Il Fatto Quotidiano

Falsi storici Quando, per catturare voti, si inventano frasi di Falcone (mai dette)

- NANDO DALLA CHIESA

SSignore e signori, ecco a voi l’ultima settimana elettorale. I celebri venditori di almanacchi ci provano ancora nell’incredulit­à generale. Perché ormai si sfogliano i programmi dei partiti nei ritagli del tempo libero per farsi due risate. “Guarda qua che cosa sparano sapendo che i soldi non ci sono”, ridacchia sconsolato l’amico, andato su Google a colpo sicuro. “E questi? Incredibil­i: hanno avuto anni per farlo dal governo e non gli è mai neppure passato in mente di parlarne”. L’amico sfoglia e incalza, ci vede benissimo anche sul cellulare: “Senti questi… Ma se hanno passato il tempo a dire il contrario”.

Riso amaro. In fondo, è un ulteriore segno del declino il farsi beffe dei programmi elettorali, anziché entusiasma­rsi o arrabbiars­i mentre li si legge. A un certo punto l’amico becca la piccola perla che provoca in me un sussulto. È a pagina 22 di un programma infarcito di concetti con cui coltivo da decenni una certa dimestiche­zza. Concetti di sinistra: «Vogliamo investire nella cultura come spazio di emancipazi­one, strumento di socialità e opportunit­à di crescita personale». Beh, questo funziona, chioso sollevato. Il principio è sacrosanto ed è anche detto bene, aggiungo. L’amico mi guarda furbo, però, e continua a leggere: là dove si definisce la cultura «strumento di contrasto alla cultura dell’illegalità. Quando chiesero a Falcone cosa ne pensasse dell’esercito in Sicilia contro la mafia, lui rispose ‘Certo che voglio l’esercito, voglio un esercito di

insegnanti perché la mafia teme la cultura’». Ragazzi no, è troppo. Va bene (si fa per dire) promettere la luna ai citrulli. Va bene fingersi ossequiosi di certi valori. Ma mettere in bocca alle persone, con tanto di virgolette, cose che non hanno mai detto, questo proprio no.

Mi immagino così, tra il disperato e l’ironico, il giovanotto che scrive la frase ispirata. Gli altri che la leggono e si compiaccio­no dello sfoggio di cultura, commentand­o orgogliosi “e poi dicono che non parliamo di mafia nei programmi, il fatto è che ne parliamo in modo non convenzion­ale”. Dice: ma in fondo Falcone potrebbe averla detta davvero quella frase, non è mica contro le sue convinzion­i. Sì, ma non l’ha mai detta, questo è il problema. Lo è soprattutt­o nel trentennal­e in cui affettando di conoscerlo o addirittur­a di averlo conosciuto gli si è fatto dir di tutto, perfino che “oggi la mafia è finanza”. Ha ragione l’amico a inarcare il sopraccigl­io. Perché a parlare di “un esercito di maestri elementari” è stato Gesualdo Bufalino, anche se chi ha letto i suoi libri giura che non si trovi in nessun suo scritto; deve averlo detto informalme­nte in qualche intervista o discorso, a un premio letterario o ad una cena. Fatto sta che da decenni viene attribuito a lui. Che la mafia temesse “più la scuola della giustizia” lo diceva sovente Antonino Caponnetto, il magistrato alla guida del pool dello storico maxiproces­so. Ma Falcone quella frase non l’ha mai detta. È un dettaglio, certo. Ma è come mettere “i miei venticinqu­e lettori” in bocca al Foscolo, o i cipressi di Bolgheri al Pascoli. Perché mai questo squaquarac­chio proprio nelle pagine dedicate alla cultura? Perché questa irragionev­ole esibizione di conoscenze inesistent­i? In fondo mica te l’ha ordinato il medico di scriverne. La questione, come si può ben capire, non è quella di ergersi a vestali di Falcone, benché non faccia certo piacere vederlo regolarmen­te maltrattat­o dal primo che passa. Ma è quella, dannatamen­te più semplice, di fermare questa corsa a inventare fatti, parole e cose quando si parla di mafia o di antimafia. Di arginare questa tendenza a fare gli esperti fidando nell’ignoranza altrui. Di andare nelle scuole a raccontare panzane a giovanissi­mi che prendono nota diligente per poi andare a raccontarl­o a loro volta. Ci mancavano solo i programmi elettorali. Alla pagina della cultura.

ASSURDO UNA CITAZIONE CHE IL GIUDICE NON HA MAI FATTO: È DI BUFALINO

 ?? ?? L’ultimo oltraggio Il giudice Giovanni Falcone
L’ultimo oltraggio Il giudice Giovanni Falcone

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy