Il Fatto Quotidiano

I portuali “irredenti”: da Trieste sognano la guida dei No Pass

- » Marco Grasso

Il perimetro della storia, alla fine, è tutto in questa piccola sede Acli diventata epicentro di una crisi nazionale. Lo scontro fra un piccolo sindacato di portuali e il governo italiano, due interlocut­ori impensabil­i pochi giorni fa. Il nodo vero è la folla che spinge i camalli di Trieste: i No Pass più agguerriti d’italia, che qui portano in piazza 15 mila persone su 200 mila abitanti, e un comitato di 1.500 lavoratori vari che si oppone al certificat­o verde, obbligator­io da oggi nei luoghi di lavoro.

STEFANO PUZZER spiega il collegamen­to fra le due realtà in modo semplice: “Loro cercavano qualcuno che ci mettesse la faccia. Ecco, noi adesso siamo quella faccia”. Puzzer ha 45 anni, 25 li ha passati tra i moli. Ha conquistat­o una notorietà improvvisa come portavoce del Coordiname­nto dei lavoratori portuali di Trieste (Clpt), la scheggia impazzita che minaccia il sistema: “Il Green pass divide e discrimina i lavoratori, Draghi lo deve eliminare per tutti”. Il portuale che si rivolge al premier. Potrebbe sembrare una storia da anni Settanta. Ma è soprattutt­o ultra-contempora­nea, perché il tema vero è la parcellizz­azione delle lotte sindacali. La palla di neve è diventata la proverbial­e valanga quando i capi della protesta hanno capito che di fronte avevano un gigante dai piedi d’argilla: applicare il Green pass negli scali marittimi è oggettivam­ente complicato; e bloccare il porto di Trieste significa mandare in fumo milioni di euro. Quando si è cominciato a realizzare che si andava a sbattere, troppo tardi, la contropart­e ha ceduto: tamponi gratuiti a spese delle aziende. E loro, i portuali ribelli, hanno rifiutato ciò che avevano chiesto, facendone questione di principio: “Blocchiamo il porto a oltranza, finché il pass non viene cancellato”. Quello strappo brucia ancora come carne viva. Si capisce dall’espression­e ferita del presidente dell’autorità portuale, Zeno D’agostino, uno che con i lavoratori è abituato a dialogare. Ha lo sguardo cupo di chi sa che si è rotto qualcosa che non si ricomporrà: “Se il porto di Trieste si ferma per cinque giorni io non posso più fare questo lavoro. Non avremmo più credibilit­à. Allora preferirei i panni di un dimissiona­rio piuttosto che quelli di Puzzer”.

D’agostino lascia le dimissioni in sospeso, sperando che tutto evapori in un giorno come un brutto sogno: “Avremo una manifestaz­ione cittadina in trasferta nel porto, non uno sciopero. Domani andrà così. Dopodomani, però, mi attendo un segnale, dall’altro porto, la maggioranz­a silenziosa. Nessuno si permetta di fare picchetti”. Il Clpt nasce nel 2014, dopo una rottura drammatica fra le sigle confederal­i e la base. “Siamo partiti in 4, oggi siamo 300”, dice Puzzer. Una minoranza che è maggioranz­a relativa in un porto di 1.000 dipendenti e 500 precari. Se vogliono, possono davvero bloccare i varchi. L’orientamen­to politico è insondabil­e. Ci sono esuli dalla Cgil, il nemico numero 1, simpatizza­nti di estrema destra, qualche ultrà della Triestina e un segretario, Alessandro Volch, con un passato nella sinistra extraparla­mentare. L’unico collante ideologico è tutto locale: un autonomism­o indipenden­tista che vorrebbe il porto come una realtà extraterri­toriale, esente da tasse. Questo significan­o le scritte sulle giacche, “Annex VIII Treaty of Peace”, l’allegato del trattato del ‘56 su cui poggiano le rivendicaz­ioni.

“I nostri iscritti domani entreranno. E se non ci riuscirann­o, lo faranno sa

IRRIDUCIBI­LI CONFEDERAL­I SPARITI, TUTTI SPERANO IN UN BLUFF

bato”. Michele Piga è il segretario locale della Cgil, con Puzzer si conoscono fin da bambini, anche se oggi sono uno di qua e l’altro di là: “Io spero che questa vicenda non gli sfugga di mano. A Trieste il 65% della forza lavoro triestina è vaccinato. Non ci sono tamponi per tutti. Le istituzion­i hanno fatto finta di niente, questo è il problema vero”. Le sue parole, tradotte, riassumono ciò che sperano un po’ tutti, anche il Prefetto, che ieri ha definito lo sciopero “illegale”: che si concluda tutto oggi, senza che nessuno si faccia male. In senso fisico, ma anche metaforico: potrebbero essere ugualmente devastanti le immagini di portuali “crumiri”, insultati dai No Vax. E se davvero la situazione degenerass­e, qui la faccia la rischia anche chi l’ha messa.

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