Aggiornare il “Fa scismo ete r no” di Umberto Eco
I fatti di Roma si sono incaricati di svelare a un’opinione pubblica finalmente sgomenta un sottostante disegno eversivo, sebbene ancora manifestamente bislacco e inadeguato. Stavolta è stato davvero impossibile equivocare: i più hanno percepito la pretestuosità dei temi “negazionisti” complessivamente intesi, e sono inorriditi alla vista degli energumeni che li hanno impugnati come un enorme randello. Un’arma rozza, che non ammette repliche, non a caso simbolo di intolleranza, scatenata contro il buon senso. Il 12 ottobre ho letto sul Fatto un breve commento di Daniela Ranieri al riguardo, “Squadrismo, ora la matrice è chiara: Colpa della sini
stra ”, secondo cui matrice si deve alla solita stampa nostrana, mai abbastanza derisa da chi sa bene dove sia il problema e cosa sarebbe opportuno fare, prima o poi, per provare a risolverlo. Ma era solo un’annotazione a margine, sia pure puntuale del fenomeno, inteso nel suo complesso, che forse è arrivato il momento di esaminare a fondo, in tutte le implicazioni, non solo storiche, che lo caratterizzano e lo definiscono. Il tema del “Fascismo eterno” di cui ha scritto Umberto Eco andrebbe a mio avviso nuovamente trattato alla luce dei tantissimi indizi, più o meno contemporanei, della sua sopravvivenza, a prescindere e a partire dall’esperienza traumatica del “fascismo reale”. Penso al disprezzo per la povertà, la fragilità, lo svantaggio e la malattia. Al compiacimento quasi generalizzato per gli arricchimenti illegali o anche solo immorali, annoso oggetto di sdoganamenti sistematici, a dispetto della legalità, delle inchieste e delle sentenze. Ma penso anche al macroscopico degrado della cultura di massa, al semianalfabetismo tollerato, addirittura incoraggiato, laddove possa tradursi in diffuso annebbiamento delle coscienze e fraintendimento macroscopico dei propri problemi e necessità. E come sottovalutare la proposizione, come modelli d’eccellenza, di figure autoreferenziali e bercianti di improbabili intellettuali, o musicisti da piano bar spacciati per geniali compositori contemporanei, con conseguente inutile sdegno di quanto ancora resta della vera eccellenza italiana, nella cultura e nell'arte in generale. E sono solo esempi, tra i tantissimi possibili. Mi chiedo quando finalmente riusciremo a venir fuori da tutto questo: sarà dura. Mi basterebbe comunque che si provasse a chiudere la famosa stalla, prima che i buoi scappino. Ciò nell’interesse di tutti: di destra, sinistra, centro, di sopra e di sotto. Per la stampa libera, forse sarebbe il caso di iniziare a divulgare il più possibile la corretta nozione di “fascismo”, così come delineata da Eco nel suo illuminante saggio, che si impegna a spiegare “perché la parola fascismo divenne una sineddoche, una denominazione pars pro toto per movimenti totalitari diversi”, come tale tuttora utilizzata in tutto il mondo, senza riferimenti alla storia d’italia .