi, altri problemi, altri interlocutori, tanto che già lunedì Johnson aveva messo le mani avanti con i giornalisti britannici al seguito: “Joe ha altro a cui pensare adesso”, aveva anticipato. “Preferisco avere un buon accordo, che funzioni davvero per il Regno Unito, piuttosto che averlo presto”.
L’ostacolo? Brexit, paradossalmente. Ovvero il protocollo nord-irlandese, cioè l’asse tto dell’accordo fra Londra e Bruxelles sull’irlanda del Nord, che Londra minaccia di violare con misure che rischiano di mettere in forse il processo di pace raggiunto, grazie anche alla mediazione americana, con gli accordi del 1998. L’amministrazione di Joe
Biden, lui stesso di origine irlandese e con forti legami elettorali con la diaspora irlandese negli Usa, ha chiarito che l’accordo bilaterale è strettamente collegato al rispetto di quegli accordi, e non si farà se il processo di pace verrà messo a rischio. Il presidente Usa lo ha ribadito a margine del colloquio con Johnson: “Non vorrei davvero vedere nessuna modifica degli accordi irlandesi che porti al ritorno di un confine fra le due Irlande”. Insomma, Downing street ha le mani legate, tanto da prendere in considerazione misure alternative: funzionari britannici hanno fatto ventilare l’ipotesi che Londra tenti di entrare nell’usmca, l’accordo commerciale fra Usa, Messico e Canada. Ma lo farebbe dalla porta di servizio, e i Paesi membri potrebbero porre condizioni pesanti. Ieri una inchiesta di Opendemocracy avanzava l’ipotesi che il prezzo da pagare per il trattato con Washington sia anche un altro: il piatto ricchissimo dell’accesso indiscriminato, da parte di colossi Usa del settore assicurativo, farmaceutico e medicale, ai dati dei britannici, soprattutto quelli dell’nhs, il servizio sanitario nazionale. Secondo indiscrezioni, per i negoziatori americani “il libero flusso dei dati è una assoluta priorità” nelle trattative. Dopo Brexit, non c’è più la regolamentazione europea a proteggere la miniera d’oro della privacy digitale.