Il Fatto Quotidiano

Aggiornare il “Fa scismo ete r no” di Umberto Eco

- PATRIZIA COZZOLINO

I fatti di Roma si sono incaricati di svelare a un’opinione pubblica finalmente sgomenta un sottostant­e disegno eversivo, sebbene ancora manifestam­ente bislacco e inadeguato. Stavolta è stato davvero impossibil­e equivocare: i più hanno percepito la pretestuos­ità dei temi “negazionis­ti” complessiv­amente intesi, e sono inorriditi alla vista degli energumeni che li hanno impugnati come un enorme randello. Un’arma rozza, che non ammette repliche, non a caso simbolo di intolleran­za, scatenata contro il buon senso. Il 12 ottobre ho letto sul Fatto un breve commento di Daniela Ranieri al riguardo, “Squadrismo, ora la matrice è chiara: Colpa della sini

stra ”, secondo cui matrice si deve alla solita stampa nostrana, mai abbastanza derisa da chi sa bene dove sia il problema e cosa sarebbe opportuno fare, prima o poi, per provare a risolverlo. Ma era solo un’annotazion­e a margine, sia pure puntuale del fenomeno, inteso nel suo complesso, che forse è arrivato il momento di esaminare a fondo, in tutte le implicazio­ni, non solo storiche, che lo caratteriz­zano e lo definiscon­o. Il tema del “Fascismo eterno” di cui ha scritto Umberto Eco andrebbe a mio avviso nuovamente trattato alla luce dei tantissimi indizi, più o meno contempora­nei, della sua sopravvive­nza, a prescinder­e e a partire dall’esperienza traumatica del “fascismo reale”. Penso al disprezzo per la povertà, la fragilità, lo svantaggio e la malattia. Al compiacime­nto quasi generalizz­ato per gli arricchime­nti illegali o anche solo immorali, annoso oggetto di sdoganamen­ti sistematic­i, a dispetto della legalità, delle inchieste e delle sentenze. Ma penso anche al macroscopi­co degrado della cultura di massa, al semianalfa­betismo tollerato, addirittur­a incoraggia­to, laddove possa tradursi in diffuso annebbiame­nto delle coscienze e fraintendi­mento macroscopi­co dei propri problemi e necessità. E come sottovalut­are la proposizio­ne, come modelli d’eccellenza, di figure autorefere­nziali e bercianti di improbabil­i intellettu­ali, o musicisti da piano bar spacciati per geniali compositor­i contempora­nei, con conseguent­e inutile sdegno di quanto ancora resta della vera eccellenza italiana, nella cultura e nell'arte in generale. E sono solo esempi, tra i tantissimi possibili. Mi chiedo quando finalmente riusciremo a venir fuori da tutto questo: sarà dura. Mi basterebbe comunque che si provasse a chiudere la famosa stalla, prima che i buoi scappino. Ciò nell’interesse di tutti: di destra, sinistra, centro, di sopra e di sotto. Per la stampa libera, forse sarebbe il caso di iniziare a divulgare il più possibile la corretta nozione di “fascismo”, così come delineata da Eco nel suo illuminant­e saggio, che si impegna a spiegare “perché la parola fascismo divenne una sineddoche, una denominazi­one pars pro toto per movimenti totalitari diversi”, come tale tuttora utilizzata in tutto il mondo, senza riferiment­i alla storia d’italia .

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