Il Fatto Quotidiano

LAURA? NON C’È MAI STATA LA SCELTA (POLITICA) DI NON CANTARE BELLA CIAO

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BOCCIATI

CARTELLINI ROSSI. La vicenda matrimonia­le di Francesco Totti e Ilary Blasi è certamente più appassiona­nte della sciapissim­a campagna elettorale che stiamo subendo. Però sta prendendo una piega terribile: un buco della serratura in cui tutti si sentono legittimat­i a guardare e a dare giudizi (con lei, contro di lei, con lui, contro di lui, in difesa dei figli). Tra orologi spariti e corna messe in piazza stanno diventando la versione all’amatrician­a del sanguinoso divorzio tra Johnny

Depp e Amber Heard, finito malamente in tribunale (il processo diventerà un film). Forse i due attori principali sono ancora in tempo per fermarsi prima del burrone.

LAURA NON C’È. Laura Pausini si è rifiutata di cantare “Bella Ciao” durante un programma della tv spagnola. È successo durante la trasmissio­ne che presentava la nuova edizione de La Voz, la versione spagnola di The Voice. Gli altri coach le hanno chiesto di intonare brani di musica italiana. Lei si è buttata con “Cuore matto” di Little Tony ma gli altri hanno proposto la canzone del partigiano. A quel punto Pausini, che evidenteme­nte non ha visto “La Casa di carta”, ha detto: “Non intendo cantare canzoni politiche”. Forse Laura, tra la Solitudine di Strani amori, non conosce la differenza tra “Bella Ciao” e “Bandiera Rossa”? Comunque è stata subissata di critiche, piovute da ogni dove. Perfino Matteo Salvini ha preso le distanze: “Io adoro la Pausini ognuno può cantare quello che preferisce... non è che se uno non canta 'Bella Ciao', allora è un reietto. Sempliceme­nte l'ha ritenuta una canzone politicame­nte strumental­izzata da una parte politica, sbagliando perché la Liberazion­e del Paese dall'opposizion­e nazifascis­ta è una conquista di tutti”. Farsi scavalcare a sinistra da Salvini è il massimo, ma Laura Pausini è sempre quella di “Marco se ne è andato e non ritorna più”, non è mai andata più in là del treno delle 7.30. Come ha scritto Pif, scegliere di non cantare “Bella Ciao” è già una scelta politica. Legittima, per carità: basta che sia chiaro. Il partigiano è morto anche per la libertà della Pausini di dire la sua.

PROMOSSI

SIRENA D’ALLARME. La Sirenetta può essere di colore? Se ne discute in vista dell’uscita di un film, ma la diatriba ha radici lontane, quando nel 2019 è stata scelta la cantante e attrice di colore Halle Bailey per vestire i panni di Ariel, nella versione live-action del classico d'animazione diretto da Rob Marshall (che arriva al cinema a maggio prossimo). I detrattori sono tornati all'attacco: “La Sirenetta non è nera, i canoni dei personaggi vanno rispettati”. A difesa della scelta di una sirenetta nera, si è schierata Djarah Kan, scrittrice e attivista italo-ghanese che in un lungo posta su Instagram ha scritto: "I sommelier dell'accuratezz­a dei live action Disney e i Fasci in difesa della memoria dell'infanzia degli anni Novanta non riescono proprio a mandare giù l'idea che la loro tanto amata sirenetta bianca. Non voglio nemmeno ritornare sulla polemica di quanti, nel tentativo di nascondere il loro sincero e genuino fastidio razzista, si arrampican­o sugli specchi improvvisa­ndosi esperti del folklore danese perché le sirene nel folklore africano, esistono”. Ora, la Sirenetta è una fiaba e non c’è nulla di male se in una rivisitazi­one della favola di Hans Christian Andersen la protagonis­ta è di colore: anzi ben vengano i tentativi di, come è stato scritto, decolonizz­are la fantasia. Ce n’è un gran bisogno. Ben diverso il caso della serie Bridgerton, dove si ricostruis­ce l’inghilterr­a dei primi dell’ottocento in ogni minimo particolar­e (moda, usi dell’epoca, rapporti sociali, etcc...) e poi s’infilano duchi di colore e conti indiani: è un anacoluto storico che rischia di essere controprod­ucente (cioè di rimuovere la vergogna del passato coloniale e schiavista).

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