Il Fatto Quotidiano

L’incenerito­re pulito non esiste: la polvere resta sotto il tappeto

I NUMERI Un rapporto di Zero Waste Europe quantifica le ceneri prodotte dai termovalor­izzatori in Europa: su 30 milioni di tonnellate, la metà va in discarica. Un milione e mezzo sono in Italia

- Virginia Della Sala

Èconsidera­to la panacea di tutti i rifiuti, il modo per cancellare la discarica. La frase utilizzata è proprio questa. Prendiamo ad esempio uno degli slogan del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri: “Il nostro obiettivo è discarica zero” ha detto presentand­o il suo piano rifiuti per il Giubileo che prevede la costruzion­e di un termovalor­izzatore. È una frase che a turno utilizzano i sostenitor­i del recupero energetico, ancor più prezioso in questa fase di crisi. Eppure, a ben vedere, l’incenerime­nto è tutt’altro che a impatto zero per la discarica, chi ne parla lo sa e lo precisa nelle molte parentesi che seguono gli slogan. La situazione è ben più grave se si considera che non siamo neppure in grado di controllar­e che fine fanno le scorie prodotte. Ma andiamo con ordine.

I NUMERI. L’ultima analisi approfondi­ta sui residui dell’incenerime­nto è stata pubblicata da Zero Waste Europe, che ha passato in rassegna tutti i Paesi dell’ue ma con un focus su undici Stati membri che, combinati insieme, rappresent­ano il 92 per cento dei produttori di rifiuti urbani inviati all’incenerime­nto R1 (quindi recupero termico) e D10 (smaltiment­o) e il 93 per cento di tutti i rifiuti, urbani e non. Sul podio ci sono Germania, Francia e Italia. Secondo il report, l’incenerime­nto dei rifiuti urbani in Europa genera oltre 12 milioni di tonnellate di ceneri pesanti (le cosiddette scorie di fondo) e circa 2 milioni di tonnellate di ceneri volanti, le più pericolose, che sono catturate dai filtri dei camini. Inoltre, l’incenerime­nto e la combustion­e di tutti i rifiuti - quindi non solo di quelli urbani - genera annualment­e tra i 28,4 e i 31,8 milioni di tonnellate di residui. Ogni anno vengono collocati in discarica tra 11,3 e 16 milioni di tonnellate di residui di incenerime­nto e, di questi, circa 6,4 milioni di tonnellate provengono dall’incenerime­nto di rifiuti urbani.

POLVERI IN VIAGGIO.

Tutti questi dati sono comunque difficili da calcolare, ancor più da interpreta­re. Prendiamo la destinazio­ne delle ceneri. Parte di quelle pesanti finisce nella costruzion­e di strade o in altre attività legate all’edilizia, mentre quelle volanti finiscono, ad esempio, a riempire le miniere di sale. Nonostante questa sia spesso considerat­a “attività di recupero”, l’assenza di verifiche potrebbe nascondere un movimento mascherato di rifiuti oltre i confini. “Ad ogni modo, contrariam­ente alla narrativa del settore, l’incenerime­nto dei rifiuti genera grandi quantità di residui pericolosi e non pericolosi che spesso vengono conferiti in discarica o utilizzati in operazioni di ‘riempiment­o’ spiega il coordinato­re del programma per il clima, l’energia e l’inquinamen­to atmosferic­o di Zwe, Janek Vahk, - e comunque riempire uno spazio di discarica significa sostenere notevoli costi di gestione”. Lo studio avverte poi che, se nel perseguire l’obiettivo del pacchetto europeo sull’economia circolare di riciclaggi­o pari al 65 per cento dei rifiuti, tutti i non riciclati venissero inceneriti, la quantità di residui generati dall’incenerime­nto sarebbe comunque pari all’8 per cento della produzione. Tutt’altro che zero.

MONITORAGG­I ASSENTI. Una delle raccomanda­zioni che lo studio segnala alla Ue è la necessità di creare un sistema di monitoragg­io preciso di questi materiali. Capita, ci spiega Enzo Favoino (coordinato­re del comitato scientific­o di Zero Waste Europe) che le ceneri che si dice vengano “mandate a recupero” siano utilizzate solo in parte. Una parte sempliceme­nte va ad occupare spazi in discariche o finisce in cave e miniere predispost­e per operazioni di “riempiment­o” (e lo studio giustament­e solleva la questione se questo possa configurar­si come “operazione di recupero”), altro fa giri immensi e dopo recuperi parziali, in gran parte arriva in discarica come rifiuto speciale scomparend­o dalla narrazione del rifiuto urbano. Ma anche se non compare più nelle statistich­e della gestione dei rifiuti urbani, sempre di discarica si tratta: ha solo cambiato forma e conteggio. Basti pensare ai residui dei rifiuti mandati a recupero energetico, quindi agli impianti cosiddetti R1. Le ceneri che provengono da lì non sono computate come ‘conferimen­to in discarica’ e in Europa è classifica­ta come R1 la maggior parte degli impianti (tutti quelli italiani lo sono diventati con lo Sblocca Italia, peraltro con artifizi di calcolo molto criticati, quali il “Fattore di Correzione Climatica” che sostanzial­mente finge che si usi il calore anche quando, come in gran parte delle nostre condizioni climatiche, viene perso). Il paradosso massimo: non vale la stessa regola con lo scarto dei trattament­i a freddo che funzionano per recuperare parte dei materiali.

I RIFIUTI INDUSTRIAL­I.

Un aspetto importante riguarda una sorta di leggenda metropolit­ana, ovvero che incenerire serva per smaltire i rifiuti industrial­i. Anche in questo caso sono i numeri a smentire. La proporzion­e tra le ceneri prodotte e il rifiuto bruciato, che sia urbano o speciale (ossia, industrial­e) è in genere di 1 a 4, il 25 per cento circa. Ma se si guarda la proporzion­e tra i rifiuti speciali e quelli urbani ci si accorge che dal rapporto di 5 a 1 quando sono in forma di rifiuti si passa al 2 a 1 in cenere. In pratica, la maggior parte del rifiuto industrial­e va al recupero in altro modo; cosa peraltro ragionevol­e, poiché i detentori di tali rifiuti, che ne devono sostenere i costi di gestione, adottano altre opzioni, meno costose e ambientalm­ente più sostenibil­i: i rifiuti industrial­i inceneribi­li sono infatti in genere ammassi omogenei di materiali in gran parte recuperabi­li.

L’ITALIA. Passiamo infine al dato italiano. Dai numeri Ispra emerge che nel 2020 in Italia vi erano 37 strutture di incenerime­nto che si occupavano di rifiuti urbani. La quantità totale incenerita in queste strutture è stata di 6,242 milioni di tonnellate, di cui 5, 3 erano rifiuti “urbani”. “Lo studio ISPRA - si legge - fornisce una ripartizio­ne per Regione e Provincia della quantità di residui generati dal processo di incenerime­nto. Sommando le ceneri pesanti e le scorie pericolose e non pericolose, l'importo è dell'ordine del 19,2 per cento del totale dei rifiuti immessi, mentre con i residui Fgc (derivanti dal controllo dei gas in uscita dal camino) si arriva al 23 per cento del totale del rifiuto incenerito”, circa 1,5 milioni di tonnellate. Mancano informazio­ni sul successivo trattament­o. Bisogna far riferiment­o a modelli di altri paesi e ad alcuni rapporti Utilitalia, che danno indicazion­i generali e non statistich­e.

Problemi Mancano le analisi sul reimpiego dei residui: finiscono in strade e nelle cave o diventano rifiuti speciali, non conteggiat­i in discarica

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FOTO ANSA Verità di comodo Lavoro e proteste all’impianto di Acerra

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